Joe Biden, con il suo piano di “ripresa verde” post-Covid, potrebbe ottenere obiettivi davvero significativi dal punto di vista climatico. Infatti, secondo le analisi del CAT (Climate Action Tracker), le politiche del nuovo presidente americano potrebbero ridurre il riscaldamento globale di 0,1°C entro il 2100. Gli Stati Uniti tornano a combattere in prima linea contro uno dei più spaventosi mostri del nostro secolo: il surriscaldamento globale.
La lotta al cambiamento climatico rappresenterà, infatti, uno dei principali obiettivi del nuovo presidente americano. Il primo passo? Rientrare nell’Accordo di Parigi sul clima, dal quale il suo predecessore aveva deciso di ritirarsi nel 2019. E non è questa l’unica misura di Trump che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha intenzione di ribaltare. Infatti, è proprio sul tema ambientale che le differenze tra i due candidati alla presidenza emergevano più forti che mai. I piani sul clima che hanno presentato i due rivali durante la corsa alla presidenza erano agli antipodi: da un lato, la spinta sempre più forte da parte di Trump verso lo sfruttamento dei combustibili fossili; dall’altro, l’intento di Biden di azzerare le emissioni nette di CO2 degli USA entro il 2050.
Il neo presidente parte infatti con un obiettivo ambizioso, il linea con quello europeo: zero emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050. Il piano net-zero emissions di Biden porterà a una riduzione complessiva delle emissioni di CO2 di 75 miliardi di tonnellate. Dalle analisi del CAT, una riduzione di questa entità condurrà a una diminuzione del riscaldamento globale di 0,1°C entro la fine del secolo. Ma non è tutto: le politiche annunciate da Biden prevedono un piano da 1.700 miliardi di dollari da investire nella “ripresa verde” post-pandemia. L’elezione di Joe Biden a presidente degli Stati Uniti rappresenta dunque un’ottima notizia per chi ha a cuore l’ambiente e la lotta al cambiamento climatico.
Non finiscono qui le promesse del 46° presidente americano. Biden, infatti, ha intenzione di creare una nuova agenzia federale per accelerare la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie: reattori nucleari modulari, sistemi di cattura del carbonio, reti di stoccaggio energetico e produzione industriale di materie prime a basse emissioni. Si tratta di un ulteriore investimento di 400 miliardi di dollari, in grado di generare un radicale cambiamento dell‘intero settore energetico. Il nuovo inquilino della Casa Bianca vuole spingere i mercati verso una transizione verde, introducendo nuove norme in materia di estrazione di gas e petrolio. Si vuole porre attenzione anche agli standard dei veicoli. Per combattere il cambiamento climatico, infatti, bisogna tornare a tassare duramente le emissioni, i cui limiti erano stati allentati durante la presidenza di Trump.
Le nuove decisioni di Biden, però, incontreranno sicuramente una forte opposizione degli avversari. Molto dipenderà dall’esito finale per il controllo del Senato di questa tornata elettorale e di quella di mid-term, tra due anni. Se, alla fine dei conteggi in corso, i Repubblicani dovessero mantenere il controllo del Senato, ci saranno da raggiungere dei compromessi, anche e soprattutto sul tema dell’ambiente. Bisognerà, in tal caso, applicare una politica “spezzata”, in attesa dei risultati di metà mandato.
Per capire se Biden potrà, o meno, spingere l’acceleratore sull’agenda climatica dovremo aspettare il 5 gennaio, quando si terranno le elezioni suppletive in Georgia. Non dimentichiamoci, inoltre, che la maggioranza dei membri della Corte Suprema, che si troverà a giudicare eventuali cause contro le sue politiche, è conservatrice. Sono tante, dunque, le sfide che si presentano davanti a ” Spleepy Joe” (come lo definiva Trump), che dovrà dimostrare astuzia e diplomazia.
Rientrare nell’Accordo di Parigi, allineandosi agli obiettivi europei sulle emissioni di gas serra, significa comprendere che la lotta ai cambiamenti climatici è una sfida da affrontare insieme. Biden è consapevole della necessità di una partnership transatlantica con l’UE, che miri ad una cooperazione internazionale e ad iniziative condivise.
Si punta, inoltre, sulla condivisione tecnologica, per ottenere un calo nei costi delle tecnologie rinnovabili. Da citare, inoltre, i sistemi di cattura di CO2, i cui costi sono ancora molto elevati e non portano un ritorno economico alle aziende. Risulta chiaro, dunque, come una politica ambientale comune tra USA ed Europa potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione.
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