L’efficienza energetica è un mercato che diventa ogni anno più interessante.
In Europa, Stati Uniti, America Latina, oltre che in Asia ed Australia, si sta investendo in questo settore come mai fatto prima. Parliamo di miliardi di dollari ogni anno (pubblici, ma anzitutto privati). L’efficienza energetica potrebbe (o può) essere una fetta di mercato dell’energia importante, fondamentale.
L’Italia, secondo il report biennale ACEEE, è prima al mondo in efficienza energetica. Analizzando i quattro diversi fattori di valutazione oggetto del documento (ossia impegno nazionale, edifici, industria, e trasporti) l’Italia eccede particolarmente riguardo il secondo e terzo punto. Efficienza negli edifici è collegata principalmente al Conto Termico; quella industriale, invece, è diretta conseguenza del famoso Decreto 102 (in scadenza, tra l’altro, quest’anno).
Nel mondo, gli esempi sono tantissimi. Ve ne citiamo due che bene rappresentano gli sforzi che si stanno facendo. Il primo esempio è ENGIE, società leader in progetti di efficienza energetica a livello globale, ma soprattutto italiano. Tante sono le città che hanno lavorato e stanno lavorando al fianco della multinazionale francese. Un secondo esempio, leader in innovazione tecnologica, è la Schneider Electric, azienda tedesca che lavora molto, e molto bene, in paesi in via di sviluppo.
Se si guarda più a fondo, però, si scopre che il mercato italiano di efficienza energetica potrebbe fare molto di più; così come quello mondiale. In particolare, uno degli ostacoli più grandi in assoluto la reputo l’ignoranza, nel senso più buono del termine. Le aziende – prima di tutto – ma anche i privati cittadini, quando gli si propongono soluzioni di efficienza energetica, la prima (e unica) domanda è: ma qual è il tempo di rientro economico? E la risposta non è sempre quello che vogliono sentirsi dire. Molte volte il mero rientro economico è un fattore di valutazione importante (a breve termine) ma ininfluente (a lungo termine).
Come ci insegna Dario Di Santo, direttore del FIRE, “bisogna imparare ad associare ai benefici energetici di questi interventi quelli non energetici (e.g. aumento produttività, qualità produzione, riduzione rischi e costi, miglioramento sicurezza e comfort, aumento di valore degli asset, etc.)”.
Un utile strumento in fase di sviluppo è il progetto europeo di cui lo stesso FIRE fa parte, denominato M-Benefits, o Multiple Benefits of Energy Efficiency. Fine del progetto è cercare di creare un output del modello che non solo chiarisca di quanto si riducono i consumi e i costi energetici, non solo di quanto si aiuti l’ambiente (meno emissioni), ma anche e soprattutto quali altri benefici ne conseguono, quantificandoli.
Per concludere questo breve punto sull’efficienza energetica, vorrei regalarvi due dati ricavati dalla ricerca dell’IEA (International Energy Agency) sulle ESCo (Energy Service Companies) nel mondo. Focalizzandosi sull’Italia, parliamo di circa 200 milioni di dollari. Il 75% del mercato interessa il settore industriale, ed il restante 25% è diviso più o meno equamente tra residenziale e terziario. L’80% della clientela è privata e solo il 20% è pubblica, rimarcando quanto le pubbliche amministrazioni siano lontane anni luce dal saper sfruttare servizi di efficienza energetica, nonostante gli incentivi a disposizione.
Gli obiettivi riguardo l’efficienza energetica europei ed italiani al 2030 sono ambiziosi. Ma dobbiamo farcela, nonostante tutto e tutti.
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