L’aria irrespirabile causa smog in molte città italiane ha portato diversi comuni (Torino e Roma in primis) alla facile, ma inutile, decisione di chiudere il traffico.
Tuttavia il problema è altrove, così come la soluzione.
Abbiamo affrontato il tema diverse volte su questo sito. Ormai tre anni fa, riproponemmo alcune soluzioni che aveva ideato Legambiente. E, mentre a Torino si fermano anche le Euro 5, al Ministero dell’Ambiente si sta sempre più strutturando il DI Ambiente, o Clima, per il contrasto dei cambiamenti climatici e la promozione dell’economia verde.
Lo smog, oltre a problemi indiretti legati, ad esempio, alla produzione energetica, è assolutamente nocivo per gli esseri viventi. È risaputo e accertato l’andamento proporzionale tra aumento del particolato nell’aria ed incremento dei livelli di mortalità e di degenza ospedaliera. Basti pensare che a Torino ultimamente c’è stato un boom di tosse persistente, allergie, bronchiti, e polmoniti. Soprattutto tra bambini ed anziani.
Quindi la parte più pericolosa del “generale smog”, sono le famigerate PM10 e PM2,5. Particelle con un diametro di – rispettivamente – 10 µm e 2,5 µm. Più piccola è la materia, più è pericolosa per l’uomo poiché può raggiungere più facilmente i nostri polmoni.
Se è vero, come è vero, che il particolato PM10 e PM2,5 non è quantitativamente emesso (in termini di tonnellate/anno) come altri inquinanti: NOX e, soprattutto, NMVOC. È anche vero che, come scritto su, sono proprio i diversi PM il problema più urgente da risolvere.
E se analizzassimo i dati in percentuale, ci accorgeremmo che il trasporto urbano stradale, nel caso specifico del PM10, ammonta “solo” al 25%. Il 60% delle emissioni di PM10 è dovuto, invece, alla combustione non industriale, altrimenti detto riscaldamento.
E allora la soluzione al problema principale non è chiudere il traffico. Seppur – a lungo termine, e con una politica ben precisa – la graduale chiusura del traffico stradale per dare spazio a modalità di trasporto più light, potrebbe rappresentare una valida alternativa; bisogna concentrarsi sulle combustioni delle caldaie, soprattutto quelle più vecchie (non a condensazione per capirci) e quelle funzionanti a biomassa.
E allora la soluzione è censire tutti i sistemi di riscaldamento, e magari installare dei sistemi di gestione e di monitoraggio dei consumi e delle emissioni.
Per Torino la situazione è più controllabile poiché molte aree della città sono teleriscaldate. E le centrali termoelettriche che producono acqua calda surriscaldata sono già monitorate con limiti di emissioni al camino molto molto bassi.
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