L’ONU ha approvato il trattato per l’alto mare dopo quasi 20 anni di trattative. L’obiettivo è proteggere il 30% degli oceani entro il 2030. Si tratta di un accordo molto importante perché fino ad ora l’alto mare è stata “terra di nessuno”. Ora finalmente questo tesoro così prezioso per il pianeta e gli ecosistemi può essere tutelato. Sabato 4 marzo i Paesi membri dell’ONU hanno siglato l’ accordo internazionale per la tutela dell’alto mare.
Ora l’alto mare è protetto da un Trattato dell’ONU che lo riconosce come risorsa preziosa per il pianeta. Questo significa che le acque internazionali d’ora in avanti saranno un’area che le nazioni che appartengono all’ONU si impegneranno a proteggere. Per definizione l’alto mare è quella zona di oceano oltre le acque territoriali nazionali che non appartiene a nessuno stato, oltre i 200 miglia dalla costa. L’alto mare non soltanto ospita dei vasti e preziosi ecosistemi, ma rappresenta il 60% degli oceani del pianeta e quasi il 50% della superficie terrestre.
Gli oceani occupano il 71% della superficie del nostro pianeta, ed è questo il motivo per cui spesso è chiamato pianeta blu o pianeta oceano. Questo significa anche che gli oceani sono un prezioso tesoro di biodiversità. Secondo gli esperti, il 90% delle specie esistenti ha bisogno in qualche modo degli oceani per sopravvivere. Inoltre, gli oceani sono fondamentali per l’equilibrio climatico e per l’assorbimento della CO2. Le attività marine producono ogni giorno più della metà dell‘ossigeno prodotto sul pianeta. Raggiungere un accordo internazionale per gli oceani quindi non è stata un’impresa facile. Ora che è stato raggiunto l’accordo, saranno necessari ancora mesi prima della sua entrata in vigore.
Il trattato che protegge l’alto mare segna un momento storico, principalmente per due motivi. Il primo è l’importanza del tema, dato che lo scopo è ridurre la perdita di biodiversità e garantire uno sviluppo sostenibile. Il secondo motivo è che le trattative per ottenere l’accordo sono durate per circa 20 anni. Il Trattato ha preso il nome di UN Treaty on High Seas e si pone l’obiettivo di estendere anche all’alto mare la protezione del 30% degli oceani entro il 2030. Secondo gli esperti, questo è il livello minimo necessario per tutelare una risorsa così preziosa come quella degli oceani per il nostro pianeta.
Sabato 4 marzo si sono conclusi i negoziati che hanno portato, dopo 20 anni, all’approvazione unanime del Trattato per l’alto mare. I negoziati sono andati avanti per circa 38 ore a New York, e si sono conclusi con una forte commozione da parte dell’ambasciatrice delle Nazioni Unite per gli oceani, Rena Lee. Tra gli applausi e l’entusiasmo generale, l’ambasciatrice ha commentato “La nave ha raggiunto la riva”, un’espressione che ben fa comprendere l’importanza di aver raggiunto un accordo del genere. Finalmente l’alto mare è stato riconosciuto per quello che è, una risorsa preziosa da gestire in modo responsabile e sostenibile.
Secondo le stime degli esperti, una percentuale tra il 10% e il 15% delle specie marine è attualmente a rischio estinzione. Con l’accordo dell’ONU saranno vietate tutte le attività che danneggiano il prezioso ecosistema marino, come la pesca e l’esplorazione mineraria. L’alto mare avrà da ora in avanti delle aree protette, sottoposte a continui monitoraggi per garantire la conservazione della flora e della fauna marina. Nelle aree protette saranno imposti dei limiti per la pesca, l’estrazione mineraria e le rotte marittime. Il punto fondamentale è stato definito 30 by 30. Si prevede infatti la protezione del 30% degli oceani entro il 2030, estendendo la tutela al mare aperto. Il trattato tocca punti delicati come la condivisione delle risorse genetiche marine. Organismi come spugne, coralli, krill, batteri e alghe possiedono infatti un bagaglio genetico dal quale è possibile ricavare nuove conoscenze per applicazioni mediche e cosmetiche.
L’ONU ha sempre dichiarato l’importanza degli oceani per salvaguardare il pianeta e ha sempre sostenuto l’istituzione di un quadro legale per la protezione del mare. La percentuale del 30% degli oceani è stata stabilità già in occasione della COP15, che si è svolta a Montreal nel dicembre 2022. Questo trattato, una volta entrato in vigore, aiuterà i paesi a rispettare gli impegni presi. I dettagli della protezione saranno oggetto di ulteriori chiarimenti. Durante i negoziati infatti alcuni paesi hanno sostenuto la tutela limitata all’uso sostenibile delle risorse marine. Secondo altri paesi invece la protezione dovrebbe essere totale. Quello che sicuramente cambierà è che ci saranno delle zone tutelate interconnesse, in cui sarà garantita la conservazione delle specie marine. Ora il testo è nella fase di revisione tecnica, a cui seguirà l’effettiva entrata in vigore.
Essendo parte delle acque internazionali, l’alto mare è fuori dalle giurisdizioni nazionali. Mai fino ad ora i governi si erano presi la responsabilità della gestione sostenibile di una risorsa così preziosa per la vastità degli ecosistemi che ospita. Prima del trattato per l’alto mare, la protezione legale era garantita solo per le regioni che ricadono nelle acque territoriali, cioè fino a 12 miglia dalla costa, o nelle zone economiche esclusive, cioè fino a 200 miglia dalla costa. Fino ad ora solo poco più dell’1% delle acque d’alto mare risultava protetto e solo il 7,7% delle acque globali. Ora il Trattato dell’ONU permetterà un percorso per l’istituzione delle aree marine protette anche in alto mare. Permetterà di estendere la percentuale di protezione e di stabilire nuovi requisiti per la gestione delle attività antropiche che hanno un impatto sulla vita marina. Questo permetterà anche di rafforzare la gestione territoriale di attività come la pesca e il trasporto marittimo.
Una delle reazioni più belle che dimostra l’entusiasmo ottenuto per il raggiungimento dell’accordo è il comunicato rilasciato da Greenpeace. Si tratta di un vero e proprio momento storico, sia sul piano politico che ambientale, come si capisce da queste parole:
Questo è un momento storico per la protezione della natura e degli oceani. Ed è anche un segnale che in un mondo sempre più diviso, la protezione della natura e delle persone può trionfare sui calcoli della geopolitica. Ci congratuliamo con tutti i Paesi per aver raggiunto un compromesso mettendo da parte le diverse posizioni e producendo un trattato che ci permetterà di proteggere il mare, aumentare la nostra resistenza ai cambiamenti climatici e proteggere la vita e il benessere di miliardi di persone.
Laura Meller, attivista per gli oceani di Greenpeace
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