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Volevo chiamarlo Leonardo ma me l’hanno impedito | Anagrafe, ufficiale il nuovo divieto: addio bambini con questo nome

Illustrazione di alcune lettere (Pixabay FOTO) - www.energycue.it

Illustrazione di alcune lettere (Pixabay FOTO) - www.energycue.it

Dare i nomi ai propri figli è importantissimo, ma alcune volte non è possibile dare il nome desiderato. Esistono delle regole!

L’anagrafe è il registro dove vengono raccolti tutti i dati anagrafici delle persone: nome, cognome, data di nascita, residenza, e così via. È come una grande rubrica dello Stato che serve a sapere chi vive dove e a tenere in ordine le informazioni di tutti.

Quando nasce un bambino, i genitori scelgono il nome e lo comunicano all’ufficiale di stato civile. Si possono dare fino a tre nomi, e si può decidere se separarli con la virgola oppure no. Se c’è la virgola, solo il primo nome finisce nei documenti ufficiali. Se invece non c’è, tutti i nomi verranno considerati parte del nome completo.

Ovviamente ci sono delle regole da rispettare. Sono regole ferree che vanno rispettate, e le motivazioni possono essere davvero molte. Insomma, bisogna stare attenti!

Se una persona vuole cambiare il proprio nome, deve fare richiesta alla Prefettura, spiegare il motivo, e aspettare l’autorizzazione. Se viene concessa, il nuovo nome diventa ufficiale e compare in tutti i documenti.

Di nomi, scelte e qualche grattacapo

Succede che una coppia va all’anagrafe con il sorriso stampato in faccia, pronta a registrare il proprio bambino appena nato. Hanno già il nome: si chiamerà Leonardo, come il nonno, o magari come il fratello maggiore, che ha appena imparato a dire “papà”… ma no, ecco che l’ufficiale dello stato civile li ferma. “Spiacente, non si può fare.” Ma come?! È proprio lì che nasce il corto circuito tra affetto e burocrazia.

E allora ti chiedi: ma com’è possibile che non si possa scegliere liberamente il nome del proprio figlio? Cioè, finché uno non vuole chiamarlo tipo “Asso di Bastoni” o “Topolino”, che fastidio dà? Ma la legge, in effetti, ha i suoi perché. Alcuni anche sensati. Altri… un po’ più rigidi. Però c’è da dire che certe limitazioni hanno un lato protettivo, e magari a pensarci bene ci evitano futuri traumi da nome imbarazzante in classe.

Illustrazione di una famiglia al tramonto (Pixabay FOTO) - www.energycue.it
Illustrazione di una famiglia al tramonto (Pixabay FOTO) – www.energycue.it

Ciò che è vietato

Secondo l’articolo 34 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, ci sono regole ben precise su come NON si può chiamare un bambino. Ad esempio? Non puoi dargli lo stesso nome del padre vivente, o di un fratello o sorella che siano ancora in vita. Quindi no a “Leonardo Jr.”, almeno non nel senso stretto italiano. E no, nemmeno se ti sembra un omaggio carino. La logica è evitare confusioni nei documenti o nelle comunicazioni ufficiali… 

Per i nomi stranieri, invece, c’è più flessibilità, ma con una regola di base: devono essere scritti usando le lettere dell’alfabeto italiano. Ok anche alle lettere come J, K, W, X, Y, che tecnicamente non sono “italianissime”, ma ormai sono entrate nell’uso comune. Se poi il nome originale ha dei segni particolari, si può provare a mantenerli, ma solo se leggibili e gestibili dai registri.