La Cina critica le restrizioni commerciali dell’UE legate al clima alla Cop29, aprendo uno scontro sulle regole della transizione ecologica.
La Cina ha lanciato una sfida diretta all’Europa sulle nuove restrizioni commerciali legate al clima, chiedendo che il tema venga incluso nell’agenda della Cop29, il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che inizierà nei prossimi giorni in Azerbaigian. La proposta, sostenuta anche da India, Brasile e Sudafrica, punta il dito contro le misure europee che prevedono tasse sull’importazione di beni ad alta intensità di carbonio e deforestazione.
Questa mossa rischia di complicare ulteriormente i negoziati, che già si preannunciano difficili, e mette in luce una crescente tensione tra paesi sviluppati e in via di sviluppo sul costo della transizione ecologica e su chi debba sostenerlo.
Alla base dello scontro c’è la decisione dell’Unione Europea di introdurre due misure chiave: un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) e una tassa sui beni legati alla deforestazione. Entrambe entreranno pienamente in vigore nel 2024 e prevedono tariffe aggiuntive per prodotti come acciaio, cemento e veicoli elettrici importati da paesi con standard ambientali meno rigorosi.
Queste misure sono state giustificate dall’UE come necessarie per evitare la cosiddetta “fuga di carbonio”, ossia il rischio che le industrie europee si trovino svantaggiate rispetto a concorrenti internazionali che operano con costi ambientali inferiori. Ma per la Cina e altri paesi emergenti si tratta di misure protezionistiche mascherate da iniziative ambientali.
La proposta cinese di includere le restrizioni commerciali nell’agenda della Cop29 mette in evidenza un conflitto di fondo: mentre le politiche climatiche e commerciali sono strettamente collegate, le delegazioni occidentali sostengono che questi temi debbano essere affrontati in sedi separate, come i vertici dell’OMC.Se l’agenda della Cop29 sarà modificata per includere questo argomento, i negoziati rischiano di impantanarsi in lunghe dispute. Poiché ogni modifica deve essere approvata all’unanimità, questa richiesta potrebbe ridurre il tempo disponibile per discutere altre questioni cruciali, come i finanziamenti per il clima destinati ai paesi più vulnerabili.
Uno dei temi centrali del vertice sarà la discussione su quanto i paesi ricchi debbano contribuire per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare gli effetti del cambiamento climatico. Questo dibattito si intreccia con la questione delle restrizioni commerciali, perché molti paesi emergenti vedono nelle misure europee un’ulteriore pressione economica su economie già fragili.Le delegazioni occidentali, invece, chiedono a grandi economie come Cina e Arabia Saudita di assumersi maggiori responsabilità, diventando donatori nei programmi di aiuto climatico. La Cina, pur essendo la seconda economia mondiale, si definisce ancora un paese in via di sviluppo e sottolinea il peso storico delle emissioni prodotte da Europa e Stati Uniti per più di un secolo.
La tensione tra Cina ed Europa riflette uno scontro più ampio su come gestire la transizione ecologica. Da un lato, i paesi sviluppati sostengono che norme come quelle europee siano necessarie per accelerare la riduzione delle emissioni globali. Dall’altro, i paesi emergenti ritengono che queste misure non considerino le loro esigenze di crescita economica e riduzione della povertà.
Con un’agenda sempre più affollata e interessi divergenti tra Nord e Sud del mondo, la Cop29 rischia di diventare una delle conferenze sul clima più controverse degli ultimi anni. La questione centrale rimane: come trovare un equilibrio tra la necessità di ridurre le emissioni globali e quella di garantire una transizione equa per tutte le economie?
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