Una tendenza nata oltreoceano che si sta rapidamente moltiplicando in tutto il mondo. Chi sono le organizzazioni negazioniste dei cambiamenti climatici?
Alla problematica relativa al cambiamento climatico e ai movimenti che sostengono la necessità di muoversi concretamente in qualità di collettività mondiale per tentare di invertire la direzione, si contrappone una fitta rete costituita da organizzazioni non profit, aziende e ‘think tank’ – così vengono definiti gruppi avversi alle principali forze politiche – che tentano di ostacolare le iniziative di milioni di persone, portando alta la bandiera del negazionismo in tema di cambiamenti climatici.
Si tratta di veri e propri movimenti il cui scopo prevalente è il tentativo di sminuire e screditare l’effettivo avvenimento di episodi metereologici estremi, estinzioni di massa di specie di esseri viventi e altri fenomeni strettamente conseguenti ai cambiamenti climatici, in modo da generare confusione e far, di fatto, sfumare le iniziative degli attivisti pro-clima e non solo.
E stiamo parlando di un fenomeno che ha subito una crescita incontrollabile nel corso delle ultime stagioni, proprio in concomitanza dell’espansione nel dibattito pubblico degli argomenti correlati climate change, che sono, inevitabilmente, pervasi fino alle più prestigiose aule della politica. Alle lamentele e all’attivismo dei singoli cittadini, alle iniziative e misure adottate dai vari Stati, queste organizzazioni rispondono attraverso l’estensione della propria attività di contrasto, originatasi negli USA, ma che sta rapidamente coinvolgendo tutti i continenti globali, come rivelato da un report condotto dalla rivista scientifica Plos One.
In particolare, le attività di antitesi hanno probabilità maggiore di svilupparsi negli Stati del mondo che rivolgono maggiore attenzione, attraverso incentivi, leggi e manifestazioni, alla protezione dell’ambiente naturale e alla riduzione dell’inquinamento. La tendenza, come anticipato, ha trovato il suo picco di massima diffusione proprio negli anni più recenti, ma è da quando il cambiamento climatico, causato dalla mano dell’uomo, è stato scientificamente dimostrato che una fetta della popolazione globale ha assunto una posizione profondamente negazionista.
Come già accade in svariati ambiti, l’interesse economico e personale dei soggetti implicati nell’opera di contrasto è sicuramente uno degli elementi fondanti alla base della stessa. La motivazione primaria che spingeva queste persone ad agire in una determinata maniera si è evoluta in qualcosa di più complesso; si tratta di una vera e propria guerra culturale contro le posizioni dei governi, assumendo, dunque, connotati politici, che affossa le sue radici in sentimenti anti-scientifici. E non è un caso che il modello statunitense sia stato imitato in diverse latitudini del nostro pianeta, a partire dalla Svezia, che pur si distingue nel panorama europeo come uno degli Stati che ha mosso più passi nell’ambito, per esempio, delle fonti energetiche rinnovabili e della decarbonizzazione del sistema produttivo statale.
Ad alimentare il sentimento negazionista e da antagonista dei gruppi anti-clima, sono stati anche i trattati unilaterali internazionali relativi proprio alla medesima materia, su tutti il Protocollo di Kyoto, datato 1997, e l’Accordo di Parigi, sottoscritto nel 2016, da cui, tra l’altro, il neoeletto presidente statunitense Donald Trump ha già dichiarato di voler uscire; sarà un caso che la maggior parte delle associazioni che negano gli effetti del cambiamento climatico si concentrino proprio negli States? Fatto sta che l’interesse crescente dei governi e delle istituzioni statali in merito alle tematiche legate al clima, ormai definita come una delle principali priorità tra i problemi sociali, ha contribuito, secondo le posizioni dei negazionisti, a creare pressioni maggiori alle organizzazioni, alle aziende produttrice e ai cittadini degli stessi Paesi affinché gli stessi operassero in modo più responsabile nei confronti del pianeta.
All’espressione delle autorità statali, anche nel panorama internazionale, si contrappongono in maniera determinante proprio i gruppi di opposizione, che sfruttano i dibattiti che avvengono nella sfera pubblica per sviluppare discorsi che si fondano su una serie di obiettivi e che tentano di dimostrare al mondo intero come i discorsi correlati al climate change figurino come mero allarmismo. Inoltre, c’è da considerare che molti dei gruppi o dei singoli cittadini che si muovono unitamente verso la medesima direzione, provengono da settori che hanno particolare premura nel proteggere i propri interessi dalle direttive pro-clima che spesso comportano, ad esempio, limitazioni nell’attività di un’azienda o mutamenti nel processo di produzione.
E’ il caso degli appartenenti all’ambito industriale, mossi unicamente da motivazioni economiche, al fine di impedire un danneggiamento o una riduzione nell’operato dell’industria del petrolio, dei combustibili fossili – come il carbone – o dei gas, elementi interpretati come causa prevalente dell’effetto serra e, conseguentemente, dei disordini climatici. L’attivismo che viene sostenuto dalla maggior parte dei cittadini, nonché dai governi e dalle forze politiche, risulta essere interpretato come una vera e propria minaccia da parte dei gruppi negazionisti, che tentano di muoversi per un obiettivo comune mediante un’identità di organizzazione condivisa: mandare in fumo i progetti volti ad impedire il verificarsi di danni maggiorati correlati ai cambiamenti climatici su scala globale.
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