Il cambiamento climatico è ormai una realtà. Il 2022 si è guadagnato il titolo di anno più caldo di sempre in Italia e di secondo anno più caldo d’Europa, accompagnato dai suoi disastri climatici che hanno messo in ginocchio l’intero pianeta. Oltre agli effetti che tutti conosciamo, come l’aumento della frequenza degli eventi estremi, le ondate di caldo o di freddo, l’innalzamento del livello dei mari e degli oceani, il cambiamento climatico incide anche sulle coltivazioni agricole. Vediamo in che modo.
Il settore dell’agricoltura condiziona il riscaldamento globale attraverso le emissioni di gas serra, ma al tempo stesso ne subisce le conseguenze. Il problema del cambiamento climatico affligge l’agricoltura insieme a un altro aspetto delicato, che è la crescente domanda mondiale di risorse, e quindi di cibo. Sappiamo che per crescere le coltivazioni hanno bisogno di suolo, terreno, luce e calore. Quindi il clima condiziona fortemente la durata della stagione vegetativa. Ma non solo: alterazioni di temperatura favoriscono la crescita di alcune specie dannose per le coltivazioni, come gli insetti o le erbe infestanti, compromettendo la produzione agricolta con forti perdite.
Il cambiamento climatico è nemico della crescita agricola. Se consideriamo anche l’effetto della crescita della popolazione che richiede sempre più cibo, complessivamente il rendimento agricolo è in calo. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nell’Europa settentrionale la resa agricola può aumentare per le temperature più miti, che favoriscono la coltivazione anche di nuove specie. Al contrario le temperature troppo alte nell’Europa meridionale non sono positive per la resa agricola. Inoltre, la produzione tenderà a diventare sempre più variabile ogni anno per effetto degli eventi estremi e della diffusione di specie parassite.
Se l’agricoltura è condizionata dal cambiamento climatico, è vero anche il viceversa. Questo vale soprattutto nel caso dell’agricoltura intensiva, che cerca di massimizzare la produzione per unità di superficie anche attraverso l’uso di sistemi e macchine per l’irrigazione o di pesticidi e fertilizzanti chimici. Questo settore infatti è responsabile di una grande emissione di CO2 in atmosfera, a causa proprio delle eccessive quantità di fertilizzanti e prodotti chimici. La crescente richiesta di prodotti, e quindi di spazio necessario per le coltivazioni, spesso costringe alla deforestazione e quindi vengono meno delle importanti armi contro l’effetto serra che sono appunto gli alberi, che assorbono la CO2 in eccesso mitigando le emissioni.
L’agricoltura è responsabile del 21% delle emissioni totali di gas serra, a cui si aggiunge l’11% dovuto alla deforestazione. Quando una pianta assorbe anidride carbonica e la converte in glucosio, questo viene rilasciato nel terreno per nutrire i microorganismi presenti. Nel suolo quindi abbiamo una grande riserva di Carbonio organico, per un totale di 1500 miliardi di tonnellate, mentre l’atmosfera ne ha solo 720. Il suolo quindi può essere visto come un serbatoio naturale, che è in grado di rimuovere circa 2,6 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno, ovvero un terzo delle emissioni prodotte dall’industria e dai combustibili fossili. Con il cambiamento climatico, questo serbatoio perde la sua capacità naturale, per la maggiore frequenza di eventi come incendi e siccità. Occorre quindi adottare nuove pratiche agricole che tendano a conservare questa capacità del suolo come “serbatoio” di CO2.
Il caldo induce una condizione di stress per le piante, spesso accompagnata dalla carenza idrica per via della siccità. Tutto questo influenza il normale andamento delle coltivazioni e alcune specie che tipicamente crescono in estate potrebbero richiedere di essere coltivate in inverno. In più, negli ultimi tempi le coltivazioni stanno cambiando e tendono a spostarsi dalle zone in cui normalmente dovrebbero crescere. Ad esempio, l’olivo sta raggiungendo le zone alpine, i frutti tropicali sono sempre più coltivati nelle regioni italiane meridionali, mentre i tempi della vendemmia si sono anticipati di circa un mese.
Il cambiamento climatico induce un circolo vizioso che porta a condizioni di stress per il suolo destinato alle attività agricole. Alcuni fattori che sono responsabili della qualità del suolo sono:
Se il suolo si degrada, viene compromessa la sua funzione di “serbatoio di Carbonio” e quindi la crisi climatica diventa ancora più drammatica. L’uso eccessivo di fertilizzanti a base di azoto o di pratiche agricole intensive sono responsabili del rilascio di nitrati nel terreno. Se questi raggiungono le acque, si presenta il rischio di eutrofizzazione che favorisce la crescita di alghe e riduce la quantità di ossigeno, compromettendo la qualità dell’acqua.
Una soluzione concreta valida per mitigare l’impatto del cambiamento climatico riguarda la scelta di un’alimentazione sostenibile. Per ridurre le emissioni del settore agricolo bisogna incoraggiare la scelta di una dieta che riduca i consumi di carne e di latticini. I consumi di carne dal 1960 ad oggi sono raddoppiati, e questo ha portato all’aumento del 70% delle emissioni di metano. Si prevede che il cambiamento climatico porterà a una grave situazione di insicurezza alimentare, perché renderà la produzione agricola meno stabile. Quindi è importante contribuire alla riduzione delle emissioni attraverso il cambio delle abitudini alimentari e la riduzione dello spreco alimentare. La dieta deve essere varia ed equilibrata, ricca soprattutto di frutta, verdura, legumi e cereali integrali.
Il problema della minaccia del cambiamento climatico all’agrcoltura può essere bilanciato attraverso delle buone pratiche in agricoltura, come la rotazione delle colture in base alla disponibilità idrica o la scelta della semina a seconda delle condizioni meterologiche. Al tempo stesso, occorre favorire la crescita di nuove varietà che si adattino meglio alle condizioni climatiche estreme, come la siccità o le ondate di calore. La FAO propone come possibile soluzione l’agroecologia, ovvero un insieme di accorgimenti ambientali e sociali per il passaggio a un sistema agricolo che sia compatibile con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. In questo senso è fondamentale il ruolo dell’agricoltura biologica, perché è pensata per rispettare i cicli naturali delle coltivazioni, minimizzando l’impatto umano. Anche l’Agenzia Europea dell’Ambiente sottolinea la necessità di trasformare il sistema agricolo e alimentare per razionalizzare l’uso delle risorse, ridurre gli impatti ed evitare la dipendenza da fertilizzanti chimici.
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