Le coste mediterranee rischiano tsunami e inondazioni con l’innalzamento del livello del mare a causa del cambiamento climatico.
Attualmente, le coste del Mediterraneo si ritrovano costrette ad affrontare un pericolo crescente. Nello specifico, si parla di un aumento di probabilità di tsunami dal 10% al 30% nei prossimi 50 anni.
Si prevedono inoltre onde alte fino a 2 metri. L’allarme in questione nasce dall’allarme a seguito di due studi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV).
Le ricerche effettuate hanno messo in evidenza come l’innalzamento del livello del mare sia un rischio importante per oltre 150 milioni di persone che vivono lungo le coste del bacino mediterraneo.
Si tratta di una delle regioni più popolate al mondo e tale pericolo di inondazioni e tsunami è la conseguenza principale del cambiamento climatico.
Il tema riguardante il clima è senza dubbio di grande importante in questa epoca, soprattutto perché gli effetti che porta non possono essere ignorati. Infatti, il riscaldamento globale sta ora portando ad un innalzamento del livello medio del mare. Nello specifico, attualmente si registra un aumento di circa 4 millimetri all’anno. Tuttavia, è un dato destinato a raggiungere piano piano dei valori sempre più elevati entro il 2070. Secondo gli studi dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), il mare potrebbe salire fino a 1,1 metri rispetto ai livelli attuali. Una tale previsione espone le coste mediterranee a dei rischi importanti. In tal senso, la combinazione tra l’aumento del livello marino e i movimenti geologici delle coste rappresenta un fattore aggravante.
I due studi dell’INGV che ha coordinato Anita Grezio hanno integrato per la prima volta i dati sui movimenti verticali delle coste. Questo perché essi hanno la capacità di amplificare ulteriormente gli effetti degli tsunami. “Abbiamo considerato come i movimenti geologici possano sommarsi all’innalzamento del mare”, afferma Anita Grezio. In questo modo ha sottolineato l’urgenza di includere questi fattori nella pianificazione della gestione dei rischi costieri. Anche Marco Anzidei, ricercatore dell’INGV e coordinatore del progetto europeo Savemedcoasts2, conferma che le aree costiere più basse sono quelle maggiormente esposte. L’innalzamento del livello del mare rappresenta una minaccia principalmente per gli ecosistemi costieri, ma anche per le infrastrutture e le popolazioni. È chiaro che tutto ciò richiede interventi tempestivi per limitare i danni.
In questo momento, ci sono oltre 46.000 chilometri di coste mediterranee che potrebbero potenzialmente trovarsi coinvolti in questi fenomeni. L’Italia, in particolare, presenta un rischio importante. Questo perché degli studi hanno stabilito che solo una zona costiera è effettivamente pronta ad affrontare eventi legati ai maremoti. Un giudizio del genere mostra una grave necessità di intraprendere delle strategie adatte per i cambiamenti climatici. La pianificazione e la gestione dei rischi costieri diventano dunque elementi di vitale importanza per contrastare le conseguenze di tsunami ed inondazioni.
Gli esperti raccomandano l’adozione di misure che includano il monitoraggio costante dei movimenti del terreno, l’aggiornamento delle mappe del rischio e l’implementazione di sistemi di allerta precoce. Secondo Marco Anzidei, l’innalzamento del livello del mare sarà inevitabile nei prossimi decenni. Dunque, è fondamentale una maggiore consapevolezza pubblica e decisioni politiche efficaci. Infatti, senza interventi immediati, i costi economici e sociali di questi fenomeni rischiano di essere devastanti. Solo attraverso strategie mirate sarà possibile contenere gli effetti dei cambiamenti climatici e prevenire le catastrofi legate agli tsunami.
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