Le microplastiche riducono la fotosintesi fino al 12%: rischio per agricoltura e oceani

Microplastiche (Depositphotos foto) - www.energycue.it
Le microplastiche, sempre più diffuse nell’ambiente, riducono l’efficienza della fotosintesi fino al 12%, con molteplici conseguenze.
Ormai le microplastiche sono dappertutto. Minuscoli frammenti di plastica si insinuano nell’aria, nel suolo, negli alimenti che mangiamo e persino nell’acqua che beviamo ogni giorno. Gli scienziati ne trovano ovunque vadano: nei ghiacci dell’Antartide, nei fondali oceanici e perfino dentro il cervello umano. Non si tratta più solo di un problema di rifiuti visibili, ma di una minaccia invisibile e onnipresente che potrebbe avere effetti molto più gravi di quanto immaginiamo.
Fino a poco tempo fa, l’attenzione era puntata sugli effetti delle microplastiche sugli animali, specialmente quelli marini. Ma ora i ricercatori hanno iniziato a studiare il loro impatto sulle piante, e quello che stanno scoprendo non è affatto rassicurante. Le piante non sono solo la base della catena alimentare, ma sono anche essenziali per il ciclo del carbonio e la produzione di ossigeno. Se la loro salute è minacciata, le conseguenze potrebbero ripercuotersi su tutto l’ecosistema.
La fotosintesi, il processo con cui le piante assorbono CO₂ e la trasformano in energia, è un pilastro della vita sulla Terra. Senza questo meccanismo, non avremmo né ossigeno da respirare né cibo da mangiare. Ma se qualcosa interferisse con la fotosintesi? Se la plastica che si sta accumulando nel nostro ambiente stesse già influenzando questa funzione vitale? Gli esperti temono proprio questo.
L’idea che le microplastiche possano ridurre l’efficienza delle piante nel convertire l’energia solare in nutrimento sta prendendo sempre più piede. Alcuni studi preliminari avevano già suggerito una possibile interferenza, ma solo di recente è stato quantificato l’impatto reale di queste particelle microscopiche sulla fotosintesi. I risultati? Non proprio incoraggianti.
Le microplastiche bloccano la fotosintesi
Una ricerca pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences USA ha dimostrato che le microplastiche possono ridurre la fotosintesi fino al 12%. Ma non è tutto. A seconda del tipo di pianta e dell’ambiente in cui cresce, il calo dell’efficienza fotosintetica può variare parecchio: nelle colture terrestri, si va dal 6% al 18%, nelle piante marine come le alghe si oscilla tra il 2% e il 12%, mentre le alghe d’acqua dolce vedono una riduzione tra il 4% e il 14%. Insomma, un problema diffuso e non limitato a un solo ecosistema.
E qui arriviamo a un punto critico: se la fotosintesi rallenta, anche la produzione alimentare ne risente. Secondo gli scienziati, se la contaminazione da microplastiche continuerà a crescere ai ritmi attuali, nei prossimi 25 anni le rese agricole di colture fondamentali come grano, riso e mais potrebbero subire un calo compreso tra il 4% e il 13,5%. E non è solo un problema terrestre: la produzione di pesce e frutti di mare potrebbe diminuire del 7%, perché meno alghe significa meno cibo per tutta la catena alimentare marina.

Un problema per il clima e l’economia globale
Ma non si tratta solo di cibo. La fotosintesi è anche uno dei meccanismi naturali più importanti per assorbire anidride carbonica dall’atmosfera. Molti modelli climatici si basano sull’idea che le piante continueranno a sequestrare CO₂ allo stesso ritmo per i prossimi decenni. Ma se l’efficienza fotosintetica cala, meno carbonio viene assorbito, rendendo ancora più difficile contenere il riscaldamento globale. Foreste, alghe e piante terrestri potrebbero non essere più in grado di bilanciare le emissioni umane come si pensava.
Di fronte a questa minaccia, gli esperti chiedono azioni concrete per ridurre la presenza di microplastiche nell’ambiente. Secondo i ricercatori, eliminare anche solo il 13% delle particelle già presenti potrebbe diminuire la perdita di fotosintesi del 30%. Ma il problema è che, nonostante anni di negoziati internazionali, non esiste ancora un accordo globale efficace per affrontare la questione. Se si continua a rimandare, nei prossimi decenni le microplastiche diventeranno ancora più pervasive, causando danni irreversibili agli ecosistemi e alla nostra stessa sopravvivenza.