Nonostante l’avvento innovativo dell’AI, essa può contribuire negativamente sulla questione dei rifiuti elettronici e dei consumi.
L’intelligenza artificiale (AI) sta cambiando ogni aspetto della nostra vita, da come scriviamo un’email a come cerchiamo l’immagine perfetta per un progetto. Ma c’è un prezzo da pagare, e non parliamo solo di soldi o tempo. Ogni volta che un sistema di AI crea un’immagine o risponde a una nostra domanda, dietro le quinte c’è un enorme consumo di energia.
Magari non ci pensiamo, ma basta una conversazione con un chatbot per surriscaldare i server a tal punto che serve una quantità d’acqua per raffreddarli. Non è un problema da poco, e col crescere della tecnologia le risorse necessarie aumentano a dismisura. E il pianeta? Beh, non è che può ignorare tutto questo.
L’adozione dell’AI sta decollando a velocità record, e le conseguenze ambientali rischiano di farci riflettere sul vero costo di questa “magia tecnologica”. Secondo alcune stime, in pochi anni il settore dell’AI potrebbe consumare l’energia di un’intera nazione come i Paesi Bassi. Fa un po’ paura, vero? Non si tratta solo di far girare dati, ma di chiederci cosa succede al di là dei nostri schermi.
Per far funzionare l’AI, servono componenti hardware avanzati: processori grafici, server potenti, dispositivi in continua evoluzione. Sono strumenti che, una volta obsoleti, spesso finiscono nelle discariche, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Metalli pesanti, sostanze tossiche, rischi per l’ambiente. In tanti casi, materiali come mercurio e piombo vengono lasciati a contaminare il suolo e le falde acquifere.
Uno studio recente, pubblicato su Nature Computational Science, ha evidenziato come l’AI generativa potrebbe aumentare di milioni di tonnellate i rifiuti elettronici entro il 2030. È una stima allarmante, che riflette la rapidità con cui l’innovazione si trasforma in un problema ambientale. Gli autori dello studio hanno analizzato il tipo di hardware impiegato e la sua durata nel tempo, sottolineando che la necessità di aggiornamenti frequenti non fa che peggiorare la situazione.
C’è poi il rischio che il settore cresca a un ritmo più rapido del previsto, spingendo ancora più dispositivi fuori servizio. Tuttavia, non tutto è perduto. Innovazioni nel design dei componenti e miglioramenti negli algoritmi potrebbero rallentare l’obsolescenza e contenere i danni. Ma, ehi, non è un lavoro da poco.
Una delle possibili soluzioni? Rendere obbligatorio il riciclo dei dispositivi e promuovere pratiche sostenibili tra le aziende. Ci sono modi per prolungare la vita dei server e delle altre componenti, magari usando pezzi “vecchi” per operazioni meno intensive. È un inizio, no? Il vero problema, però, è che il costo di riciclare e gestire correttamente questi materiali non è alla portata di tutti.
E poi, diciamocelo, non tutte le aziende sono così inclini a investire nel lungo termine quando si tratta di ambiente. Forse dobbiamo fare pressione, magari trovare un modo per rendere tutto più vantaggioso. Alla fine della fiera, serve un impegno serio per evitare che questa montagna di rifiuti diventi un problema irrisolvibile. Se anche le aziende tech fanno la loro parte, possiamo sperare di cambiare qualcosa.
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