2024, un triste primato: mai così tanta CO2 nell’atmosfera
Il 2024 ha visto il raggiungimento di un record profondamente negativo. La transizione ecologica è ora a rischio?
L’Osservatorio hawaiano di Mauna Loa ha restituito dati fortemente preoccupanti per via della loro negatività relativi alle emissioni inquinanti prodotte nell’anno 2024. Con un aumento di 3,58 parti per milione, l’anno da poco concluso si è aggiudicato il poco gratificante primato di annata caratterizzata dal maggior numero di quantitativo di CO2 nell’atmosfera.
La notizia è stata resa pubblica dalla rivista NewScientist, che ha spiegato come l’aumento sia dovuto sia alle emissioni dirette, generate dallo sfruttamento dei fossili – e di conseguenza della loro combustione -, sia ad ulteriori azioni prodotte in prima persona dall’uomo, che hanno causato disagi significativamente considerevoli in svariate aree del globo.
Basti pensare che nel corso del 2024 un picco negativo è stato raggiunto anche dal numero di foreste abbattute, oltre che fenomeni generati secondariamente dalla mano umana ma strettamente correlati al cambiamento climatico, come nel caso degli incendi boschivi e delle temperature che hanno segnato aumenti record.
E le previsioni per gli anni futuri non appaiono di certo meno drastiche. Si stima che i livelli di CO2 presenti nell’atmosfera possano aumentare di 2,26 ppm; nonostante rappresenti un dato inferiore rispetto a quello registrato lo scorso anno, rappresenta una fondamentale influenza in termini di aumento climatico.
Come la CO2 influisce sul clima
A spiegarlo è Richard Betts del Met Office, servizio meteorologico britannico, che ha espresso come il raggiungimento del livello sopracitato di emissioni di CO2 presenti nell’atmosfera possa contribuire all’aumento della temperatura superficiale del globo di addirittura 1,5°C in più. Non a caso, il livello di anidride carbonico diffuso rappresenta il fattore direttamente correlato al riscaldamento sul lungo termine, ma anche nell’imminente futuro.
Il CAMS (Copernicus Atmosphere Monitoring Service), rappresentato dalla figura di Richard Engelen ha spiegato come l’ausilio dell’Osservatorio di Mauna Loa si sia rivelato particolarmente utile per le rilevazioni in quanto situato in un punto distante rispetto alle principale aree di emissione, non venendo direttamente ‘intossicata’ dall’anidride carbonica.
La situazione di Mauna Loa
Lo stesso CAMS ha evidenziato come, rispetto al 2023, si sia registrato un aumento di circa 2,9 ppm, consegnando il risultato alla storia negativa, in quanto figurante nella lista delle annate caratterizzate da un maggior numero di emissioni da quando è iniziata l’era delle osservazioni satellitari per monitorare l’atmosfera. E se prendiamo in considerazione il fatto che, come dicevamo prima, Mauna Loa si situa in un luogo non esattamente prossimo ai principali pozzi emissivi, il risultato che attesta come in quest’area il livello di CO2 presente nell’atmosfera sia superiore rispetto alla media globale, il tutto assume una prospettiva ancora più tremenda.
Il motivo è da ricercarsi, in particolare, dall’elevato numero di incendi che ha coinvolto l’emisfero settentrionale; le colonne di anidride carbonica generate da questi fenomeni impiegano diverso tempo – spiega Richard Betts – per espandersi uniformemente in tutta l’atmosfera. Ed ecco spiegato il motivo che consegna all’Osservatorio hawaiano il primato come area in cui si registra la prevalenza di concentrazione di agenti inquinanti rispetto al resto del mondo.