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Una nuova fonte di Energy Harvesting per il futuro: il Wi-Fi

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[bquote by=”Hiroki Isobe” other=”Postdoc presso il Materials Research Laboratory del MIT”]Siamo circondanti da onde elettromagnetiche nel range dei terahertz. Se potessimo convertire e utilizzare la loro energia per la vita di tutti i giorni, questo ci aiuterebbe a superare le sfide energetiche che stiamo affrontando.[/bquote]

Radiazione Terahertz

Una premessa è d’obbligo: secondo il Sistema Internazionale di misura 1 Terahertz (THz) corrisponde a 1012 Hertz. Nel campo delle telecomunicazioni, invece, la radiazione Terahertz, che prende anche il nome di Extremely High Frequency (EHF), indica la parte delle onde radio comprese tra 30 e 300 Gigahertz (GHz). Proprio lo standard Wi-Fi IEEE 802.11ad sfrutta questo tipo di radiazione (60 GHz).

Ad oggi, la radiazione terahertz ambientale è considerata waste energy.

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Energy Harvesting

L’Energy Harvesting, traducibile in italiano con “Racimolare Energia”, è un processo attraverso il quale fonti energetiche comunemente disponibili nell’ambiente sono direttamente trasformate in energia elettrica. I dispositivi di energy harvesting sono in grado di erogare piccole potenze. Il vantaggio è legato al fatto che questa energia è liberamente disponibile nell’ambiente in cui il dispositivo è posto. Degli esempi sono la conversione del moto meccanico in potenziali elettrici tramite dispositivi piezoelettrici oppure le celle fotovoltaiche.

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Energy Harvesting dal Wi-Fi

Un gruppo di fisici e ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha progettato un dispositivo in grado di convertire, in corrente continua, la radiazione Terahertz ambientale.

Il dispositivo sfrutta effetti quantistici e il comportamento atomico del grafene. Combinando il grafene con il nitruro di boro (BN) e utilizzando una radiazione terahertz incidente, gli elettroni del grafene stesso iniziano a “fluire” nella stessa direzione proprio come una corrente continua. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances. Il materiale necessario per sviluppare il dispositivo deve essere libero da irregolarità che possano generare effetti di scattering sugli elettroni. Hiroki Isobe ha identificato proprio nel grafene queste peculiarità.

Il solo grafene però non era sufficiente. Il grafene è un materiale intrinsecamente simmetrico. Tutti gli elettroni sono, infatti, sottoposti alla stessa forza. Una radiazione incidente libererebbe gli elettroni in tutte le direzioni. Si rendeva necessaria una rottura di questa simmetria, in fisica chiamata inversione.

Un precedente lavoro presente in letteratura aveva mostrato come una struttura a nido d’ape di nitruro di boro sbilanciasse le forze tra gli elettroni nel grafene. Gli elettroni più vicini al boro venivano “spinti” mentre gli elettroni vicini all’azoto venivano “tirati”. L’effetto complessivo sulla nube elettronica è detto “skew scattering” e tende ad orientare il moto degli elettroni.

Inoltre è risultato evidente sin da subito che tanto più energetica fosse la radiazione incidente, tanto maggiore sarebbe stato l’output di corrente continua. Il dispositivo avrebbe quindi necessitato di concentratori per le onde.

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Proprio a valle di tutte queste considerazioni, il dispositivo è costituito da un quadrato di grafene al di sotto del quale è posto lo strato di nitruro di boro. Sono presenti due antenne che raccolgono e concentrano la radiazione. Il suo funzionamento è paragonabile a quello di un convertitore AC-DC, infatti il suo nome è quello di “terahertz rectifier” (raddrizzatore terahertz), ma anche a quello di una cella solare.

Prospettive future

Hiroki Isobe immagina un prossimo futuro in cui dispositivi di questa natura possano essere utilizzati per alimentare impianti medicali evitando continui interventi sui pazienti per sostituirne le batterie. Inoltre l’elettronica di consumo potrebbe beneficiare di questi dispositivi per la ricarica di laptop e cellulari.