Uno stress test effettuato sulle Dolomiti ha rivelato che in futuro a Cortina lo sci potrebbe essere impedito dalla neve bagnata. Il territorio infatti negli ultimi 120 anni ha una temperatura mediamente più alta di due gradi. Le conseguenze per l’assenza della neve, e quindi per il turismo invernale ed estivo, sono drammatiche.
Dal 2036 lo sci invernale sulle Dolomiti potrebbe essere a rischio. Il riscaldamento globale è una realtà e le sue conseguenze sono ormai inarrestabili. L’Organizzazione Meterologica Mondiale (OMM) dell’ONU nello “Stato dei servizi climatici 2022” ha riportato un caso studio riguardante le Dolomiti. Si tratta di uno dei territori più a rischio per la crisi climatica, soprattutto la provincia di Belluno. Lo studio ha valutato la compatibilità delle scelte politiche e degli investimenti con il clima. Il metodo dello stress test è detto SERRA (socio-economic regional risk assessment) e valuta anche altri aspetti oltre a quelli strettamente climatici. Lo studio dell’OMM prende in esame diversi territori del mondo, valutando l’impatto dei cambiamenti climatici in relazione all’approvvigionamento energetico, per migliorare l’efficienza della produzione e ridurre le emissioni.
Lo stress test ha valutato come il rischio climatico potrebbe propagarsi e come le scelte politiche potrebbero contribuire a ridurre gli effetti negativi. Lo studio nella regione alpina mostra che il cambiamento climatico ha già avuto effetti notevoli negli ultimi anni. Il ritmo dell’aumento della temperatura è doppio rispetto alla media mondiale. Le conseguenze sul ritiro dei ghiacciai sono notevoli. Il metodo SERRA combina il modello climatico regionale con dati specifici sulle caratteristiche della zona e dei suoi pericoli. L’analisi di rischio per la zona delle Dolomiti si concentra su quattro attività economiche: turismo, sport invernali, industria di occhiali, fornitura di energia elettrica. In questo modo si possono stimare i potenziali danni nelle situazioni concrete e analizzare come i futuri investimenti e decisioni possano influire su di essi.
Il report dell’OMM ha combinato l’analisi economica e i danni possibili con le mappe di rischio storiche e future della provincia di Belluno. Il rischio climatico risulta in aumento del 6,2% per il contributo diretto e del 10,2% per il contributo diretto nel periodo 2036-2065. Gli eventi di neve bagnata in futuro potrebbero rendere impossibile o difficoltoso lo sci, compromettendo il turismo nella zona. Quello che potrebbe accadere è che tra 14 anni la neve bagnata o l’ assenza di neve, combinata alla carenza di energia per la manutenzione delle piste, potranno impedire lo svolgimento degli sport.
Il report dell’ONU ha citato tra i diversi casi studio anche Cortina, che è una delle mete sciistiche più amate come località turistica sia estiva che invernale. Da quanto emerge dai dati, nel 2036 la crisi climatica raggiungerà un punto di rottura. Per evitarlo, secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale tutto il mondo deve raggiungere prima possibile l’obiettivo della compensazione delle emissioni. Per farlo è necessario investire sull’energia pulita, in quanto il settore energetico è il responsabile dei tre quarti delle emissioni di gas serra a livello mondiale. Il raggiungimento del net zero al 2050 richiede che la fornitura di energia elettrica a basse emissioni raddoppi entro il 2030. Occorre incrementare l’utilizzo di tecnologie basate su solare, eolico e idroelettrico. Al tempo stesso l’efficienza energetica è fondamentale per operare una trasformazione del sistema energetico a livello globale.
Negli ultimi anni il settore degli sport invernali sta soffrendo gli effetti della crisi climatica. Oggi è diventato quasi impossibile sciare su una pista innevata naturalmente. Ma la soluzione della neve artificiale non è quella sostenibile. Uno studio del centro di ricerca Eurac del 2020 ha stimato che con un aumento medio di 4 °C della temperatura mondiale, le stazioni sciistiche attive in Italia si ridurebbero a circa 20. Anche il report di Legambiente “Nevediversa” riporta che nelle località montane in Italia la temperatura aumenterà tra i 2 e i 3 °C entro il 2050. Per questo è necessario ripensare l’offerta turistica con nuove strategie che comprendano percorsi di rinaturalizzazione dell’ambiente per recuperare un rapporto di equilibrio tra uomo e natura.
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