Petrolio: formazione e migrazione dell’oro nero
Il petrolio è una sostanza di fondamentale importanza nel settore dei trasporti (produzione di carburanti), quanto nell’industria petrolchimica (produzione di materie plastiche). L’enorme successo del petrolio all’interno dell’economia mondiale è indiscusso, e deriva fortemente dalla sua elevatissima densità energetica. Vediamo insieme la sua composizione, i fenomeni che portano alla formazione, alla migrazione e infine all’accumulo nei giacimenti petroliferi.
Petrolio: composizione
Il petrolio è una miscela estremamente complessa di idrocarburi, dai più leggeri ai più pesanti. Questa grande varietà di composizione riflette in qualche modo la sua origine, le trasformazioni che ha subito durante le ere geologiche. Il processo di formazione del petrolio, infatti, richiede tempi lunghissimi, dell’ordine dei milioni di anni. Oltre agli idrocarburi, al suo interno possiamo trovare altri elementi, quali:
- zolfo (S)
- azoto (N)
- ossigeno (O)
L’origine organica del petrolio
Il processo di formazione del petrolio prende il nome di degradazione termica del cherogene. Il cherogene è la roccia madre all’interno della quale, in determinate condizioni di temperatura e pressione, si genera il petrolio. Affinché si abbia la formazione del cherogene, è necessaria la presenza di un accumulo di materiale organico in condizioni anaerobiche (in assenza di ossigeno). Il cherogene è dunque formato dall’accumulo di macromolecole di sostanze biologiche, quali strutture celullari, lipidiche, di alghe, etc.
Il processo di formazione del petrolio
Questi accumuli organici si verificano spesso in ambienti acquosi (laghi, stagni, etc.) e comportano dunque il contemporaneo deposito di materiali inorganico (quali detriti e sedimenti trasportati dai fiumi). Una volta formatosi il cherogene (fase di diagenesi), se questo è sottoposto a determinate condizioni di temperatura e pressione, inizia la trasformazione del cherogene in frazione idrocarburica, con formazione di olio e gas (catagenesi e metagenesi).
Le condizioni di formazione
Olio e gas sono generati dalla degradazione termica del cherogene. Le reazioni che avvengono nella rottura dei legami chimici richiedono un input energetico, dato dalle condizioni di temperatura e pressione. In particolare, le temperature ottimali per la maturazione della roccia madre in frazione idrocarburica vanno tra i 50 e i 150 °C.
La migrazione primaria
La roccia madre è una roccia porosa che ingloba al suo interno la miscela idrocarburica appena formata, come fosse una spugna. Trovandosi a svariati metri di profondità, la roccia madre sarà sottoposta a una forte pressione (idrostatica e litostatica). Il petrolio sarà dunque espulso e tenderà ad infiltrarsi nelle rocce circostanti (se sufficientemente interconnesse). La pressione, inoltre, deve essere sufficiente a spazzare via l’acqua naturalmente contenuta nei pori delle rocce.
La migrazione secondaria
Attraversando svariate rocce, il petrolio va infine ad accumularsi in quello che diventerà il nostro giacimento petrolifero. Anche quest’ultimo dovrà essere costituito da una roccia di buona porosità, al fine di accumulare la maggior quantità possibile di miscela. L’accumulo, in ogni caso, necessita la presenza di rocce impermeabili disposte sopra il reservoir, che vadano in qualche modo a confinare la nostra miscela creando un serbatoio. Se questa condizione non dovesse essere soddisfatta, o se per qualche motivo la roccia di confine dovesse subire una frattura, si avranno degli affioramenti naturali di olio o di gas.
L’accumulo
La roccia serbatoio che andrà a costituire il giacimento petrolifero deve essere caratterizzata da una buona porosità. Abbiamo detto che i pori delle rocce conterranno sicuramente acqua, che il petrolio dovrà, anche in questo caso, spazzare via. Il meccanismo di accumulo del petrolio nel giacimento si basa sostanzialmente sulla differenza di densità tra petrolio e acqua: il petrolio, meno denso, tenderà a disporsi sulla superficie. L’acqua, al contrario, verrà spinta verso il basso.
Il giacimento
Durante le fasi di migrazione, una grandissima quantità di petrolio rimane intrappolata nei pori delle rocce che ha attraversato. Questo fa sì che, di tutto il petrolio che si è formato nella roccia madre, quello che ritroveremo nel reservoir sarà circa il 10%. Inoltre, durante il processo di estrazione riusciremo a recuperare meno della metà di questa percentuale: nel complesso, dunque, otteniamo meno del 5% del petrolio inizialmente generato.