L’High Voltage Direct Current, meglio nota come HVDC, è una tecnologia che permette di connettere elettricamente due sistemi per mezzo di corrente continua ad alta tensione. In alcuni casi, l’HVDC risulta più conveniente dei più comuni sistemi ad alta tensione in corrente alternata: cavi sottomarini, collegamenti a lunga distanza, connessioni tra sistemi in cui è necessario garantire maggiore controllabilità e stabilità. Ma quali sono le origini dell’HVDC? La storia iniziò a Gotland, un’isola della Svezia.
L’idea di realizzare una connessione con la terraferma nacque da una necessità economica: l’isola, alimentata da un unico impianto termoelettrico, aveva tariffe elettriche spropositate che stavano portando alla chiusura delle industrie locali e al progressivo abbandono dell’isola. Si pensò quindi di realizzare un collegamento sottomarino in HVDC, una tecnologia fino ad allora utilizzata solo in via sperimentale. Il gruppo ASEA, Allmänna Svenska Elektriska Aktiebolaget, ora parte del gruppo ABB, si occupò di sviluppare una versione commerciale dei componenti e dei dispositivi richiesti dal sistema HVDC.
La prima installazione commerciale HVDC, nota come Gotland 1, risale quindi al 1954. Il cavo sottomarino connetteva l’isola del mar Baltico alla terraferma, coprendo una distanza di circa 96 km, tra Västervik e Ygne. Si trattava di un collegamento da 20 MW a 100 kV con convertitori utilizzanti valvole a vapori di mercurio. Per realizzare questo collegamento, ASEA si occupò della progettazione e dello sviluppo industriale di componenti, sistemi di controllo e conversione fino ad allora quasi sconosciuti. In particolare, il dottor Uno Lamm, responsabile degli studi riguardo i sistemi HVDC in ASEA, si dedicò dello sviluppo dei primi sistemi di conversione a valvole di mercurio. In suo onore, IEEE Power Engineering Society ha istituito il premio Uno Lamm High Voltage Direct Current Award.
Nel 1970 il collegamento fu potenziato fino a 30 MW e 150 kV installando il primo sistema di conversione a tiristori al mondo, esercito in serie a quello già esistente. Nel 1983 venne posato Gotland 2, un nuovo cavo sottomarino da 150 kV, 130 MW di capacità e con un sistema di conversione con valvole a tiristori, che lavorava in parallelo a Gotland 1. Questa nuova infrastruttura permise di coprire interamente il fabbisogno elettrico dell’isola, portando allo spegnimento dell’unico impianto termoelettrico, mantenuto solo come back-up. Infine, nel 1985 nacque Gotland 3 che andava a formare un sistema bipolare con Gotland 2. La capacità totale del collegamento raggiunse così i 260 MW nominali e 320 MW massimi. Gotland 1 venne smantellato nel 1986.
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