Oltre ad incidere su cambiamenti sempre più disastrosi, lo scioglimento dei ghiacciai sta causando perdite economiche ingenti.
Negli ultimi anni, il riscaldamento globale ha scatenato un’accelerazione senza precedenti nella fusione dei ghiacci, con impatti devastanti per l’ambiente e l’economia. Dalle cime più alte del mondo ai poli, la criosfera – l’insieme delle aree ghiacciate del pianeta – sta collassando.
I ghiacciai non sono solo spettacolari paesaggi: sono vitali per l’approvvigionamento idrico e per il clima globale. In Asia, i fiumi alimentati dai ghiacciai dell’Hindu Kush Himalaya forniscono acqua per bere, irrigare i campi e generare energia a oltre due miliardi di persone. Questa regione, che genera un’attività economica di circa 4 trilioni di dollari, ha sofferto il suo inverno più secco di sempre, con livelli di neve bassissimi.
Le inondazioni glaciali stanno già minacciando 10 milioni di persone in Asia e nelle Americhe. A Giugnoau, Alaska, una di queste inondazioni ha sollevato il livello di un fiume di quasi 5 metri in poche ore, causando danni a 300 case e costringendo la città a investire 2 milioni di dollari in barriere. L’anno scorso in India, una diga idroelettrica da 1,69 miliardi di dollari è stata distrutta, con 42 vite perse. E queste tragedie non sono un’eccezione: si verificano sempre più spesso.
Ma c’è di peggio: l’aumento del livello dei mari. Il ghiaccio artico si è ridotto del 40% negli ultimi 40 anni, mentre in Antartide il ghiaccio marino ha toccato il livello più basso mai registrato, sotto i 2 milioni di chilometri quadrati per tre estati consecutive. Se i mari si alzassero di un metro entro il 2100 – come ipotizzato dagli esperti – città come Miami, Karachi, Amsterdam e Bangkok potrebbero essere sommerse.
Alla COP29, tenutasi a Baku, Azerbaigian, è stato presentato il rapporto State of the Cryosphere, che ha fornito dati inquietanti. Il riscaldamento globale ha già fatto alzare il livello del mare di 11 centimetri. Continuando così, la temperatura globale potrebbe aumentare di 3°C entro il 2100, molto oltre la soglia di 1,5°C stabilita dall’Accordo di Parigi. Sopra questo limite, il rischio di punti di non ritorno – come lo scioglimento irreversibile dell’Antartide occidentale – diventa quasi certo.
Al summit, 23 Paesi, tra cui Norvegia, Pakistan e Germania, hanno fatto pressione per impegni più ambiziosi. “Ogni grado in più conta, e ogni ritardo ci costerà caro”, ha dichiarato Maisa Rojas, ministro dell’ambiente cileno. Tra i dati più preoccupanti, si segnala che la Groenlandia sta perdendo 30 milioni di tonnellate di ghiaccio ogni ora, equivalenti a 250 navi da crociera.
La fusione dei ghiacci sta anche alterando la circolazione oceanica. L’AMOC – un sistema di correnti che regola il clima atlantico – rischia di indebolirsi del 60-70% entro questo secolo. Questo fenomeno, innescato dall’acqua dolce proveniente dallo scioglimento della Groenlandia, potrebbe causare un raffreddamento drastico in Europa e destabilizzare interi ecosistemi marini. Gli scienziati hanno avvertito che abbiamo “drammaticamente sottovalutato” il rischio che questo sistema possa collassare del tutto.
Le ripercussioni economiche sono enormi: solo in Alaska, la riparazione dei danni causati dal disgelo del permafrost potrebbe costare 276 miliardi di dollari entro il 2050. Inoltre, il valore che l’Antartide offre al pianeta in termini di stoccaggio di carbonio, regolazione del clima e stabilità del livello del mare è stimato in 180 miliardi di dollari all’anno. Fermare o rallentare lo scioglimento glaciale significherebbe guadagnare tempo prezioso per adattarsi e prevenire ulteriori catastrofi.
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