Riciclo plastica, arriva la svolta: un verme se la mangia e la digerisce | Dovremmo riempire le discariche di questi invertebrati
Il modo migliore per riciclare la plastica? Darla in pasto al verme! La rivoluzionaria scoperta può cambiare il mondo.
La plastica è diventata uno dei materiali più diffusi e, allo stesso tempo, problematici del nostro tempo. Dalla sua invenzione nel XX secolo, ha rivoluzionato innumerevoli settori: dall’industria alimentare a quella tecnologica, dall’edilizia alla moda. Grazie alla sua leggerezza, resistenza e versatilità, la plastica si è imposta come una soluzione economica ed efficiente per molti usi. Tuttavia, la sua stessa durabilità è diventata una sfida ambientale, poiché gli oggetti di plastica possono impiegare secoli a decomporsi, causando gravi danni all’ecosistema.
Ogni anno, la produzione mondiale di plastica continua a crescere. Si stima che oltre 350 milioni di tonnellate vengano generate annualmente, una quantità che si accumula in discariche, oceani e corsi d’acqua. I mari, in particolare, soffrono enormemente a causa di questo inquinamento: isole di rifiuti plastici galleggiano nelle acque, minacciando la fauna marina. Le microplastiche, minuscoli frammenti derivati dalla frammentazione di oggetti più grandi, finiscono persino nella catena alimentare, con potenziali rischi per la salute umana.
Nonostante gli sforzi globali per ridurre l’uso della plastica, come campagne per eliminare i prodotti monouso e incrementare il riciclo, il problema persiste. Molte forme di plastica, soprattutto quelle utilizzate per imballaggi e bottiglie, sono difficili da riciclare e spesso finiscono direttamente nelle discariche. Anche i programmi di raccolta differenziata più efficienti faticano a tenere il passo con la quantità di rifiuti prodotti ogni giorno, lasciando molte nazioni in difficoltà nel gestire l’enorme mole di plastica.
La necessità di soluzioni innovative per affrontare questa crisi ambientale è urgente. Diversi scienziati e ricercatori stanno esplorando vie alternative per smaltire la plastica, come materiali biodegradabili o metodi di riciclo chimico. Ma, nonostante i progressi, nessuna soluzione sembra essere in grado di risolvere da sola il problema su scala globale. Tuttavia, la natura potrebbe offrirci un’inaspettata via d’uscita.
Una scoperta straordinaria
Nel mezzo di questo panorama complesso, due giovani studentesse vietnamite, Lê Trân Hiên Mai e Nguyên Hà Chi, hanno portato alla luce una scoperta sorprendente. Durante le loro ricerche, hanno identificato il potenziale del verme della cera, noto anche come Galleria mellonella, per degradare uno dei materiali plastici più difficili da smaltire: il polietilene. Grazie a un particolare enzima presente nella saliva di queste larve, il polietilene viene scomposto in composti meno dannosi per l’ambiente.
Questa scoperta ha ricevuto grande riconoscimento a livello internazionale, con le due studentesse premiate con la medaglia d’oro alle Olimpiadi Mondiali di Invenzione e Creatività del 2023. La loro innovazione potrebbe rivoluzionare il trattamento dei rifiuti plastici, aprendo nuove prospettive per la gestione sostenibile dei rifiuti e per la salvaguardia del pianeta.
Una rivoluzione possibile
L’utilizzo del verme della cera potrebbe infatti cambiare radicalmente il modo in cui affrontiamo il problema della plastica. Le giovani ricercatrici sperano che la loro scoperta possa essere applicata su larga scala, magari nei centri di riciclaggio o persino nelle abitazioni private. Tuttavia, sono ancora molte le domande aperte: i sottoprodotti generati da questo processo sono sicuri per l’ambiente?
La plastica rappresenta una sfida complessa, ma soluzioni come quella proposta dalle studentesse vietnamite potrebbero segnare un punto di svolta. La biodegradazione del polietilene da parte dei vermi della cera, infatti, potrebbe essere la chiave per ridurre significativamente la quantità di plastica che si accumula nell’ambiente. Tuttavia, come per ogni innovazione, sarà fondamentale un’attenta valutazione degli impatti a lungo termine, inclusi i possibili rischi legati ai sottoprodotti del processo di decomposizione, oltre alla necessità di implementare tecnologie sostenibili su larga scala.