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Oceani, come sono legati al clima e al riscaldamento globale?

Oceani e clima: ecco come le acque del pianeta influenzano gli eventi climatici e cosa cambia con il riscaldamento globale

Categorie Ambiente
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Gli oceani sono sempre più caldi. Nel 2020 la temperatura media delle acque ha segnato un vero e proprio record. Buona parte del calore prodotto a causa dell’effetto serra viene infatti assorbito dalle acque che ricoprono il pianeta. Gli oceani infatti possono catturare e trattenere circa il 40% dell’anidride carbonica emessa ogni anno dalle attività umane in tutto il mondo. L’aumento della temperatura oceanica è uno dei tanti segnali di allarme climatico. Vediamo qual è il ruolo che gli oceani svolgono nel complesso sistema climatico della Terra.

Il riscaldamento degli oceani

L’aumento di temperatura degli oceani è un esempio di meccanismo di retroazione (o feedback) positiva, ovvero che amplifica l’effetto di un cambiamento prodotto da un forzante climatico. Gli oceani sono una riserva di CO2 perché questo gas è in grado di dissolversi nell’acqua, proprio come accade nelle bevande gassate. Questo meccanismo di assorbimento della CO2 è tanto più forte quanto più è bassa la temperatura dell’acqua. Ciò significa che l’acqua più calda assorbe meno la CO2 ed è questo il problema prodotto dal riscaldamento globale. Se con la temperatura più alta gli oceani assorbono meno CO2, significa che avremo una maggiore quantità di questo gas all’interno dell’atmosfera. L’effetto serra quindi risulta amplificato, traducendosi in un ulteriore aumento della temperatura.

L’effetto degli oceani sul clima

Il secondo grande protagonista dell’effetto serra, dopo la CO2, è il vapor d’acqua, che gli oceani producono continuamente per evaporazione. La presenza di questo gas serra tende ad aumentare la temperatura terrestre, stimolando una maggiore evaporazione dell’acqua. Anche in questo caso abbiamo quindi un meccanismo di feedback positivo. In pratica è un “circolo vizioso” in cui evaporazione e riscaldamento si influenzano a vicenda. Ma è anche vero che se aumenta la concentrazione di vapor d’acqua, si formano più nubi. E grazie alle nubi una parte della radiazione solare è riflessa, determinando un effetto raffreddante. Ci sono quindi due effetti contrastanti. A seconda delle condizioni specifiche il bilancio complessivo può determinare quale dei due effetti, riscaldante o raffreddante, risulta quello prevalente.

Cosa ci dicono gli oceani sul clima?

Gli oceani custodiscono al loro interno delle importanti informazioni sulla variazioni del clima. I sedimenti sui fondali degli oceani, proprio come quelli accumulati sotto i ghiacci delle calotte polari, sono estratti con perforazioni e consentono agli esperti di fare delle ricostruzioni climatiche. Ad esempio, in alcune acque oceaniche è possibile trovare dei ciottoli inglobati in iceberg, indicando quindi la presenza, nel passato, di ghiacciai in quella zona. Altre volte i sedimenti possono essere pollini riconducibili a una tipologia di vegetazione e quindi a un determinato tipo di condizione climatica. Inoltre, grazie al contenuto di isotopi dell’ossigeno nei sedimenti oceanici, è possibile capire se ci sono state glaciazioni. Un’ultima informazione climatica che gli oceani possono fornire riguarda la circolazione atmosferica, a causa dell’eventuale presenza di ceneri vulcaniche o sabbie desertiche.

L’aumento della temperatura oceanica

Se la temperatura oceanica aumenta a causa del riscaldamento globale, i fenomeni meterologici estremi diventano più intensi e tendono ad avvenire con maggiore frequenza. La situazione è più critica nelle zone costiere, dove aumenta il rischio di cicloni, uragani e inondazioni causate dall’espansione termica e dallo scioglimento dei ghiacci. Gli oceani più caldi fanno aumentare l’evaporazione, quindi alcune zone del pianeta tendono a diventare più umide mentre altre più secche. La concentrazione di vapor d’acqua globale tende perciò a ridistribuirsi con il riscaldamento globale, alternando i normali regimi delle precipitazioni.

