In un articolo di giornale datato 14 agosto 1912 veniva spiegato per la prima volta l’impatto dei combustibili fossili sul clima in modo semplice e diretto. Si prevedeva che l’aumento dell’effetto serra causato dalle emissioni di anidride carbonica sarebbe diventato significativo nel giro di pochi secoli successivi. All’epoca si bruciavano circa 2 miliardi di tonnellate di carbone ogni anno. La reazione di combustione in presenza di ossigeno rilasciava nell’atmosfera circa 7 milioni di tonnellate di anidride carbonica ogni anno.
Rispetto alle previsioni, per diventare considerevole l’impatto dei combustibili fossili non ha richiesto secoli, ma sono bastati pochi decenni. Ancora oggi, nonostante i visibili e sempre più gravi eventi che confermano un allarmante cambiamento climatico, c’è molto scetticismo sulla relazione tra clima ed emissioni di anidride carbonica provocate dallo sfruttamento dei combustibili fossili. Nel corso degli anni, il settore di produzione di carbone e petrolio ha conosciuto un forte sviluppo, senza adottare misure adeguate a tutela dell’ambiente. Non si percepiva ancora l’impatto futuro che questo sfruttamento avrebbe comportato. Eppure già nel 1912 la stampa aveva lanciato un messaggio chiaro sul futuro che attendeva il nostro pianeta.
Era il 14 agosto 1912, più di un secolo fa, quando su un giornale locale della Nuova Zelanda apparve un breve articolo in cui si segnalava un aumento delle temperature medie sul pianeta. All’epoca, questo fenomeno veniva già attribuito all’uso globale dei combustibili fossili, in particolare del carbone, responsabile di una grande quantità di emissioni di anidride carbonica.
Possiamo dire che 110 anni fa si iniziava a diffondere con i media la correlazione tra attività umane e alterazioni del clima. Quell’articolo era una ristampa di un pezzo pubblicato un mese prima su una rivista del New South Wales che si occupava di attività minerarie. L’autore spiegava che il rilascio eccessivo di anidride carbonica causava un aumento della temperatura terrestre ogni anno.
L’articolo del 1912 prendeva spunto da alcuni esperimenti condotti dalla scienziata americana Eunice Foote. I suoi studi avevano dimostrato che l’anidride carbonica e il vapore acqueo sono in grado di assorbire la radiazione emessa dalla Terra sottoforma di calore. Si tratta in effetti di due dei gas che oggi chiamiamo gas serra. Quando la radiazione assorbita dai gas diventa eccessiva, provoca un aumento della temperatura sul pianeta.
Un fatto ancora più lontano nel tempo risale al 1896, quando Arrhenius fu in grado di calcolare quali sarebbero stato gli effetti delle emissioni di anidride carbonica nel futuro. Sulla rivista Popular Mechanics apparvero i risultati dei suoi studi sulla correlazione tra aumento di temperatura globale ed emissioni di anidride carbonica. All’epoca si registravano concentrazioni di questo gas serra in atmosfera pari a 295 parti per milione.
Un secolo fa le idee diffuse sul cambiamento climatico non destarono particolare attenzione. Non esisteva ancora la coscienza climatica che al giorno d’oggi è alla portata di tutti. Non si poteva sapere ancora che quell’aumento di temperatura avrebbe causato il problema del cambiamento climatico, che è uno dei principali argomenti mondiali da affrontare oggi. Per questo, con l’inizio della prima guerra mondiale e lo spostamento dell’attenzione dei media su questo evento, la notizia venne dimenticata. Subito dopo iniziò il boom petrolifero, permettendo lo sviluppo di nuove tecnologie per lo sfruttamento dei combustibili fossili, soprattutto per usi bellici.
Negli anni ’30 l’ingegnere britannico Guy Callendar condusse studi meteorologici in diverse aree geografiche. Si rese conto che l’aumento delle temperature era già evidente. Come nell’articolo nel 1912 rese pubbliche le proprie scoperte sugli effetti dell’anidride carbonica sul riscaldamento globale. Fu anche il primo ad attribuire una maggiore importanza all’anidride carbonica rispetto al vapore acqueo. Chiariamo un aspetto.
Oggi sappiamo che il vapore acqueo ha in teoria un maggiore potere di assorbimento radiativo rispetto all’anidride carbonica. Il motivo per cui si attribuisce la “colpa” del riscaldamento globale solo alla seconda è che la quantità delle emissioni è molto più significativa nelle attività industriali. Secondo le previsioni di Callendar, l’aumento di temperatura entro l’anno 2000 sarebbe stato di 0,39 °C. In realtà siamo arrivati a +1 °C. Di nuovo, la scoperta di Callendar venne dimenticata con lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Il nostro viaggio nel tempo si conclude negli anni ’50. Con l’istituzione dell’International Geophysical Year gli studiosi furono in grado di eseguire le prime indagini satellitari sul clima mondiale. Grazie alle osservazioni in un numero crescente di stazioni di monitoraggio, fu possibile avere a disposizione una grande quantità di dati. A quel punto fu facile convincersi del fatto che il clima terrestre stava cambiando. Si dovette aspettare fino al 1988 per avere una presa di coscienza effettiva. Quell’anno James Hansen, uno scienziato della NASA, tenne il primo discorso al congresso degli Stati Uniti parlando di riscaldamento globale e lanciando un allarme: quel fenomeno era già in corso.
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