Il riscaldamento globale rappresenta uno dei principali fattori responsabili dello scioglimento dei ghiacciai. I danni che ne derivano sono molteplici, quali ad esempio:
Tuttavia, il riscaldamento globale non è il solo artefice di suddetti fenomeni. Recenti studi dimostrano che anche infiltrazioni di acqua marina comportano una riduzione del volume della calotta glaciale marina del 10-50%.
Lo scioglimento dei ghiacciai a contatto con l’oceano comporta l’aumento del livello del mare. Tuttavia, non è ancora del tutto chiaro in che modo l’acqua marina, calda e salata, può condurre la fusione sotto le lastre di ghiaccio poste a terra.
Alexander Robel, che guida l’Ice & Climate Group alla Georgia Tech, e il suo team di ricercatori hanno sviluppato una teoria secondo cui lo scioglimento dei ghiacciai può avvenire più velocemente se l’acqua di mare si infiltra sotto le lastre di ghiaccio che si trovano a terra.
I letti duri, cioè impermeabili, e i letti morbidi, cioè permeabili rappresentano i casi studio assunti come riferimento per calcolare le distanze di intrusione dell’acqua.
Quando l’acqua entra in contatto con le lastre di ghiaccio, attraverso quello che è noto come strato limite ghiaccio-acqua, scambia calore e sale, e ciò può portare alla dissoluzione o alla fusione del ghiaccio.
Per validare la teoria secondo cui l’intrusione di acqua marina ha effetti sulla perdita di massa dello strato di ghiaccio, sono state effettuate analisi sul ghiacciaio Thwaites (TG), un ghiacciaio nell’Antartide occidentale, oggetto di attenzione a causa del suo recente contributo all’aumento globale del livello del mare.
Utilizzando previsioni basate su modelli matematici e computazionali, Alexander Robel ha dimostrato che la distanza di intrusione dipende sensibilmente dalle caratteristiche del sistema idrologico subglaciale. L’intrusione di acqua marina può verificarsi fino a decine di chilometri a monte di un ghiacciaio su letti impermeabili piatti o in pendenza.
Le simulazioni utilizzano l’Ice-sheet and Sea-level System Model (ISSM), open source finanziato dai programmi NASA Cryosphere, IceBridge Research e MAP (Modeling Analysis and Prediction), JPL R&TD (Research, Technology and Development) e National Science Foundation. Il suo scopo è quello di affrontare la sfida della modellazione dell’evoluzione delle calotte polari in Groenlandia e Antartide.
I risultati dello studio condotto da Alexander Robel mostrano che anche solo poche centinaia di metri di fusione basale possono causare perdita di volume della calotta glaciale marina più alte del 10-50%.
Lo studio dimostra che l’intrusione di acqua sotto il ghiaccio incagliato è teoricamente possibile e ha implicazioni sostanziali sul futuro aumento del livello del mare.
“Questa teoria contribuisce ad avere una stima su quanto velocemente si sciolgono le lastre di ghiaccio“, sostiene Robel, sottolineando gli effetti del cambiamento climatico, “e quali sono i processi fisici rilevanti in questi rapidi cambiamenti“.
È altresì necessario effettuare ulteriori indagini per determinare in quali condizioni si verifica l’intrusione di acqua marina. Ci sono ancora molti dubbi e quesiti a cui rispondere, come:
Il team di ricerca sta lavorando per assicurarsi un finanziamento per il prossimo anno per andare in Antartide ed effettuare analisi sul campo.
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