L’elettrolisi solare permette di produrre idrogeno e ossigeno dall’acqua utilizzando appunto l’energia prodotta dal sole. Si tratta di una tecnologia pulita e sostenibile, interessante per la produzione di idrogeno verde, ovvero che non provoca emissioni durante il processo. L’idrogeno verde è l’unico che può garantire in futuro gli obiettivi di neutralità carbonica e transizione energetica. Il processo di elettrolisi solare è in fase di sviluppo e diverse sono le tecnologie per migliorarne l’efficienza. Oltre che la sostenibilità ambientale è importante che il processo risulti conveniente e sfruttabile anche sotto l’aspetto economico.
L’idrogeno verde è prodotto mediante elettrolisi dell’acqua, un processo che per essere davvero green ha bisogno che l’energia venga fornita da fonti rinnovabili, come eolico e fotovoltaico. Il processo di elettrolisi dell’acqua è una tecnologia nota ma poco diffusa perché richiede elevati costi energetici, e quindi è poco conveniente dal punto di vista economico. Se la produzione industriale aumentasse e se il numero di impianti di grande taglia crescesse, per ragioni di economia di scala i costi si ridurrebbero e la tecnologia avrebbe ampia diffusione. Oggi nel mondo infatti l’idrogeno risulta ancora prodotto principalmente mediante steam reforming a partire da fonti fossili, ed è perciò chiamato idrogeno grigio.
Un elettrolizzatore non è altro che una cella in cui due elettrodi metallici sono immersi in un serbatoio riempito con acqua. Ciascun elettrodo è collegato a uno dei poli di un generatore di corrente continua. La corrente elettrica generata consente la scissione delle molecole di acqua in idrogeno e ossigeno. I due elettrodi sono sottoposti a una certa differenza di potenziale. La reazione che si verifica è un’ossido-riduzione. Al catodo, che è il polo negativo, si avviene la riduzione degli ioni idrogeno a idrogeno gassoso. All’anodo, che invece è il polo positivo, si forma l’ossigeno.
Oggi le celle elettrolitiche che si possono utilizzare per produrre idrogeno verde sono principalmente di quattro tipologie. Le più diffuse sono la cella elettrolitica alcalina e quella a scambio protonico. Funzionano entrambe a bassa temperatura, ma quella a scambio protonico è più flessibile e può operare in intervalli di potenza ampi, pur essendo più costosa. Le celle con elettrolita a scambio anionico o con ossidi solidi sono meno diffuse. La prima è interessante per il basso costo dei materiali richiesti, mentre la seconda consente di raggiungere temperature ed efficienze più alte. Mediamente l’efficienza di queste tecnologie è del 64%. Si prevede di arrivare al 69% entro il 2030 e al 75% entro il 2050. L’immagine mostra la struttura di queste quattro tipologie di celle.
L’elettrolisi solare avviene mediante celle fotoelettrochimiche. Il processo è analogo a quello già descritto in generale per l’elettrolisi. In questo caso l’elettrodo è un semiconduttore e assorbe la luce solare proprio come avviene nei pannelli fotovoltaici. L’energia viene usata per scindere le molecole di acqua in idrogeno e ossigeno. Attualmente non esistono ancora materiali consolidati per garantire al tempo stesso efficienza e costi convenienti per la produzione su larga scala. Per questo l’unione della tecnologia solare con quella dell’elettrolisi spesso risulta non sostenibile.
Un team di ricercatori dell’Università del Michigan di recente ha creato un pannello solare che scinde la molecola di acqua garantendo un’efficienza più alta rispetto ai processi finora utilizzati. L’utilizzo di un semiconduttore a base di nitruro di indio e gallio permette di concentrare l’energia solare, aumentando l’efficienza di scissione dell’acqua. Inoltre, questo materiale è in grado di autoripararsi per cui nel tempo non si degrada, a differenza di quanto avviene con i fotocatalizzatori tradizionali. La temperatura massima a cui può funzionare è di 75 gradi, e ciò garantisce il massimo delle prestazioni. Ecco perché sul pannello è stato inserito uno strato isolante per garantire il mantenimento di questa temperatura.
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