Le correnti oceaniche

Le correnti oceaniche determinano l’equilibrio climatico dell’intero pianeta, perché si comportano come un vero e proprio nastro trasportatore. Esse non sono altro che masse di acqua che si muovono, sia a livelli più superficiali sia in profondità. Queste interagiscono tra loro e tendono a mescolarsi, favorendo l’incontro di acque con proprietà diverse tra loro. In questo modo le correnti oceaniche possono riequilibrare eventuali sbilanciamento energetici, regolando il clima di regioni continentali vicine. Uno degli esempi è quello della Corrente del Golfo, che influenza il clima europeo, mitigandolo rispetto a quello delle stesse latitudini, per esempio degli Stati Uniti.

L’innalzamento del livello del mare

Se le temperature aumentano e i ghiacci si sciolgono, aumenta di conseguenza il livello dei mari e degli oceani di tutto il pianeta. Il livello medio dei mari cambia per una combinazione di diversi fattori, che possono essere

  • eustatici, che dipendono dal bilancio idrologico determinato da scioglimento dei ghiacciai, precipitazioni ed evaporazione;
  • sterici, che dipendono dalla densità dell’acqua;
  • tettonici, che dipendono dal sollevamento o abbassamento delle masse continentali sia per cause geologiche che per effetto della scomparsa di ghiacci che scaricavano il proprio peso.

Ecco perché la variazione dei livelli oceanici non è uniforme nel tempo e nello spazio, anche se globalmente si registra comunque un aumento.

Salinità e acidificazione

Le temperature più calde hanno effetti sugli ecosistemi marini. Bastano infatti piccole variazioni di temperatura o dei livelli di salinità e ossigeno per mettere in pericolo l’habitat oceanico. Un esempio tra tutti è quello del mar Baltico, che ospita oltre mille specie marine nello stretto del Kattegat con livelli molto alti di ossigeno e sali. Diversi studi climatici dimostrano che l’aumento delle precipitazioni potrebbe abbassare la salinità dell’acqua, con ripercussioni drammatiche per la vita degli organismi. Inoltre, la maggiore temperatura tende a far impoverire l’acqua di ossigeno. L’altro aspetto è l’acidificazione, causata dai maggiori livelli di CO2 disciolti che producono acido carbonico. La riduzione del pH altera la vita degli ecosistemi marini, soprattutto per organismi come coralli, ostriche, cozze e in generale organismi con guscio a base di carbonato di calcio. L’acqua più acida infatti ostacola il processo di costruzione dell’esoscheletro e delle conchiglie.

Effetti sugli ecosistemi marini

Se la temperatura degli oceani aumenta, il metabolismo degli organismi viene accelerato e quindi essi hanno bisogno di maggiore ossigeno. Di conseguenza, l’acqua si impoverisce di ossigeno. A questo si unisce l’aumento di nutrienti nelle acque, rilasciati dalla pioggia ricca di fertilizzanti agricoli. In alcune zone, dove i cambiamenti climatici producono un aumento delle precipitazioni, l’eccesso di nutrienti può risultare drammatico per la sopravvivenza degli ecosistemi marini. L’aumento dei nutrienti, che sono essenzialmente nitrati e fosfati, è noto come eutrofizzazione ed è il risultato dell’aumento della attività umane che riversano in acqua scarichi industriali o acque reflue. L’accumulo di nutrienti produce una crescita di specie vegetali e soprattutto di alghe. La respirazione delle piante impoverisce l’acqua di ossigeno, essenziale per la sopravvivenza di tutti gli organismi aerobici.

L’effetto del riscaldamento globale

Le caratteristiche degli oceani si stanno modificando con il riscaldamento globale. I cambiamenti non hanno un impatto immediato, ma innescano dei meccanismi che sono destinati a proseguire anche per millenni. Anche se smettessimo oggi di produrre anidride carbonica, gli oceani non ne risentirebbero. Le acque infatti hanno una risposta alle variazioni climatiche molto più lenta rispetto all’atmosfera. Soprattutto la temperatura degli strati di acqua più profondi risentirebbero molto lentamente di un calo della concentrazione delle emissioni. Ecco perché gli effetti del cambiamento climatico sugli oceani possono essere considerati praticamente irreversibili.

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