Entro 50 anni il pH del mar Mediterraneo potrebbe arrivare a registrare il valore di 7,9. Gli effetti sull’uomo e sulla biodiversità acquatica saranno irreversibili. Si tratta di uno degli effetti del cambiamento climatico, causato dall’inquinamento prodotto dalle emissioni nocive delle attività umane.
L’acidificazione dei mari e degli oceani è una delle tante conseguenze del cambiamento climatico. Si tratta della progressiva riduzione del pH dell’acqua. Le emissioni di CO2 dovute all’inquinamento delle attività umane e in particolare di quelle industriali, oltre a produrre l’incremento dell’effetto serra, hanno effetti anche sulle acque di mari e oceani. Circa il 30% della CO2 emessa a causa dell’inquinamento viene assorbita dall’acqua. La CO2 è infatti un gas che può facilmente sciogliersi nel mare. Quando questo accade, la CO2 si trasforma in acido carbonico, che si dissocia facilmente in ioni carbonato e protoni, aumentando l’acidità delle acque. Più aumenta l’inquinamento prodotto dai gas serra, causa del cambiamento climatico, più il pH del mare si abbassa.
La riduzione della concentrazione di ioni carbonato presenti nelle acque oceaniche è un fenomeno preoccupante. Insieme al riscaldamento delle acque causate dal cambiamento climatico, l’inquinamento rappresenta un rischio per gli ecosistemi marini. Vengono infatti a mancare dei minerali che sono fondamentali per la crescita di molte specie marine, fino a provocarne la morte. La minaccia del cambiamento climatico sul pH del Mediterraneo è stata resa note dal progetto SEAstainable all’interno di Worldrise onlus. Si tratta di un’iniziativa per l’uso sostenibile delle risorse del mare ideata da giovani professionisti che propongono idee per la sua valorizzazione. Secondo recenti studi, il pH del mar Mediterraneo entro 50 anni potrebbe arrivare al valore di 7,9. Se la riduzione del pH causata dall’inquinamento non si arresterà, gli effetti sull’uomo e sulle specie marine saranno devastanti. Il pH del mar Mediterraneo si sta attualmente riducendo di circa 0,0044 punti all’anno a causa del cambiamento climatico. Se la situazione resterà invariata, entro 50 anni si ridurrà di 0,2 punti a partire dagli 8,1 attuali, toccando quota 7,9.
L’ambiente marino si sta già modificando sull’intero pianeta. Il Mediterraneo è solo uno degli esempi, che ci riguarda più da vicino. Ma altri esempi tipici sono lo sbiancamento della Grande barriera corallina in Australia e l’aumento della quantità di alghe nella Riviera Maya del Messico. Le conchiglie sono a rischio di scomparsa, perché la progressiva acidificazione dei mari potrebbe cancellarle. Si tratta di un fenomeno simile a quello che sta interessando i coralli. Leconchiglie da sempre accompagnano l’evoluzione della terra e dell’uomo. Si sono sviluppate da alcuni animali per finalità di sopravvivenza e oggi sono presenti circa 20mila specie di bivalvi e tra i 40 e 100mila gasteropodi. Gli ioni carbonato, che scompaiono come effetto dell’acidificazione, sono fondamentali per gli organismi che costruiscono conchiglie. Il carbonato di calcio è in generale un costituente dei gusci e degli scheletri di molte specie marine. Questo spiega anche la distruzione delle barriere coralline e il danno che a causa dell’inquinamento subiscono tutti gli organismi che traggono rifiugio e nutrimento da questi ecosistemi.
Il Mediterraneo è un mare particolarmente sensibile all’acidificazione. Il fatto che si tratti di un bacino semichiuso influenza la composizione chimica e la circolazione delle masse di acqua. Come abbiamo visto, il carbonato di calcio si dissolve in soluzioni acide e danneggia conchiglie e scheletri, ma anche organismi animali e vegetali di piccole dimensioni e gli organismi planctonici. Quando la capacità di dissoluzione del carbonato di calcio arriverà al massimo possibile, il Mediterraneo ridurrà la propria capacità di assorbire la CO2. Questa capacità infatti è proporzionale alla quantità di carbonato presente in acqua. Di conseguenza, i mari non saranno più in grado di compensare l’eccesso di CO2 prodotto dall’inquinamento. Avremo quindi una quantità di gas nocivi in atmosfera sempre più alta, peggiorando sempre di più il riscaldamento globale e gli effetti che comporta sul cambiamento climatico.
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