Nel 2023, non c’è nessuno che non abbia sentito parlare della CO2. Infatti, è stato un anno cruciale per definire il futuro delle auto e dei motori a combustione interna. Recentemente, le normative europee hanno puntato sulla riduzione della quantità di CO2 emessa dai veicoli, al fine di diminuire l’inquinamento. Il 2035 si preannuncia come un anno chiave per azzerare le emissioni di anidride carbonica da parte dei veicoli. Ma la CO2 non è l’unica nemica quindi vediamo gli altri inquinanti prodotti dai motori a combustione interna.
La causa principale del riscaldamento globale sono i cosiddetti gas serra. Quest’ultimi, sono il nostro scudo, agiscono come il vetro di una serra per i raggi solari: catturano il calore generato dal sole e non gli consentono di ritornare nello spazio, rimanendo intrappolati all’interno dell’atmosfera terreste causando fenomeni come l’aumento della temperatura media terreste, lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari.
Dal punto di vista chimico, la CO2 è considerata un agente clima-alterante: pur non essendo nociva direttamente per la nostra salute, è quindi uno dei gas serra. La CO2, o biossido di carbonio, è un gas serra composto da un atomo di carbonio e due atomi di ossigeno. Questo gas incolore e inodore è naturalmente presente nell’atmosfera terrestre come parte del ciclo del carbonio, un processo biogeochimico fondamentale che regola il clima della Terra. La CO2 è prodotta dalla respirazione degli organismi viventi, dalla decomposizione di materia organica, dalle eruzioni vulcaniche, e soprattutto dalla combustione di combustibili fossili come il petrolio, il carbone e il gas naturale. Sebbene la CO2 sia essenziale per la fotosintesi nelle piante, contribuendo alla crescita delle foreste e all’alimentazione delle colture, l’aumento delle concentrazioni atmosferiche di CO2 a causa delle attività umane sta intensificando l’effetto serra, portando a un riscaldamento globale e a cambiamenti climatici significativi. Questi cambiamenti includono estremi meteorologici più frequenti, innalzamento del livello del mare e impatti sulla biodiversità.
I motori a combustione interna emettono, oltre alla CO2, vari inquinanti che possiamo raggruppare in due macrogruppi:
Nel primo troviamo il monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx), idrocarburi incombusti (HC), alla seconda categoria appartiene il particolato. Per chiarezza introduciamo alcuni concetti e definizioni che ci permetteranno di comprendere al meglio l’analisi successiva.
In chimica definiamo una miscela stechiometrica come la quantità d’aria che serve ad una data porzione di combustibile per bruciare completamente. Partendo da questo semplice concetto, definiamo il rapporto d’equivalenza (Φ –phi) che non è altro che il rapporto tra la miscela effettivamente presente in camera e la miscela stechiometrica. Ritornando al nostro discorso ricordiamo che la formazione di queste molecole è figlia del rapporto d’equivalenza presente in camera di combustione. Se si verificano delle condizioni per cui phi >1 parleremo di miscela ricca, nel caso di phi <1 avremo una miscela povera. Quindi, aiutandoci anche con il seguente grafico riusciamo a dedurre le condizioni favorevoli alla generazione degli inquinanti precedentemente introdotti.
Il monossido di carbonio viene maggiormente prodotto con la presenza di miscele ricche. Nel caso di idrocarburi incombusti, riusciamo facilmente a dedurre che sono provocati da una combustione incompleta. Possono essere molteplici le cause come una scarsa turbolenza in camera che non permette la miscelazione completa tra aria e combustibile o l’infiltrazione di particelle di combustibile tra le fasce o addirittura una bassa temperatura in camera che provoca la formazione di gocce nel momento in cui avviene la vaporizzazione da parte dell’iniettore.
Gli ossidi di azoto, invece, vengono prodotti in fasi in cui abbiamo una miscela magra, quindi tutte quelle condizioni in cui l’aria presente in camera è maggiore di quella necessaria; un esempio può essere la fase di rilascio in cui le valvole si aprono e chiudono senza avere l’iniezione di combustibile; quindi, nella prima iniettata avremo più aria di quella prevista e andremo a generare ossidi d’azoto. Infine, il particolato è composto da agglomerati di combustibile generati nel processo di combustione che, unendosi tra loro, diventano molecole sempre più grandi.
Il monossido di carbonio, se inalato si lega all’emoglobina riducendo il trasporto d’ossigeno che avviene negli alveoli polmonari e quindi inibendo la respirazione cellulare. Questo fenomeno comporta perdita di conoscenza, asfissia e successivamente morte. Il CO, essendo una molecola poco volatile tende ad avvicinarsi al suolo, provocando un maggiore rischio di salute per i più piccoli.
