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Baby-pensioni bentornate: ma stavolta sono ancora migliori | Servono solo 5 anni di contributi

Pensioni

Pensioni ancora più convenienti (Canva-Freepik foto) - www.energycue.it

Ecco il ritorno delle “baby-pensioni”. Specificati ulteriori requisiti per poter accedere a tali prestazioni. Come funzionerà?

Con il termine “baby-pensioni” si fa riferimento ad una possibilità di pensionamento anticipato volto a garantire l’opportunità a determinate categorie di lavoratori di raggiungere l’età pensionabile in largo anticipo.

Questa misura è stata introdotta a partire dal 1973 con la Legge n.177/1973 e stabiliva, inizialmente, che fossero sufficienti 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio nell’ambito della Pubblica Amministrazione per poter usufruire del diritto alla pensione.

Nei decenni a venire, precisamente a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, il sistema subì una totale e drastica revisione che comportò, di fatto, la soppressione delle baby pensioni.

Tuttavia, i soggetti che avevano già maturato i requisiti necessari antecedentemente rispetto all’ufficializzazione delle riforme in merito, continua ancora oggi a ricevere tale agevolazione, senza che la stessa risulti essere minimamente mutata.

I requisiti fondamentali

Per accedere alla pensione c’è bisogno di soddisfare un preciso requisito: la necessità di rispettare la soglia minima di contributi, correntemente fissata a 5 anni. Eppure, al fine di ottenere questo trattamento previdenziale, viene esteso unicamente ai lavoratori che in gergo vengono definiti “contributivi puri“; vale a dire tutti coloro i quali hanno iniziato il proprio lavoro in una data successiva rispetto al 1° Gennaio 1996, o che, in alternativa, hanno deciso di versare i contributi alla Gestione Separata. E per tutti i soggetti che non rientrano in questa specifica categoria, l’accesso alla pensione potrà avvenire con almeno 20 anni di contributi versati alle spalle.

E la situazione si complica ulteriormente per chi non riesce nemmeno a raggiungere il minimo previsto, con i contributi versati che non vengono riconosciuti, anzi, risultano essere perduti definitivamente, senza possibilità che gli stessi vengano recuperati. Per riassumere in modo lineare quelle che sono le disposizioni relative alla pensione contributiva di vecchiaia, è fondamentale specificare che si tratta di una soluzione valida esclusivamente per chi è stato capace di accumulare un numero limitato di anni e contributi, non corrispondenti ai requisiti indicati, invece, per il raggiungimento della pensione di vecchiaia. E’ altresì importante fare chiarezza sul fatto che l’importo di tale assegno pensionistico, ossia quello destinato a chi versa unicamente 5 anni di contributi, risulterà sensibilmente ribassato.

Pensione contributiva
Pensione contributiva (Depositphotos foto) – www.energycue.it

L’aspetto economico

A pesare nel computo totale dei requisiti c’è anche un elemento strettamente correlato all’aspetto economico: l’assegno di pensione deve, infatti, risultare essere pari o superiore a 538,68 euro al mese, vale a dire 7.002,84 euro l’anno. A modificare tale condizione è la Legge di Bilancio 2024, che ha ridotto il requisito minimo da 1,5 volte rispetto all’assegno sociale.

Per arrivare a raggiungere una pensione che si attesti sui 7.000 euro annui sarà, tuttavia, necessario fornire un montante pari a circa 124.000 euro, al termine di due decenni di lavoro. Parliamo di 18.900 euro all’anno, in media, pari a circa 1.455 euro lordi mensilmente percepiti. E per coloro che non riescono a soddisfare tale requisito? Bisognerà attendere un coefficiente di trasformazione più favorevole, la cui ipotesi di manifestazione nel corso degli anni a venire non è del tutto improbabile, oppure aspettare di raggiungere l’età minima per l’ottenimento della pensione contributiva, vale a dire 71 anni.