Un team di ricercatori svizzeri dell’Empa (Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology) ha sviluppato una batteria di carta attivata dall’acqua. Per farla funzionare, ne bastano solo due gocce. In futuro l’invenzione potrà essere usata in sostituzione degli attuali smart tracker, dei sensori ambientali e delle apparecchiature diagnostiche. Nonostante i numerosi vantaggi, si tratta di una tecnologia ancora da migliorare. Vediamo come funziona.
La batteria ad acqua progettata dall’Empa si distingue dalle altre soprattutto perché è economica e biodegradabile. Ma come funziona? La risposta è molto semplice: si attiva semplicemente bagnandola con due gocce di acqua. La batteria contiene al suo interno una piccola cella, con tre inchiostri diversi stampati su un pezzo di carta rettangolare. La carta è cosparsa con del sale da cucina (cloruro di sodio) e immersa poi in una cera.
Si inserisce da un lato uno strato di inchiostro con pezzi di grafite, che serve come elettrodo positivo, mentre dall’altro lato inchiostro con polvere di zinco, che serve come elettrodo negativo. Il terzo inchiostro, miscelato con grafite e nerofumo, è presente su entrambi i lati della striscia di carta. Quest’ultimo inchiostro connette il polo positivo e quello negativo al bordo del foglio, da dove partono due fili elettrici.
Per creare la batteria i ricercatori hanno usato un pezzo di carta immerso in acqua salata e poi lasciato ad asciugare. La batteria si attiva utilizzando delle gocce di acqua, per cui il cloruro di sodio si scioglie rilasciando ioni positivi e negativi. Questi consentono il passaggio degli elettroni dall’anodo al catodo, determinando una corrente elettrica che fa funzionare la batteria ad acqua. Infatti quando gli ioni si disperdono, lo zinco presente sull’anodo si ossida e rilascia elettroni, che vengono poi trasferiti al catodo di grafite. La conseguente reazione con l’ossigeno dell’aria genera una corrente elettrica.
Durante le ricerche, gli esperti hanno combinato due celle per attivare una sveglia con display a cristalli liquidi. La tensione ottenuta è stata pari a 1,2 V. Trascorsa un’ora, le prestazioni si sono ridotte a causa dell’asciugatura della carta. Aggiungendo quindi ulteriore acqua, la cella ha mantenuto una tensione stabile di 0,5 V per un’altra ora. In Europa la maggior parte delle batterie non viene riciclata.
Per questo uno dei vantaggi della batteria ad acqua messa a punto dall’Empa è la sostenibilità ambientale. Infatti, essendo biodegradabile grazie alla presenza della carta, la batteria ad acqua si presta a diverse applicazioni monouso. Ad esempio, potrebbe essere usata in futuro per l’alimentazione dei dispositivi medici e diagnostici. Un’altra applicazione potrebbe essere per gli strumenti di rilevamento ambientale.
Questa tecnologia, come anche quella della batteria che usa l’acqua di mare, non è però ancora pronta per essere competitiva sul mercato. Sono in corso ulteriori ricerche che consentano uno sviluppo futuro. Allo stato attuale, la densità energetica della batteria ad acqua è ancora troppo bassa. Parliamo infatti di poche centinaia di microwatt per centimetro quadrato.
Ma il problema principale è che quando l’acqua si asciuga, la batteria interrompe il proprio funzionamento. Il primo difetto potrebbe essere superato aumentando le dimensioni della batteria, o unendo più batterie. Ma come funziona la batteria quando la carta si asciuga? Secondo i ricercatori, nei prossimi anni la progettazione sarà migliorata per risolvere il problema.
Una buona soluzione potrebbe essere quella di utilizzarla in ambienti poco umidi. A seconda dell’applicazione specifica, la batteria ad acqua si presta poi all’aggiunta della giusta quantità di zinco all’inchiostro. Per questo, si caratterizza per la sua estrema versatilità. Si tratta di batterie economiche, sicure e prive di sostanze tossiche. La batteria ad acqua si presenta quindi come una tecnologia promettente per la riduzione dei rifiuti elettronici di bassa potenza.
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