L’Unione Europea apre all’energia nucleare. O meglio, la difende, considerandola energia green. Ci eravamo lasciati il mese scorso con la riapertura del dibattito sul nucleare proposto alla Commissione Ue, dove diversi stati membri, Francia in primis, spinsero affinché la Commissione riconoscesse quella dell’atomo come energia green.
C’è poco spazio allo scetticismo: dati alla mano, consultando un qualsiasi report di settore, risulta evidente come l’impatto ambientale dei reattori a fissione sia minimo, se paragonato a quello delle centrali tradizionali. Oltretutto la strada imboccata dall’industria nucleare pare muovere i passi verso il down-sizing delle centrali. Centrali più contenute e nettamente più efficienti permettono una gestione migliore del combustibile nucleare. La diretta conseguenza è la possibilità di bruciare in situ anche parte delle scorie, a tutto vantaggio della sicurezza (elemento peculiare della IV gen.).
Il vicepresidente della Commissione europea stesso, Valdis Dombrovskis, dichiara che la Commissione ritiene che nucleare e gas naturale entreranno nella tassonomia green dell’Ue. L’obiettivo principale della decarbonizzazione dei settori di produzione energetica e dei trasporti (tra i maggiori responsabili delle emissioni inquinanti umane) richiede energia di base, stabile. Le rinnovabili non bastano da sole a coprire il fabbisogno energetico e a garantire stabilità al sistema elettrico.
Dunque è necessario servirsi di altre fonti energetiche. Insieme al nucleare anche il gas naturale entra di diritto tra le fonti energetiche indispensabili alla transizione ecologica. Questo significa che l’energia nucleare riceverà finanziamenti direttamente dalle casse Ue. E i vecchi impianti a carbone che andrebbero smantellati possono invece contare su interventi di repowering e alimentazione a gas naturale.
Il ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, afferma senza mezze misure che il nucleare vada in qualche modo rivalutato anche nel Bel Paese. “Noi abbiamo votato dei referendum che hanno escluso il nucleare. Era il nucleare di prima generazione, non quello di cui si parla adesso. In futuro, quando avremo tutti i dati sui costi per megawatt, sulla produzione di scorie radioattive, su quanto sono sicure (le centrali di quarta generazione, ndr), allora il paese potrà prendere le sue decisioni, con un altro referendum, con leggi”.
Ricorda poi che se la memoria dell’uomo, a queste latitudini, è rimasta ancorata agli incidenti occorsi alle prime due generazioni di reattori, la scienza e l’ingegneria dell’industria ha fatto importanti passi in avanti. “La mia posizione di tecnico è che non farei le centrali di prima e seconda generazione, che sono complesse e hanno problemi con le scorie radioattive. Sono sicuro che vadano studiati i piccoli reattori modulari (le centrali di quarta generazione a fissione, ndr), che sono in pratica motori di navi nucleare, sono piccoli e più sicuri. Da lì potrebbero arrivare ottime notizie in termini di costi e benefici”.
Conclude dicendo che la strada per la IV generazione di reattori è ancora lunga e richiede ancora diversi anni. Tuttavia si dice aperto alla possibilità di un ritorno di fiamma tra l’Italia e la fissione nucleare. “Se si dovesse studiare una tecnologia del genere, credo che sarebbe saggio, io lo farei. Poi sono assolutamente certo che la fusione nucleare sarà la soluzione di tutto”.
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