Secondo una nuova ricerca condotta dall’agenzia scientifica del governo australiano (Csiro), sul fondo degli oceani potrebbero giacere almeno 14 milioni di tonnellate di plastica. Da questi dati, la quantità di plastica contenuta nei fondali risulterebbe essere trenta volte maggiore rispetto a quella presente in superficie.
L’agenzia scientifica del governo australiano (Csiro) ha condotto, tra marzo e aprile del 2017, un’analisi sui fondali oceanici. La ricerca è stata svolta nella Grande baia australiana, circa 300 km al largo della costa meridionale del paese. I frammenti sono stati prelevati a una profondità compresa tra 1655 e 3016 metri. 51 i campioni analizzati dai ricercatori: ciascun grammo di sedimento, escluso il peso dell’acqua, sembra contenere in media 1,26 frammenti di plastica, di diametro inferiore a 5 mm. Gli scienziati australiani lanciano l’allarme: secondo la direttrice della ricerca Denise Hardesty, la scoperta di microplastiche a profondità così elevate dimostra che “ormai la plastica è ovunque”.
Dall’analisi dei dati ottenuti, e sulla base di ricerche precedenti, gli studiosi hanno stabilito la quantità di plastica presente nel complesso sui fondali marini di tutto il mondo: stiamo parlando di circa 14 milioni di tonnellate. Il dato, che può sembrare enorme, non è molto se paragonato alla quantità di plastica che ogni anno finisce in mare. Secondo la dottoressa Hardesty, queste stime sono importanti per dare alle persone una percezione della portata del problema. La plastica, infatti, si trova in tutta la colonna d’acqua. Secondo la direttrice della ricerca questo dovrebbe farci riflettere “sull’impatto delle nostre abitudini di consumo“. L’effetto dell’uomo risulta ormai evidente anche su quello che viene considerato il luogo più incontaminato del pianeta, il fondale oceanico.
Sono stati condotti diversi studi per capire a fondo il reale impatto della plastica sull’ambiente oceanico. In questo senso, è necessario fare una distinzione tra i tipi di rifiuti plastici che si trovano nei mari:
I rifiuti di dimensione maggiore rappresentano un pericolo per gli animali marini, che possono restarvi intrappolati. Per quanto riguarda invece le microplastiche, esse rappresentano la prima causa di morte per molti animali marini. Infatti, questi frammenti più piccoli possono essere ingeriti da una grande quantità di specie, che le scambiano per cibo. Risulta chiaro che l’inquinamento marino diventa un problema di ognuno: ciò che produciamo e buttiamo, ritorna, più o meno direttamente, a noi. E’ per questo che trovare un modo per frenare l’enorme quantità di plastica che si sta riversando nei nostri mari rappresenta una delle più importanti sfide ambientali del nostro secolo.
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