Gli idrocarburi incombusti sono tutti dei derivati del petrolio e sono elementi altamente cancerogeni. Quest’ultimi agiscono sempre al livello ematico e quindi sono responsabili di malattie come la leucemia. Effetti simili li troviamo anche nel fumo delle sigarette.
Gli ossidi d’azoto, se inalati, hanno gravi effetti irritativi per le vie aeree andando a causare tosse e affaticamento della respirazione. Sono molto nocivi soprattutto nel caso di persone affette da asma causando anche crisi respiratorie.
Il particolato, noto anche come “polveri sottili” (PM10, PM2.5), viene classificato in base alla dimensione delle particelle. Se inalato, può causare problemi respiratori, come asma e bronchiti, problemi cardio circolatori, o irritazioni oculari o nasali.
Preso atto degli effetti che gli inquinanti hanno sulla salute, è necessario prendere dei provvedimenti al fine di rendere i motori a combustione interna più “green”. Esistono diversi sistemi per ridurre tali inquinanti, al fine di minimizzare o annullare il rilascio di questi gas nell’atmosfera. Questi sistemi devono essere combinati con strategie di calibrazione efficaci per massimizzare l’efficienza dei dispositivi di post-trattamento e minimizzare l’emissione di gas.
La prima soluzione che possiamo considerare è l’utilizzo di un catalizzatore trivalente. Quest’ultimi sono dei filtri che vengono posizionati all’uscita delle valvole di scarico nei motori aspirati o in uscita dalla turbina nei motori turbocompressi. I catalizzatori sono costituiti da rodio, palladio e platino, dei metalli rari, che attraverso delle reazioni di ossidazione e riduzione, vanno a convertire il monossido di carbonio, gli idrocarburi incombusti e gli ossidi d’azoto rispettivamente in anidride carbonica, vapore acqueo e azoto. L’utilizzo di questi dispositivi è oramai diffuso e comune in tutte le auto prodotte, ma la sua efficacia è legata ad alcune condizioni.
Al fine di avere una completa ossidazione/riduzione dei gas di scarico è necessario che il catalizzatore raggiunga la temperatura di light-off, ovvero la temperatura di attivazione oltre la quale i metalli presenti nel catalizzatore iniziano a fare avvenire le reazioni chimiche. Per ovviare a questo problema è necessario posizionare il catalizzatore il più vicino possibile alle valvole di scarico o all’uscita del compressore cosi da sfruttare al meglio i gas caldi che escono dalla camera di combustione per scaldare il prima possibile il catalizzatore trivalente. Definita la posizione dal punto di vista hardware è necessario massimizzare la temperatura dei gas, quindi vengono utilizzate strategie come il catalyst heating. Quest’ultima, è un insieme di attuazioni motore che consentono il riscaldamento del catalizzatore nel più breve tempo possibile.
Strategie valide possono essere per esempio il ritardo d’accensione della carica, il cui effetto principale è massimizzare la temperatura dei gas nel momento in cui si aprono le valvole di scarico cosi da ridurre il tempo di riscaldamento del componente e di conseguenza l’emissione di inquinanti. Un altro limite del catalizzatore trivalente, al fine di ottenere l’efficienza massima, è avere un rapporto d’equivalenza stechiometrico così da consentire il completamento delle reazioni chimiche.
Quindi, sono da evitare, tutte quelle strategie che comportano il distacco dalla miscela stechiometrica. Un esempio possono essere gli arricchimenti per component protection, ovvero, una strategia che viene utilizzata per raffreddare i componenti a valle delle valvole di scarico andando ad utilizzare una miscela maggiormente ricca. Questi arricchimenti talvolta vengono utilizzati in maniera impropria al fine di aumentare le prestazioni delle vetture. Invece, un altro esempio sono gli smagrimenti dovuti al cut-off.
Come detto precedentemente il cut off è quella fase in cui alziamo il piede dall’acceleratore interrompendo l’iniezione nonostante le valvole di aspirazione e scarico continuino ad aprirsi e chiudersi. Questo comporta una elevata concentrazione d’ossigeno nel catalizzatore che non consentirebbe le reazioni di ossidazione e riduzione. Un antidoto può essere l’utilizzo di una miscela ricca alla prima accensione cosi da avere una miscela unitaria al catalizzatore.
Le strategie per la riduzione degli inquinanti sono numerose e l’ingegneria è costantemente in sviluppo al fine di abbattere completamente gli inquinanti e permetterci di godere del meraviglioso suono dei caldi e rombanti V8.
A cura di Luca D’arrigo
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