Le isole di plastica in mare rappresentano una minaccia crescente per l’ambiente marino e per la nostra stessa salute. Sono diventate un problema globale sempre più urgente e preoccupante. Queste enormi concentrazioni di rifiuti di plastica, che possono coprire grandi estensioni dell’oceano, sono il risultato diretto dell’inquinamento umano. Un nuovo studio ha dimostrato che la plastica in mare è un nuovo habitat per alcune specie costiere.
Le isole di plastica in mare sono il risultato dell’eccessivo consumo di prodotti in plastica, combinato con una gestione inadeguata dei rifiuti. Ogni anno, milioni di tonnellate di plastica finiscono nei nostri oceani. Qui si disgregano in piccoli frammenti noti come microplastiche che si accumulano nelle correnti oceaniche e formano vere e proprie isole di plastica. Inoltre, molti animali marini, come le tartarughe e le balene, ingeriscono queste microplastiche, causando danni irreparabili alla salute.
Le isole di plastica nel mare hanno effetti devastanti sull’ambiente marino e sulla vita dei suoi abitanti. L’accumulo di plastica negli oceani può interferire con la fotosintesi delle piante marine e ridurre l’ossigeno disponibile per i pesci e gli altri organismi. Inoltre, la plastica può attirare sostanze tossiche, come il mercurio, che possono contaminare la catena alimentare marina e rappresentare una minaccia per la salute umana.
Per affrontare il problema delle isole di plastica nel mare, è necessario adottare soluzioni a livello individuale e collettivo. A livello individuale, è importante ridurre il consumo di prodotti in plastica usa e getta, come le bottiglie d’acqua e i sacchetti di plastica. Inoltre, è importante riciclare correttamente i rifiuti e smaltirli in modo responsabile. A livello collettivo, le istituzioni devono adottare politiche e leggi per limitare la produzione di plastica e promuovere alternative sostenibili.
Un recente studio, pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, ha analizzato i rifiuti nell’Oceano Pacifico, costituiti principalmente da resti di reti da pesca e di plastica di ogni tipo. Le isole di plastica sono un pericolo per la fauna marina che rischia di rimanere intrappolata o di ingerire i detriti. Ma non solo. Questi rifiuti di plastica stanno diventando anche degli habitat per diverse specie marine, a causa della continua modellazione delle zattere di plastica dalle onde e dalle correnti.
I rifiuti di plastica in mare, che prendono forma in vere e proprie isole di rifiuti, sono diventate un habitat alternativo per alcune specie costiere. Queste aree, in cui l’inquinamento da plastica raggiunge livelli allarmanti, hanno dato origine a comunità “neopelagiche”. L’espressione “pelagico” si riferisce ad animali che vivono su oggetti naturali galleggianti o su animali marini. Al giorno d’oggi, invece, è la plastica a galleggiare in mare. Questa plastica ha creato nuovi spazi abitativi per alcuni animali che vi possono trovare riparo e riprodursi.
Secondo gli autori dello studio, molte specie di animali marini possono prosperare sui rifiuti galleggianti, in quanto la plastica ha una maggiore resistenza rispetto ai materiali naturali che si degradano più rapidamente. Il team di ricerca ha raccolto 105 pezzi di plastica galleggianti tra novembre 2018 e gennaio 2019 nella Great Garbage Patch, un’enorme isola di plastica situata nel Pacifico. I risultati dimostrano che 37 taxa di invertebrati costieri, in gran parte provenienti dal Pacifico occidentale, hanno superato di tre volte la ricchezza di taxa pelagici. Secondo i risultati dell’indagine, il 70,5% degli oggetti di plastica esaminati ospitava specie costiere. In particolare, gli scienziati hanno identificato 484 animali invertebrati marini, l’80% dei quali era normalmente associato ad habitat costieri.
La maggior parte dei taxa costieri possedeva uno sviluppo diretto o una riproduzione asessuata, il che potrebbe spiegare la loro persistenza a lungo termine sulle zattere di plastica. Ciò suggerisce che è stata la mancanza di sostegni fisici disponibili in passato a limitare la colonizzazione dell’oceano aperto da parte di specie costiere, piuttosto che limiti fisiologici o ecologici. In sostanza, le specie costiere sono in grado di sopravvivere in mare aperto. Ma la mancanza di substrato disponibile ha impedito loro di colonizzare le zone più aperte dell’oceano.
Questi risultati suggeriscono che le specie originarie della costa possono sopravvivere e riprodursi su detriti di plastica. Saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere come questi animali possano sopravvivere in queste condizioni e quali potrebbero essere le conseguenze ecologiche ed evolutive di questa variazione di habitat.
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