Da quando è iniziata l’emergenza Covid – 19, una conseguenza tangibile è stata la riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico. La migliore qualità dell’aria e la presenza di cieli limpidi ha avuto un impatto positivo sulla produzione di energia da pannelli fotovoltaici. Uno studio condotto a Delhi e pubblicato sulla rivista scientifica Joule ha analizzato questo fenomeno.
Come è facilmente intuibile, i pannelli fotovoltaici funzionano tanto meglio quanto più intensi sono i raggi che catturano. Infatti, a parità di tensione, all’aumentare del flusso solare incidente, viene fornita una maggiore potenza. Con la riduzione dell’inquinamento i raggi solari incontrano meno ostacoli nel loro percorso. Le particelle di particolato e di smog in atmosfera infatti possono assorbire o deviare i raggi solari. Significa che il flusso incidente sulla superficie dei pannelli diminuisce. Invece, se le particelle inquinanti sono meno concentrate i raggi solari raggiungono più facilmente i pannelli a terra. Non solo: tra le cause del calo di rendimento di una cella fotovoltaica rientrano anche le perdite per sporcamento. Queste sono amplificate in siti in cui ci sono elevate concentrazioni di polveri e smog che possono depositarsi sui pannelli.
Ian Marius Peters, studioso degli effetti dello smog sulla produzione di energia solare, ha approfittato della pandemia per fare un confronto. In particolare, ha analizzato i dati di qualità dell’aria e meteorologici della città di Delhi tra il 2017 e il 2020. Lo studio è stato condotto con un apposito strumento detto piranometro. Questo dispositivo consente di misurare la radiazione solare attraverso la differenza di temperatura tra due superfici esposte a differente insolazione. Partendo dai dati a disposizione, è stata costruita una curva di insolazione del cielo sereno. Da qui si è sempre osservato uno scostamento quasi nullo tra periodi uguali di anni diversi. Ma da marzo 2020, come si ci aspettava, la situazione è notevolmente cambiata. Tra la situazione post – Covid e quella precedente c’è una differenza dell’ 8%, che nella produzione fotovoltaica è decisamente significativa.
Oltre alla riduzione dell’inquinamento a livello del suolo, l’ aumento dell’insolazione è conseguenza anche della riduzione dell’inquinamento a livelli più alti. Infatti, sono diminuite le emissioni industriali o del traffico aereo, e anche questo ha contribuito all’anomalia osservata. Questi effetti positivi si sono tradotti nella produzione di una quantità record di energia elettrica da pannelli fotovoltaici. L’effetto è tanto più evidente quanto maggiori sono i livelli di inquinanti registrati normalmente. Sono state effettuate le stesse misure anche in aree rurali e nel Nord Italia, ma l’effetto è stato statisticamente meno significativo. In queste aree infatti i livelli di inquinamento sono troppo bassi e quindi le restrizioni hanno un impatto minimo sulla produzione fotovoltaica. In altre aree, come in Germania o nel Regno Unito, l’effetto è combinato con quello del clima soleggiato registrato durante la pandemia. Non è chiaro quindi quanto abbia influito la riduzione dell’inquinamento sul rendimento energetico dei pannelli.
Lo studio effettuato è stato interessante perché lo smog a Delhi si è addirittura dimezzato con il lockdown. E, come ha dimostrato la ricerca, è aumentata l’insolazione ricevuta. Ciò che ha sorpreso è il fatto che la differenza tra la situazione prima e durante la pandemia è stata notevole. Perciò si tratta di un esempio di cosa accadrebbe se ci impegnassimo a ridurre l’inquinamento atmosferico. Si tratta infatti di un circolo: utilizzare le fonti rinnovabili, come la fonte solare, implica meno inquinamento. Questo a sua volta si traduce in un aumento dell’efficienza delle celle fotovoltaiche. E quindi in una maggiore quantità di energia pulita.
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