Il problema dell’inquinamento atmosferico riveste un aspetto cruciale a livello mondiale. È ormai presente da anni nelle agende di quasi tutti i leader mondiali, in modo particolare di quelli dei Paesi più industrializzati. Si parla, infatti, insistentemente di transizione ecologica e nel recente Recovery fund si prevedono risorse finanziarie per affrontare i problemi di global warming. Un aspetto estremamente dibattuto, quando si parla di produzione di energia a partire da fonti fossili, è la produzione di gas climalteranti. Questi gas sono prodotti dalla combustione degli idrocarburi e dunque impattano pesantemente sullo stato dell’ambiente. Uno di questi è l’anidride carbonica o biossido di carbonio.
La storia della tecnologia della cattura e dello stoccaggio dell’anidride carbonica (abbreviato in inglese CCS: carbon capture and storage) su larga scala risale al 1972. In quell’anno fu messo in funzione l’impianto di Val Verde in un impianto petrolifero del Texas. In quel caso si iniettava la CO2 nel suolo per poter estrarre sempre maggiori quantità di petrolio e nel contempo rimaneva intrappolata in maniera definitiva nei pori precedentemente occupati dagli idrocarburi.
Un altro importate impianto per la cattura e lo stoccaggio della CO2 fu Sleipner nel Mar del Nord a largo della Norvegia ed è del 2019 il più grande sito di stoccaggio geologico nel mondo: il Gorgon CO2 Injection in Australia.
La politica europea ha capito l’importanza delle tematiche ambientali e dei problemi connessi con una gestione green del pianeta Terra. La UE ha varato, infatti, diversi piani e misure concrete con l’obiettivo, per esempio, di limitare le emissioni dannose di anidride carbonica nell’aria. Ad esempio il programma europeo 20 – 20 – 20 contenuto nella direttiva UE (2009/29) ed entrato in vigore nel 2009 con validità dal 2013 all’attuale 2020. Prevede la riduzione dei GHGs del 20% rispetto al 1990 e il raggiungimento della produzione di energia da fonti rinnovabili del 20% entro in 2020.
Allo stesso tempo, i piani e le politiche europee per la decarbonizzazione hanno visto nel 2030 e nel 2050 ulteriori scadenze temporali per il contrasto netto alla produzione di CO2 su scala mondiale. Una delle misure più incisive del programma europeo 20 – 20 – 20 riguarda il contenimento e la graduale riduzione di emissione della CO2 con i meccanismi, ad esempio, di CCS.
I processi di cattura e stoccaggio geologico della CO2, contrariamente a quello che si può pensare, sono meccanismi del tutto naturali e non meno importante, costituiscono la naturale chiusura del ciclo del carbonio. Questo, inizialmente si estrae dal sottosuolo come componente del gas naturale, del petrolio e del carbone stesso, si confina nel sottosuolo in forma di CO2.
Dunque si può concludere che tutti i processi di stoccaggio geologico che si possono catalogare sotto la sigla CCS sono meccanismi presi a prestito dalla natura e ciò è avvalorato dal fatto che il sottosuolo è già ricco di suo di giacimenti di CO2 preesistenti.
Fondamentalmente quello che accade nella tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2 riguarda come primo passo della filiera la separazione della CO2 dagli altri gas reflui emessi, il trasporto dell’anidride carbonica mediante tubi o navi appositamente predisposte e, infine, la fase di stoccaggio del gas in appositi siti a profondità di diverse centinaia di metri (generalmente più di 800 m) all’interno della crosta terrestre.
Esistono diverse tecnologie per separare il biossido di carbonio e dunque per attuare processi di CCS a livello industriale. Generalmente possono essere classificate come processi di: postcombustione della CO2, precombustione, combustione dell’ossigeno (o ossicombustione).
Nel processo di postcombustione un solvente chimico assorbe l’anidride carbonica presente nei fumi esausti. La CO2 è poi separata dal medesimo solvente per essere compressa e, infine, trasportata alla destinazione finale. Nella precombustione, invece, il combustibile prima della combustione viene trasformato in un mix di idrogeno ed anidride carbonica, cioè avviene una gassificazione: l’anidride carbonica viene trasportata ed infine stoccata, mentre l’idrogeno può essere adoperato come normale combustibile miscelato con l’aria. Quando si parla di ossicombustione si utilizza ossigeno al posto dell’aria e dunque eliminando l’azoto N2 di cui l’aria è ricca e dando luogo così a prodotti di combustione principalmente a base di CO2 ed H2O facili da separare mediante processi di condensazione.
Per quanto riguarda lo stoccaggio ed immagazzinamento vero e proprio, invece, il problema sta nell’individuazione dei giacimenti geologicamente idonei. Si fa ricorso, a tal proposito, alle rocce serbatoio sparse sulla crosta terrestre. I giacimenti si possono suddividere principalmente in tre grandi tipologie: giacimenti esauriti che precedentemente contenevano petrolio o gas naturale, giacimenti acquiferi salini e giacimenti di carbone non sfruttabili.
Due caratteristiche particolarmente di rilievo per le rocce serbatoio sono l’elevata porosità ed una buona permeabilità. La CO2 viene iniettata nella roccia che fa da serbatoio e va ad occupare i pori, gli interstizi e le fessure presenti nella roccia. L’ubicazione dei giacimenti ad una profondità maggiore di 800 metri favorisce l’immagazzinamento del gas in forma più densa grazie alle favorevoli pressioni e temperature. Un’altra caratteristica importante per un giacimento di accumulo è l’assenza di acqua potabile altrimenti compromessa a contatto con l’anidride carbonica. Completano il quadro una discreta capacità di immagazzinamento e una buona porosità.
Le procedure e le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 rimangono tutt’oggi una valida soluzione. Esse possono contribuire a limitare e ridurre la presenza e l’impatto dell’anidride carbonica nell’ambiente. Un primo passo per vivere in un pianete più green e low carbon.
Questo è tanto più vero se si pensa al fatto che continueremo a bruciare combustibili fossili per svariati decenni a ritmi crescenti. La domanda di energia da parte delle diverse economie emergenti è, infatti, crescente. Ciò avvalora la tesi per cui ormai tecnologie di CCS sono diventate irrinunciabili per ridurre e controllare il forte impatto ambientale che questo gas ha.
Articolo a cura di Omar EL SHABRAWI
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