È in fase di realizzazione la Manta, un’imbarcazione di grandi dimensioni che raccoglierà e tratterà i rifiuti galleggianti, formati prevalentemente da plastica, sulle acque altamente inquinate di mari e foci di grandi fiumi.
Come nasce la Manta e quanta plastica c’è da raccogliere
Durante il suo ultimo viaggio in solitaria intorno al mondo nel 2016 Yvan Bourgnon, un marinaio franco-svizzero, ha deciso di agire per combattere l’inquinamento da plastica di cui era stato testimone. Ha creato l’ONG The SeaCleaners e ha immaginato una barca gigante, in grado di raccogliere e smistare i rifiuti in loco.
Così come la manta si nutre filtrando l’acqua del mare, the Manta Boat divora i rifiuti plastici galleggianti. Il suo obiettivo sono rifiuti di 10 millimetri ad una profondità massima di un metro. Nasce così, con una semplice idea, questo progetto e presto, per il 2024, sarà pronta per il lancio!
Ogni minuto 17 tonnellate di rifiuti di plastica vengono scaricate negli oceani. Il totale annuo è di 10-12 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica.
La Manta è in grado di raccogliere fino a tre tonnellate di rifiuti all’ora, con l’obiettivo di raccogliere da 5 a 10.000 tonnellate all’anno. Può funzionare fino a 20 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. La Manta è lunga 56,6 metri, larga 26 metri e alta 62 metri.
La Manta è dotata di quattro sistemi di raccolta complementari:
La Manta è in grado di trattare dal 90 al 95% dei rifiuti di plastica raccolti in mare. Tutto questo grazie a un sistema innovativo ed ecologico, che si compone di un’unità di raccolta differenziata ed a un termovalorizzatore.
Nell’unità di smistamento gli operatori selezionano i rifiuti manualmente secondo la loro natura: il metallo, il vetro e l’alluminio sono riportati a terra per essere riciclati. I materiali organici vengono restituiti in acqua. I rifiuti plastici sono triturati e trasformati in pellet prima di essere inviati all’unità di conversione dei rifiuti in energia.
Il vero capolavoro dell’impianto di bordo è il termovalorizzatore. Fonde ad alta temperatura il pellet di plastica tramite pirolisi e lo trasforma in gas sintetico. Il syngas passa quindi attraverso una turbina che produce elettricità: quell’elettricità a sua volta alimenterà tutte le apparecchiature della Manta.
Questo metodo ecologico non emette CO2 o sostanze inquinanti nell’aria.
La Manta dispone di diverse apparecchiature di bordo progettate per generare energia rinnovabile, che le consentono di ridurre al minimo l’impronta ambientale e il consumo di combustibili fossili, e contemporaneamente aumentare la propria autosufficienza energetica.
Ci sono due turbine eoliche (100kW), quasi 500 m² di pannelli solari fotovoltaici (100 kWp), due idrogeneratori (100 kW) per mezzo di un’elica azionata dall’avanzamento a vela della barca.
L’energia elettrica necessaria per alimentare le manovre e i motori elettrici è fornita dalle apparecchiature di bordo progettate per generare energia rinnovabile, dal termovalorizzatore e, per ottemperare ai requisiti normativi, la Manta dispone di 2 motori diesel a bordo per facilitare le manovre a bassa velocità e garantire la sicurezza dell’equipaggio.
La propulsione ibrida combina il sartiame automatizzato, che sostiene le vele, e le unità di propulsione ad elica alimentate da motori elettrici. Questi generatori convenzionali sono utilizzati per manovre sensibili, come l’ingresso e l’uscita dai porti, e per operazioni a bassa velocità, come la raccolta dei rifiuti.
Inoltre da 6 a 10 scienziati alla volta possono salire a bordo della Manta. In mare avranno a disposizione apparecchiature oceanografiche e quattro spazi di ricerca: due laboratori di ricerca, una sala studio e una sala analisi.
La maggior parte della plastica che finisce in mare è condotta anche dai fiumi. Ecco i principali fiumi responsabili dell’inquinamento plastico marino: Yangtze, lo Xi e lo Huanpu (Cina), il Gange (India), il Cross (confine tra Camerun e Nigeria), il Brantas e il Solo (Indonesia), il Rio delle Amazzoni (Brasile), il Pasig (Filippine), l’Irrawaddy (Myanmar). Si formano così, attraverso delle correnti oceaniche, delle grandi isole di plastica, come la Great Pacific Garbage Patch: sacchetti di plastica, palloni, scarpe, materiali di imballaggio, reti da pesca e molto altro.
La plastica, essendo un materiale non biodegradabile nel breve termine, rischia di essere ingerita da balene, gabbiani, tartarughe marine e altri animali. I pezzi di plastica possono restare nella gola degli animali o ostruirne il tratto digerente, e di conseguenza bloccare le vie respiratorie e impedire l’assunzione di cibo. La plastica è anche in grado di “risalire” la catena alimentare.
Inoltre, i rifiuti possono anche tornare sulla terraferma sospinti dal movimento delle onde, e inquinare così spiagge e altre zone costiere.
Nelle acque e negli oceani si trovano anche le microplastiche, che derivano dall’abrasione degli pneumatici, dal lavaggio di tessuti sintetici, dalla disintegrazione di rifiuti plastici, dai prodotti cosmetici come creme per la pelle, peeling, gel doccia e shampoo.
Articolo a cura di Federica LOCOROTONDO
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