Bioingegnere, programmatore agricolo, chimico tessile, risk manager ambientale. Queste sono solo alcune delle nuove professioni che avranno un ruolo da protagonista nel periodo successivo alla pandemia. Nel giro di soli due anni, la richiesta verrà come minimo triplicata, arrivando a 480mila esperti green.
I lavori saranno sempre più legati alla green economy: l’occupazione nel settore green coprirà il 20% della domanda totale entro tre anni. Questa è la stima esposta da Luciano Canova e Fabrizio Iaconetti nel loro nuovo libro Tutto Ruota. In pratica per ogni 5 nuovi posti di lavoro creati in Italia uno sarà nelle aziende ecosostenibili.
Il boom previsto permetterebbe non solo di accelerare la tabella di marcia del Green Deal, ma anche di ridurre in parte la disoccupazione giovanile. Tutto questo è possibile grazie agli investimenti del Recovery Fund, ma anche all’interesse crescente dei settori privati.
Quali saranno i 10 green jobs più richiesti in Italia?
A giugno del 2019, il Consiglio Europeo ha chiesto alla Commissione di realizzare un piano d’azione che fosse in linea con gli accordi di Parigi. L’11 dicembre dello stesso anno è stato presentato il Green Deal.
Il Green Deal è il piano d’azione previsto per rendere l’UE sostenibile e fondata su un’economia moderna. L’obiettivo principale rimane la neutralità climatica dell’Europa entro il 2050 tramite la decarbonizzazione.
La decarbonizzazione però non riguarda solo la produzione dell’energia, ma anche molti altri settori tra cui edilizia, trasporti e cibo. Un obiettivo di tali dimensioni richiede una trasformazione non solo dell’economia ma anche della società. Per questa ragione l’economia europea dovrà intervenire su più fronti, ad esempio:
Il 16 settembre 2020 la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che il 37% del Recovery Found sarà destinato al Green Deal.
Oggi produciamo molto più di quanto necessitiamo: quest’anno l’Overshoot day è avvenuto il 2 Agosto, 6 giorni in anticipo rispetto al 2016.
Per affrontare questo problema, occorre un modello di produzione e consumo che implichi condivisione, riutilizzo, riciclo e riparazione di prodotti. in questo modo, si aumenta il ciclo di vita dei prodotti e si riducono i rifiuti al minimo. Su questo principio si basa l’economia circolare, in netta opposizione al modello economico tradizionale.
Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato un ambizioso pacchetto per contribuire ad accelerare la transizione dell’Europa verso un’economia circolare. Il piano d’azione definisce 54 misure per “chiudere il cerchio” del ciclo di vita dei prodotti: dalla produzione e dal consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie.
Le norme puntano ad avere un effetto concreto sulla vita dei cittadini europei, prevendno anche danni causati dall’inquinamento dell’aria.
Articolo a cura di Luigi SAMBUCETI
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