Materie prime critiche: cosa sono e da dove si possono recuperare
Le materie prime critiche sono materiali fondamentali per lo sviluppo economico e tecnologico. Esse però rappresentano un punto critico in Europa per quanto riguarda l’approvvigionamento. Per questo è importante che l’uso delle risorse sia considerato in un’ottica di economia circolare. Cresce sempre di più l’idea di ricavare materie prime critiche dai rifiuti. Ma ci sono altre interessanti innovazioni. Una soluzione recente per il recupero circolare delle risorse è lo studio proposto dai ricercatori dell’Ohio State University, pubblicato sulla rivista Environmental Engineering Science.
Cosa sono le materie prime critiche
Le materie prime critiche sono definite dall’Unione Europea come tutti quei minerali e terre rare fondamentali per le applicazioni industriali ma di cui il nostro continente è privo. In Europa ci sono pochissime miniere da cui estrarre questi materiali così importanti, che devono essere perciò importati dai paesi extraeuropei. Secondo l’ultimo aggiornamento della Commissione Europea, che risale al 2020, l’elenco delle materie prime critiche comprende trenta materiali. Tra questi troviamo il cobalto, il magnesio, il fosforo, il litio, il tungsteno, il titanio e la bauxite. Le materie prime critiche, oltre a essere utilizzate in tutti i settori industriali, sono fondamentali per il progresso tecnologico. Basta pensare che i nostri smartphone contengono circa cinquanta diversi tipi di metalli, tra cui quelli critici. Molte tecnologie che utilizzano materie prime critiche sono quelle green, per esempio i pannelli solari, le turbine eoliche e i veicoli elettrici.
Il problema della fornitura delle materie prime critiche
L’Unione Europea dipende dai mercati internazionali per l’approvvigionamento delle materie prime critiche, perché queste sono prodotte da paesi terzi. La produzione interna all’Unione Europea è soprattutto quella di afnio, ma per la maggior parte dei casi l’Europa ricorre all’importazione. Tuttavia, l’importazione è associata a un forte rischio legato soprattutto a situazioni instabili dal punto di vista geopolitico. Il rischio della fornitura dipende dal fatto che la produzione sia concentrata in pochi paesi e dalla forte dipendenza europea per le importazioni delle materie prime critiche. Inoltre, spesso i materiali vengono importati dai paesi sottosviluppati, con gravi problemi di sfruttamento umano e di tutela dei diritti. Questo ha portato l’Europa a interrogarsi sull’approvvigionamento e cercare altre strade anche per motivazioni etiche. I principali paesi fornitori sono:
- Cina, che fornisce il 98% delle terre rare;
- Turchia, che fornisce il 98% dei borati;
- Sudafrica, che fornisce il 71% del platino e percentuali maggiori di iridio, rodio e rutenio;
- Cile, che fornisce il 78% del litio.
Altri materiali, come afnio e stronzio, vengono forniti da singole aziende.
La strategia europea per le materie prime critiche
La strategia europea del 2020 per le materie prime critiche si pone l’obiettivo di garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile. Il Piano d’Azione europeo esamina le sfide attuali e propone azioni per ridurre la dipendenza da paesi terzi. Per farlo, occorre diversificare l’approvvigionamento da fonti primarie e secondarie, migliorare l’efficienza delle risorse e la circolarità e promuovere un approvvigionamento responsabile a livello mondiale. L’Europa quindi sostiene e incentiva il recupero di materiali da risorse secondarie, ovvero da rifiuti. Invece che estrarre materiali vergini dalle miniere, possiamo ricavarli dai rifiuti che vengono riciclati, con conseguenti risparmi anche sulle operazioni di smaltimento e conferimento in discarica.
Il recupero di materiali da rifiuti
Un rifiuto è una vera e propria “miniera” di materiali, che possono essere recuperati e riutilizzati in fase di riciclo. L’Unione Europea è all’avanguardia nel settore dell’economia circolare e ha già incrementato l’uso delle materie prime secondarie. Ad esempio, oltre il 50% di alcuni metalli come il ferro, lo zinco o il platino viene riciclato, coprendo oltre il 25% del consumo europeo. Nel caso di altre materie prime la produzione secondaria rappresenta soltanto un contributo marginale. Si tratta soprattutto delle materie prime critiche come le terre rare, il gallio o l’indio, che sono impiegate nelle tecnologie per le energie rinnovabili o in applicazioni altamente tecnologiche. Il mancato recupero costituisce un’enorme perdita di valore potenziale per l’economia dell’UE e un danno per l’ambiente e il clima.
Il problema ambientale
Il pianeta Terra ha sempre più bisogno di risorse. Ci troviamo di fronte a due gravi minacce ambientali, che sono da un lato i cambiamenti climatici e dall’altro il crescente consumo di risorse, che perciò tendono ad esaurirsi a causa dell’eccessivo sfruttamento. Si stima che nel 2030 l’Europa avrà bisogno 18 volte in più di litio e 5 volte in più di cobalto per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia. Questa richiesta aumenterà fino a 60 volte per il litio e fino a 15 volte per il cobalto nel 2050. La continua esigenza di risorse ha un impatto molto forte sul pianeta, ed è causa della metà delle emissioni di gas serra e del 90% della perdita di biodiversità. Per questo è fondamentale approvvigionarsi di questi materiali attraverso i rifiuti anziché attraverso l’attività estrattiva. E questo non solo dal punto di vista dell’impatto ambientale, ma anche per un vantaggio economico. I rifiuti elettrici ed elettronici sono “miniere” molto più ricche di materiali preziosi rispetto alla stessa quantità di roccia.
Il drenaggio acido delle miniere
I ricercatori dell’Ohio State University di recente hanno individuato una nuova soluzione per recuperare materie prime critiche dal drenaggio acido delle miniere. Il drenaggio acido è un processo naturale che è dovuto a un’evoluzione geologica dei solfuri per effetto dell’esposizione agli agenti atmosferici. Ma questa operazione è sfruttata anche dall’uomo a causa dell’interesse economico per le risorse metalliche, come lo zinco, il piombo, il rame, l’oro o l’argento. Le miniere, per contatto con le acque meteoriche o le acque sotterranee, tendono a contaminare con i propri materiali le acque. Le attività estrattive non fanno altro che facilitare questo processo di contaminazione, favorendo i dissesti idrogeologici. L’acqua si infiltra nelle rocce e reagisce con i solfuri, formando fanghi tossici e acidi. Questi liquidi che appunto drenano attraverso le rocce provocano la contaminazione dell’ambiente e degli ecosistemi.
Il recupero circolare dal drenaggio acido
Poiché le acque di drenaggio sono contaminate, devono passare in una fase di depurazione. L’idea dei ricercatori quindi è di sfruttare il processo di depurazione per recuperare, mediante estrazione e precipitazione, tutti quei materiali che sono le materie prime critiche. Il team dell’Ohio State University ha ideato un sistema chiamato TEP (trap extract precipitate) che tratta le acque di drenaggio con sottoprodotti industriali alcalini, che sono uno scarto di centrali a carbone o del trattamento dei fanghi di depurazione. Non sono necessarie altre sostanze ma vengono utilizzati solo gli scarti da altre lavorazioni. Il sistema risulta quindi a tutti gli effetti circolare e adatto per il recupero di materie prime critiche come il neodimio, il terbio e l’europio.