Si sente spesso parlare di incentivi per le energie rinnovabili. Poca importanza, invece, è data ai meccanismi incentivanti per le energie da fonti fossili o similari. A fine 2019 è stato pubblicato, come ogni anno, il rapporto del Ministero dell’Ambiente. Trattasi di un catalogo in cui sono raccolti i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) e i sussidi ambientalmente favorevoli (SAF).
SAD in inglese vuol dire triste, sarà un caso? Giochi di parole a parte, i SAD raccolgono al loro interno sconti fiscali per il 97% e trasferimenti diretti di denaro per il 3%. Nel particolare – per l’anno 2018 – parliamo di incentivi per un valore di 19.748.440.000 €. In crescita rispetto al 2017 quando erano in totale 19.195.340.000 €. Tuttavia bisogna considerare che il Ministero ha identificato e introdotto nuovi sussidi nel 2018, passando da 161 dell’anno precedente a 171.
Gli FFS (fossil fuel subsidies) erano 16.833 milioni di euro nel 2017. Aumentati a 17.724 milioni di euro nel 2018. In sostanza, 1 miliardo in più di incentivi per le sole fonti fossili.
Gli incentivi dannosi per l’ambiente sono:
Interessante sapere che il 72% dei SAD sono nel settore energia. Andando più a fondo, si scopre che il sussidio più oneroso in assoluto per le casse dello stato è il differenziale di accisa tra benzina e gasolio. Solo nel trasporto auto private, esso incide per circa 5 miliardi di mancato gettito.
I sussidi ambientalmente favorevoli (SAF) sono incentivi che sono aumentati di anno in anno a partire da quando è stato istituito il catalogo su detto, nel 2015. Nel 2017 erano pari a 15.224.650.000 €, raggiungendo nel 2018 il valore di 15.305.640.000 €.
All’interno dei SAF rientrano:
Circa il 78% degli incentivi appena descritti sono nel settore energia. Seguono agricoltura e sconti su IVA.
Non sono classificabili, secondo quanto scritto nel rapporto, circa 8.650 milioni di € di SAI (sussidi ambientalmente incerti) nel 2018. Essi sono incentivi che non fanno diretto riferimento diretto né alle fonti fossili né alle rinnovabili e per questo non rientrano nei SAD o nei SAF.
In ogni caso, in termini assoluti le fonti fossili sembrano avere la meglio. Seppur la coscienza civile sembrerebbe cambiare in direzione di sostenibilità e una nuova rivoluzione energetica, i numeri dicono il contrario. Nel nuovo testo del PNIEC, ad esempio, non si fa riferimento in alcun modo a tagliare o ridurre i SAD.
Recuperando solo il 20% di questi ultimi, si avrebbero a disposizione circa 4 miliardi di euro da reinvestire in politiche di efficienza energetica o in R&D di tecnologie rinnovabili ed efficienti.
C’è veramente bisogno di un cambio di rotta. Seppur la trasparenza del report analizzato sia un buon punto di inizio, non basta.
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