Articolo a cura di Michele EUGENI
In Italia, il settore idroelettrico ha una storia che parte da fine ‘800, arrivando a soddisfare nel primo dopoguerra oltre il 90% della domanda. Oggi, invece, complice la crescita del fabbisogno energetico e degli impianti termici, fornisce circa il 12% della produzione annuale. Tale decrescita percentuale, è dovuta all’esaurirsi di siti idonei alla realizzazione di grandi impianti.
Con Piccolo idroelettrico, si intendono tutti gli impianti idroelettrici con potenza inferiore ai 3 MW. Lo sviluppo tecnologico ha reso conveniente realizzare centrali di dimensioni contenute. Infatti, esse permettono di utilizzare piccoli salti di fiumi e torrenti per produrre energia pulita. In Italia, vi sono circa 1200 impianti da 1 MW, che contribuiscono alla produzione lorda annua con circa 3000 GWh annui. Questi, hanno caratteristiche costruttive analoghe ai “fratelli maggiori”, ma sono pensati per elaborare portate d’acqua e prevalenze nettamente inferiori. Al netto di ciò, sono utilizzate perlopiù turbine Francis, Kaplan e Cross-flow. Ma, negli ultimi anni, sono state studiate soluzioni più specifiche.
Ne sono un esempio la turbina a coclea e la turbina VLH (Very Low Head), che forniscono potenze inferiori, ma necessitano di opere meno complesse. Avendo organi di distribuzione e diffusione di dimensioni minime, garantiscono ingombri ridotti, tali da poterle installare anche su infrastrutture preesistenti, minimizzando l’impatto ambientale.
La diffusione dello Small Hydro o Piccolo Idroelettrico, in Italia come nel mondo, è stata fortemente incentivata nell’ottica della diminuzione di consumo di combustibili fossili. Oltre a garantire energia pulita da integrare alle altre produzioni, possono essere installati impianti in aree del mondo sprovviste di corrente. Da un punto di vista realizzativo, invece, non possono considerarsi ad impatto zero.
Numerose critiche mosse a tali opere, in quanto la creazione di sbarramenti e canali di derivazione vanno ad alterare il naturale deflusso delle acque. Un’altra problematica riguarda la tutela della fauna fluviale, in quanto gli sbarramenti ostacolano la risalita dei pesci, mentre le pale delle turbine possono arrecargli danni. Indubbiamente, si tratta di fattori di cui tener conto in fase di progettazione, valutabili mediante analisi dell’impatto ambientale. La fauna fluviale, è tutelata mediante reti, dissuasori o turbine fish friendly (come la VLH), caratterizzate da bassa velocità di rotazione.
In generale, si parla di impianti di dimensioni minime, che in Italia sono rigorosamente normati. In generale, la possibilità di produrre energia pulita deve essere perseguita laddove possibile. Costruire impianti di piccole dimensioni, soprattutto laddove la rete elettrica non è sufficientemente estesa, è indubbiamente vantaggioso. Per cui, l’espansione del piccolo idroelettrico, costituisce un piccolo passo in avanti verso la decarbonizzazione, purché sia nel rispetto delle acque e della fauna locale.
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