I batteri marini possono degradare i combustibili fossili
Nei fondali artici canadesi una ricerca dell’American Society for Microbiology ha individuato alcuni batteri che hanno una caratteristica particolare. Sono in grado di biodegradare gli alcani di gasolio, petrolio e altri combustibili fossili. Si tratta di una scoperta di grande rilevanza ambientale, visti i non rari incidenti che sversano in mare grandi quantità di combustibili fossili.
L’impatto degli sversamenti in mare
L’estrazione di combustibili fossili e il conseguente trasporto navale portano con sé dei rischi significativi per l’ambiente. Incidenti e possibili sversamenti in mare sono tanto più frequenti quanto maggiore è l’intensità dello sfruttamento delle fonti fossili. Le fuoriuscite di petrolio o altri combustibili possono avere impatti più o meno gravi, a seconda della composizione e del peso.
Gli oli combustibili, come benzina e diesel, sono detti oli “leggeri”, per cui evaporano velocemente e non rimangono a lungo in mare, pur essendo infiammabili e tossici sia per le specie animali che per l’uomo. Gli oli “pesanti”, come il petrolio, possono invece rimanere nell’ambiente marino per diverso tempo, ma sono generalmente meno tossici. Tuttavia possono contaminare le specie marine e alterare l’equilibrio dell’ecosistema acquatico. Non esiste un modo sicuro per estrarre e trasportare i combustibili fossili, e l’unica strada per ridurre il rischio di incidenti è ridurre la dipendenza da questi prodotti.
I batteri per il biorisanamento del mare
La ricerca dell’American Society for Microbiology ha riguardato alcuni fondali artici canadesi, più precisamente le acque prossime a Terranova e Labrador. La struttura genetica di alcune specie di batteri è in grado di eliminare combustibili come petrolio o diesel, ripristinando l’equilibrio del mare. Se nutriti adeguatamente, con azoto e fosforo, i microorganismi possono anche aumentare le proprie capacità, nonostante le basse temperature dell’Oceano Artico. La biostimolazione con queste sostanze infatti ha aumentato l’efficacia della degradazione di alcani e PAH (idrocarburi policiclici aromatici). All’aumentare della concentrazione però l’effetto di questi additivi diventa tossico e dunque non più efficace.
Una difesa naturale
I batteri che vivono sui fondali sono capaci di reagire all’attacco del loro habitat da parte dei combustibili fossili. I ricercatori hanno analizzato alcune specie batteriche attraverso il sequenziamento genomico. I fanghi dei fondali sono stati inseriti in recipienti contenenti acqua marina, petrolio e gasolio a una temperatura di 4 °C, simile a quella naturale. Dopo diverse settimane le simulazioni hanno evidenziato che batteri diversi hanno capacità di degradazione diverse. Alcuni generi, come Oleispira e Thalassolituus, sono capaci di degradare gli alcani del diesel, altri come Zhongshania sono adatti per trattare gli alcani del petrolio greggio, altri ancora sono più indicati per gli idrocarburi aromatici.
I batteri come aiuto per l’ambiente
La comprensione dei meccanismi con cui i batteri attaccano i contaminanti potrebbe essere la chiave di svolta per ridurre l’impatto pericoloso del petrolio o di altre fonti fossili. Questa scoperta rappresenta un’ eventuale utile strategia qualora si renda necessario il contenimento in caso di un ingente rilascio in mare. Essendo la regione molto ricca di traffici commerciali e molto vasta, i rischi sono in aumento e il risanamento potrebbe essere lento e difficile. Questi batteri potrebbero rappresentare quindi un valido aiuto per evitare il peggio.
Le prospettive future
Le sperimentazioni sono state condotte considerando la rigida temperatura delle acque artiche. Non è detto che in futuro la situazione rimanga la stessa, a causa della crisi climatica e quindi dell’aumento sempre più evidente della temperatura del mare. Occorre quindi capire come i microorganismi reagiranno al variare delle condizioni marine. Al tempo stesso però, il trasporto di diesel e petrolio nel mare del Labrador diventerà sempre più significativo. Va considerato anche che una parte di petrolio si sposta verso la profondità del mare, dove la varietà microbica è diversa rispetto a quella superficiale. La scoperta è stata quindi un input per approfondire la conoscenza e per evitare di rilasciare in ambiente sostanze che possono metterlo in pericolo.