Pensioni, l’età minima cresce ancora | Bisogna lavorare fino a 71 anni: ecco chi sono i sfortunati
L’età minima cresce ancora, e la pensione sembra quasi un miraggio. Sarà davvero possibile lavorare fino a 71 anni?
In Europa, ogni paese decide l’età minima per andare in pensione in base al proprio sistema previdenziale e alle esigenze economiche e demografiche.
L’età pensionabile dipende spesso da fattori come l’aspettativa di vita, il tasso di natalità e le politiche del lavoro. Ad esempio, molti paesi fissano un’età di base, ma prevedono eccezioni per lavori usuranti o situazioni particolari.
In nazioni come Germania e Francia, l’età pensionabile standard è intorno ai 64-67 anni, ma si sta discutendo di aumentarla per sostenere i sistemi pensionistici.
Altri paesi, come l’Italia o la Spagna, combinano l’età anagrafica con il numero di anni di contributi. In Spagna l’età salirà gradualmente a 67 anni entro il 2027, con la possibilità di andare prima se hai accumulato abbastanza contributi.
Il dilemma dell’età pensionabile
Quando si parla di pensioni in Italia, ormai lo sappiamo tutti: è un argomento complicato, pieno di numeri, regole e, diciamolo, un po’ di ansia per il futuro. Secondo il rapporto del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, si sta puntando a riforme per mantenere in piedi il nostro sistema pensionistico. La questione principale? L’età pensionabile. L’idea è quella di stabilire nuovi meccanismi per legare il momento della pensione all’aspettativa di vita. Insomma, più a lungo viviamo, più dobbiamo lavorare. Ha senso, ma suona anche un po’ triste, no?
C’è però una particolarità interessante: chi ha già accumulato 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) potrebbe continuare a uscire dal lavoro senza dover aspettare ulteriormente. È una sorta di “bonus fedeltà” per chi ha passato una vita a lavorare. Ma per gli altri? Si parla di alzare gradualmente l’età pensionabile oltre i 67 anni. Certo, tutto questo serve a rendere il sistema sostenibile, ma vien da chiedersi: quanta energia avremo a quell’età per goderci davvero il nostro tempo libero?
Superbonus e nuove prospettive
E qui arriva la proposta un po’ più audace: il cosiddetto “superbonus”. Niente a che vedere con le detrazioni edilizie, ma un premio economico per chi decide di rimanere al lavoro fino ai 71 anni. Sì, hai capito bene: settantuno. L’idea è di incentivare le persone a continuare la loro carriera con un bel “gruzzoletto” in più, che potrebbe arrivare sotto forma di un assegno pensionistico più alto o di vantaggi fiscali. Certo, suona bene per chi ama il proprio lavoro, ma la domanda è: quanti sarebbero davvero entusiasti di allungare così tanto il percorso lavorativo?
Dietro questa proposta c’è un problema che ormai conosciamo bene: la demografia. L’Italia sta invecchiando, nascono pochi bambini e il numero di pensionati cresce molto più velocemente di quello dei lavoratori. Il risultato? Una pressione enorme sul sistema pensionistico. L’esperienza e le competenze dei lavoratori anziani sono un valore, ma riusciremo davvero a valorizzarle senza trasformare il lavoro in una maratona infinita? Alla fine, la pensione a 71 anni non sarebbe obbligatoria, ma solo un’opzione.