Un nuovo allarme sugli effetti del cambiamento climatico riguarda il livello del mare negli Stati Uniti. Il recente studio condotto dalla NASA, dalla NOAA e da altre sei agenzie governative statunitensi prevede nei prossimi 30 anni una crescita di 25-30 centimetri. Considerando anche un insieme di fattori secondari, le aree costiere sono a serio rischio di inondazioni.
L’innalzamento dell’oceano previsto fino al 2050 è l’equivalente di quello registrato negli ultimi 100 anni. La crescita del livello del mare non sarà uniforme lungo le coste per la diversa altezza dell’acqua e della terraferma. Le maree arriveranno ad altezze tali da raggiungere l’entroterra. Le inondazioni di entità moderata saranno più frequenti, anche dieci volte di più rispetto a oggi. Gli eventi gravi invece potrebbero verificarsi fino a cinque volte in più del rischio attuale. Molti sono i fattori locali che possono condizionare e aggravare queste stime. Precipitazioni, infrastrutture e fenomeni di erosione costiera sono solo alcuni esempi che influenzano il rischio reale. Le inondazioni registrate negli ultimi vent’anni nelle principali città costiere, come New York, Miami e Washington, sono già di frequenza doppia rispetto alla media. Quindi più il livello del mare cresce, più aumenta la probabilità di eventi estremi come gli uragani e diminuiscono le zone umide (wetlands).
Il livello del mare è in continuo aumento a causa dell’innalzamento della temperatura media terrestre. Non potendo intervenire in breve tempo sulla causa, rimane il tentativo di limitare i danni. Oggi l’avanzamento della tecnologia satellitare permette di considerare aspetti nuovi per ottenere un monitoraggio accurato della situazione. Le analisi attuali riescono infatti a incrociare dati sulla temperatura degli oceani, sulla massa delle calotte glaciali dell’Antartide e della Groenlandia e sulla traiettoria della Corrente del Golfo. In alcuni casi è possibile ottenere informazioni sull’aumento del livello del mare con sufficiente anticipo, in modo da pianificare le azioni di mitigazione. Il direttore della NOAA, Rick Spinrad, si mostra fiducioso:
“Il rapporto è un campanello d’allarme per il Paese, ma ha anche un lato positivo. Ci dà infatti le informazioni necessarie con cui agire ora, permettendoci di posizionarci meglio per il futuro”
Le inondazioni come conseguenza dell’alta marea sono sempre state per gli esperti degli eventi rari. Oggi invece sono diventate un problema grave e un vero e proprio allarme. Un quarto delle infrastrutture delle aree colpite sarebbe a rischio guasto. Il Paese si troverebbe quindi con autostrade, porti e ospedali fuori uso, per non parlare degli impianti di produzione dell’energia. Il sistema economico è seriamente compromesso, anche perché in prossimità delle coste vive il 40% della popolazione degli Stati Uniti. Nello studio sono anche evidenziati i “punti di non ritorno”. Lo scioglimento delle calotte glaciali potrebbe accelerare a tal punto da provocare un aumento ancora più rapido del livello del mare. Al tempo stesso, sulla terraferma l’acqua potrebbe invadere i sistemi di drenaggio e le riserve di acqua potabile.
I mari stanno aumentando di livello per il rilascio di gas serra che riscaldano l’atmosfera e di conseguenza le acque. E al tempo stesso si sciolgono i ghiacciai a cause delle temperature più alte. Se le temperature continuano a salire, le stime diventano ancora più drammatiche. Potrebbe esserci un aumento ulteriore del livello dell’acqua da 5 cm a 1,5 m entro la fine del secolo. Sopra i 3°C di aumento di temperatura lo scioglimento dei ghiacci andrebbe fuori controllo. Non è possibile ottenere una previsione precisa, essendo la stabilità della calotta glaciale di difficile modellazione. Al momento si sta cercando quindi di approfondire questo aspetto per ottenere stime più accurate sul legame tra l’innalzamento del livello del mare e il riscaldamento globale.
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