Tassa sui rifiuti, era ora che l’abolissero | Finalmente ce l’hanno fatta: una volta tanto una bella notizia

Bidoni della spazzatura (Freepik foto) - www.energycue.it
Un cambiamento radicale nell’ambito della gestione dei rifiuti. La tassa sarà soggetta ad una progressiva abolizione?
La tradizionale Tassa sui Rifiuti, che tutti i contribuenti possedenti un immobile o una proprietà potenzialmente in grado di generare rifiuti sono obbligati a pagare, è nota come TARI.
Rappresenta uno dei contributi di fondamentale importanza a livello comunale, il cui versamento dovrà essere necessariamente soddisfatto per continuare ad usufruire di tale servizio.
Il pagamento, infatti, permette ai contribuenti di beneficiare della prestazione di raccolta dei rifiuti, erogato ed esposto proprio su base comunale, in riferimento all’ente locale di riferimento.
Il calcolo della Tassa che dovrà poi essere liquidata si basa sui metri quadri di superficie dell’immobile in questione e il numero di abitanti che lo stesso ospita.
La fine di un’era?
La TARI è stata soggetta ad una drastica rivoluzione, che ha comportato, di fatto, la sua progressiva sostituzione. Ad entrare in gioco al posto della tradizionale Tassa sui Rifiuti è stata, infatti, la TARIP, che pone immediatamente come punti fermi del suo sviluppo la volontà di promuovere un comportamento più responsabilmente ecologico nei consumatori, modificando anche il modo in cui i rifiuti vengono gestiti e smaltiti. Allo stato attuale sono ben 1.117 i Comuni dello Stivale che hanno adottato il regime TARIP in sostituzione della TARI: per quantificarlo in termini meramente numerici, sono esattamente 8.145.205 gli abitanti che sfruttano tale disposizione per lo smaltimento dei rifiuti prodotti.
Parliamo del 14,1% dei Comuni e del 13,8% della cittadinanza complessiva del Paese. Ponendo un focus sulla corrente distribuzione della TARIP in Italia, salta immediatamente all’occhio che tale regime risulti nettamente più diffuso tra gli enti locali dell’area settentrionale della Penisola, mentre il sud e le isole restano ancora legate alla tradizionale tassa, considerando che tra Puglia, Sardegna e Sicilia sono soltanto 5 su 1.117 i Comuni che hanno adottato la nuova TARIP. Ma se è vero che la funzionalità terminale tra le due modalità è la medesima, quali sono le sostanziali variazioni dell’innovativa misura, rispetto alla canonica più diffusa?

Cosa cambia rispetto al sistema tradizionale?
Sappiamo già che il calcolo della TARI prende in riferimento delle specifiche caratteristiche dell’immobile, riguardanti l’espansione della sua superficie e il numero di persone che li vivono. La TARIP varia totalmente sotto questo aspetto, venendo calcolata esclusivamente in base al quantitativo, misurato sottoforma di peso o volume, di rifiuti che vengono prodotti da un determinato nucleo famigliare. Si tratta, fondamentalmente, dell’applicazione del concetto “Pay As You Throw“, che premia chi produce meno rifiuti, inducendo al pagamento di una cifra al rialzo chi, al contrario, ne smaltisce un quantitativo maggiorato.
Nel calcolo della TARIP bisogna proseguire prendendo in considerazione sia una quota fissa, che esattamente come nel caso della TARI si fonda sulla superficie in metri quadri dell’immobile di riferimento, sia una quota variabile, che dipende unicamente dal numero di svuotamenti che vengono annualmente compiuti dai contribuenti. A ciascun soggetto viene concesso, infatti, un determinato limite di svuotamenti che possono essere compiuti, e quando questo numero viene superato, si è chiamati a versare un sovrapprezzo aggiuntivo. Per la verifica degli scaricamenti compiuti viene utilizzato un chip presente su ciascun contenitore, in modo da calcolare con precisione l’importo che dovrà essere pagato. L’adozione della TARIP rappresenta un sistema profondamente benefico in termini di riciclo, garantendo una maggiorata sostenibilità ambientale e un disincentivo alla massiccia produzione di rifiuti.