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Tra atomica e nucleare, la situazione è critica: chiunque può essere radioattivo

Illustrazione di un'esplosione atomica (Depositphotos)

Illustrazione di un'esplosione atomica (Depositphotos FOTO) - www.energycue.it

L’uomo ha creato un grande disastro che sta piano piano creando problemi a sé stesso e a tutto quello che lo circonda.

Quando pensiamo ai test nucleari o ai disastri come quelli di Černobyl’ e Fukushima, la nostra mente va subito alle immagini catastrofiche di esplosioni o evacuazioni di massa.

Eppure, l’eredità di questi eventi non si limita solo a quelle scene. Nel tempo, infatti, le radiazioni si sono diffuse e sono rimaste nel nostro ambiente, spesso nascondendosi dove meno ce lo aspetteremmo: negli animali.

Dalle tartarughe marine del Pacifico ai cinghiali delle foreste bavaresi, passando per le renne norvegesi e i macachi giapponesi, alcune specie portano ancora oggi i segni di quella contaminazione. Non parliamo solo di numeri o dati scientifici: le loro vite raccontano storie di un mondo trasformato dalle radiazioni.

Questi animali, in un certo senso, sono diventati delle sentinelle viventi, testimoni silenziosi dell’impatto che il nucleare ha avuto sulla Terra. Non sono pericolosi per l’uomo, per lo più, ma la loro esistenza radioattiva ci ricorda che le conseguenze delle nostre azioni non svaniscono mai del tutto.

Tra mari e monti: nessun animale è “immune”

Le tartarughe marine dell’atollo di Enewetak, nel Pacifico, nuotano in acque che sembrerebbero paradisiache, se non fosse per il passato nucleare di questa regione. Tra il 1948 e il 1958, gli Stati Uniti hanno condotto ben 43 test atomici in quest’area, lasciando un’eredità di scorie sepolte sotto il cemento. Ma quel cemento non ha retto del tutto, e le radiazioni si sono disperse, depositandosi sui sedimenti marini. Le tartarughe, nutrendosi di alghe e piante contaminate, hanno incorporato queste radiazioni nei loro gusci, che diventano come “archivi” viventi, registrando strato dopo strato la storia del fallout.

Dall’altra parte del mondo, nelle foreste bavaresi, i cinghiali hanno anch’essi una relazione unica con le radiazioni. Per anni si è pensato che il loro elevato livello di contaminazione fosse dovuto esclusivamente al disastro di Černobyl’, ma studi recenti hanno dimostrato che una buona parte del cesio radioattivo nei loro corpi proviene da test nucleari molto più antichi, condotti in Siberia o nel Pacifico. I cinghiali si contaminano scavando nel terreno alla ricerca di tartufi, che assorbono le radiazioni depositate dal fallout.

La colonna d'acqua formata dalla detonazione del test Umbrella (Wikipedia US Military)
La colonna d’acqua formata dalla detonazione del test Umbrella (Wikipedia US Military FOTO) – www.energycue.it

Una minaccia invisibile

Le renne della Norvegia, con il loro manto bianco e i corpi possenti, raccontano un’altra storia legata alle radiazioni. Dopo il disastro di Černobyl’, il fallout si è distribuito in modo irregolare in tutta Europa, lasciando alcune aree più contaminate di altre. In Norvegia, i licheni, il cibo principale delle renne, hanno assorbito il cesio radioattivo dall’atmosfera. Quando le renne si sono nutrite di questi licheni, hanno accumulato dosi elevate di radiazioni nei loro corpi. Per anni, la carne delle renne è stata monitorata per garantire che fosse sicura, ma in alcuni periodi ancora oggi si rilevano livelli superiori al limite.

In Giappone, invece, sono i macachi di Fukushima a essere testimoni dell’eredità nucleare. Dopo la fusione della centrale nucleare nel 2011, questi primati hanno assorbito il cesio mangiando cortecce e germogli contaminati. Alcuni studi hanno persino suggerito che i macachi nati dopo il disastro potrebbero avere teste più piccole e una crescita più lenta. Anche se non sono pericolosi per l’uomo, le loro condizioni ci offrono uno sguardo unico sugli effetti a lungo termine delle radiazioni sugli ecosistemi.