Centrale ibrida: come unire idroelettrico e fotovoltaico galleggiante
Una ricerca del National Renewable Energy Laboratory (NREL) stima che combinare centrali fotovoltaiche galleggianti (FPV) a centrali idroelettriche già esistenti potrebbe generare fino a 10,616 TWh all’anno. I ricercatori hanno individuato 379,068 bacini di acqua potenzialmente adatti ad ospitare sistemi ibridi FPV-idroelettrici. Nonostante sia una tecnologia promettente, per adesso esiste una sola centrale ibrida di questo tipo, e si trova in Portogallo.
I vantaggi della centrale ibrida fotovoltaica idroelettrica
Abbiamo già parlato delle centrali fotovoltaiche galleggianti autonome (FPV), come quella nel Lac des Toules. Rispetto a queste, i sistemi ibridi FPV-idroelettrici presentano diversi vantaggi. Le due tecnologie coinvolte, solare e idroelettrico, avendo i picchi di produzione in stagioni opposte, sono infatti complementari.
La variabilità e l’intermittenza della produzione dei pannelli solari possono essere compensate dalla centrale idroelettrica. Il surplus energetico prodotto durante la stagione estiva può invece essere utilizzato per l’accumulo dell’acqua nel bacino idrico. Questo rende il sistema ibrido un generatore di energia stabile, che permette di ridurre il cosiddetto curtailment dei pannelli solari. Di conseguenza, il netto dell’energia generata dal sistema ibrido è più alto di quello dei sistemi considerati singolarmente.
Benefici indiretti e abbattimento dei costi
La combinazione di fotovoltaico e idroelettrico offre, inoltre, altri vantaggi, in aggiunta a quelli diretti del bilanciamento delle due fonti di energia. Un sistema ibrido significa infatti collegare FPV alle infrastrutture già esistenti di una centrale idroelettrica. Non c‘è quindi bisogno di costruire ulteriori sottostazioni o di eccessivi ampliamenti del sistema di trasmissione. Questo si traduce in un drastico abbattimento dei costi.
Installare pannelli solari galleggianti permette di sfruttare superfici altrimenti inutilizzate, sviando ai limiti e alle restrizioni dell’uso del suolo. Un impianto fotovoltaico sulla superficie di un bacino idroelettrico aiuta poi a ridurre la produzione di alghe e l‘evaporazione dell‘acqua.
Centrale ibrida: progetto pilota in Portogallo
Energias de Portugal (EDP) ha iniziato un progetto pilota nel 2016 a Montalegre, nel nord del Portogallo. Questo impianto è composto da 840 pannelli fotovoltaici che si estendono su un‘area di 2500 m², e genera annualmente 300 MWh. La centrale si trova sulla diga dell‘ Alto Rabagão, un bacino idroelettrico scelto per la grandezza e le condizioni climatiche estreme. Questo ha permesso di testare la tecnologia die sistemi ibridi nelle circostanze tecnicamente più impegnative.
I test, conclusi nel 2017, sono stati un successo. La centrale fotovoltaica sull‘Alto Rabagão ha resistito a neve, onde e variazioni del livello di superficie dell’acqua di 30 metri. Durante il suo primo anno di attività, l’impianto ha generato il 5% in più di quanto stimato.
Il progetto della EDP dimostra come centrali idroelettriche già esistenti possono essere aggiornate e ottimizzate installando pannelli fotovoltaici galleggianti.
Il potenziale della centrale ibrida fotovoltaica idroelettrica
Considerando un utilizzo della superficie dei bacini dall‘8% al 20%, i ricercatori dell’NREL stimano una potenziale generazione annua da 4,251 TWh a 10,616 TWh. Queste stime rappresentano rispettivamente il 16% e il 40% del consumo di energia elettrica globale nel 2018 [Dati da International Energy Agency (IEA), 2019].
Questi sono tuttavia dati molto ottimistici. Essi sono una stima che tiene conto solamente dei limiti dati dalla disponibilità di bacini idrici. Non rappresentano infatti ciò che potrebbe essere in realtà fattibile economicamente e non tengono conto di altre possibili difficoltà tecniche.
Nonostante questo, quella delle centrali ibride rimane una tecnologia promettente. Tuttavia, causa della mancanza di dati consolidati su questi sistemi ibridi fotovoltaici-idroelettrici, non ci sono ancora ampi investimenti in questo settore.
Articolo a cura di Anita PAZZAGLIA