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No, l’Italia non stoccherà rifiuti radioattivi francesi nel nuovo Deposito Nazionale

aerial view of the nuclear power plant Cruas at the rhone river

Nella giornata di oggi, su Rai 2 è stata fatta passare un’informazione falsa riguardo i rifiuti radioattivi che verranno stoccati nel nuovo Deposito Nazionale per il quale ieri, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Ambientale, ha pubblicato i 51 siti idonei per ospitarlo. Durante la trasmissione “Viva Rai 2” è stato insinuato che la Francia pagherebbe l’Italia per immagazzinare da noi le loro scorie nucleari. Queste dichiarazioni sono assolutamente false ma facciamo un passo indietro.

Cos’è il Deposito Nazionale? Un polo di Innovazione e Sicurezza

Nel contesto delle crescenti preoccupazioni ambientali e dell’importanza della sicurezza nella gestione dei rifiuti radioattivi, l’Italia si appresta a fare un significativo passo avanti con la realizzazione del Deposito Nazionale. Questa infrastruttura ambientale di superficie rappresenterà un cambio di paradigma nel modo in cui il Paese gestisce i rifiuti radioattivi, attualmente dispersi in decine di depositi temporanei che non rispettano le normative internazionali ed europee e per i quali l’Italia è già in procedura di infrazione europea.

Il Deposito Nazionale non sarà solo un sito per lo stoccaggio sicuro; sarà anche un centro di ricerca avanzato, il Parco Tecnologico. Qui, gli esperti condurranno ricerche nel campo energetico e della gestione dei rifiuti, contribuendo a un futuro più sostenibile. Il Deposito combinerà strutture per lo smaltimento di rifiuti a bassa attività con edifici per lo stoccaggio di rifiuti a media e alta attività, in attesa del loro trasferimento definitivo in un deposito geologico.

Integrazione nel Territorio del Deposito Nazionale: armonia tra tecnologia e natura

Deposito Nazionale

La progettazione del Deposito Nazionale prevede un’integrazione paesaggistica innovativa. Una volta riempito, il sito sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili per prevenire infiltrazioni d’acqua. Questa copertura non solo fornirà una protezione aggiuntiva ma armonizzerà anche visivamente l’infrastruttura con l’ambiente circostante.

Occupando circa 150 ettari, il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico rappresentano un imponente investimento infrastrutturale. All’interno di questa vasta area, sono previsti spazi specifici per lo smaltimento e lo stoccaggio dei vari tipi di rifiuti radioattivi, oltre a numerosi servizi a supporto delle attività.

Ingegneria avanzata per la massima sicurezza

Le caratteristiche tecniche del Deposito Nazionale sono state progettate seguendo gli standard internazionali più rigorosi. Il sito impiegherà una combinazione di barriere ingegneristiche e naturali per contenere efficacemente la radioattività, garantendo l’isolamento dei rifiuti dall’ambiente per oltre 300 anni. Le strutture chiave includono manufatti, moduli in calcestruzzo speciale e celle in calcestruzzo armato, ciascuna contribuendo a un sistema di protezione multi-livello.

Una volta completata la sua capacità recettiva, il Deposito Nazionale entrerà in una fase di solo monitoraggio, duratura almeno 300 anni. Questo garantirà che, anche dopo la chiusura, il sito rimanga sicuro e privo di rischi radiologici, testimoniando l’impegno dell’Italia verso soluzioni ambientali responsabili e sostenibili nel lungo termine.

Il Deposito Nazionale rappresenta un passo cruciale verso una gestione più sicura e sostenibile dei rifiuti radioattivi in Italia. Con la sua combinazione di tecnologia avanzata, ricerca innovativa e integrazione ambientale, il progetto si profila come un modello per il futuro del trattamento dei rifiuti radioattivi a livello globale, dimostrando che è possibile equilibrare le esigenze di sviluppo tecnologico con la protezione e il rispetto dell’ambiente.

Quali e quanti rifiuti verranno accolti nel Deposito Nazionale?

Deposito Nazionale

Il futuro Deposito Nazionale italiano avrà la funzione di conservare in modo sicuro ed efficiente una quantità considerevole di rifiuti radioattivi. Si stima che ospiterà circa 78.000 metri cubi di rifiuti, suddivisi tra quelli a bassa attività (che si stabilizzeranno nel giro di 300 anni) e quelli a media e alta attività.

Circa 50.000 metri cubi di questi rifiuti derivano da impianti nucleari utilizzati per la produzione di energia elettrica, mentre i restanti 28.000 metri cubi provengono da impianti di ricerca nucleare, medicina nucleare e settori industriali. Attualmente, sono già stati prodotti 33.000 metri cubi di rifiuti, con i rimanenti 45.000 metri cubi previsti per il futuro.

Un elemento chiave del Deposito è il Complesso di Stoccaggio Alta attività (CSA), destinato a custodire circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività. Tra questi, circa 400 metri cubi sono composti da residui del riprocessamento del combustibile nucleare eseguito all’estero e da combustibile non riprocessabile.

Importante sottolineare che il Deposito Nazionale accoglierà esclusivamente rifiuti prodotti in Italia, seguendo il principio stabilito dalla International Atomic Energy Agency (IAEA) dell’ONU e dalla Direttiva Euratom 2011/70. Questo principio, recepito dall’Italia tramite il decreto legislativo n. 45 del 2014, afferma che ogni nazione ha la responsabilità di gestire i rifiuti radioattivi prodotti all’interno dei propri confini.

Inoltre, il Deposito è progettato per accogliere sia i rifiuti già prodotti che quelli che saranno generati nei prossimi 50 anni, derivanti dallo smantellamento di impianti nucleari e dalle attività in campo medico, industriale e di ricerca. Questo approccio proattivo e lungimirante garantisce una gestione responsabile dei rifiuti radioattivi per le generazioni future.

I depositi in Francia e gli altri paesi europei

Deposito Nazionale

La gestione dei rifiuti radioattivi è una questione di rilevante importanza in tutta Europa, e diversi Paesi hanno adottato soluzioni specifiche per affrontare questa sfida. Anche in nazioni come la Norvegia, che non hanno mai prodotto energia elettrica da fonte nucleare, esistono depositi definitivi per rifiuti radioattivi a bassa e media attività, simili a quelli che saranno impiegati nel Deposito Nazionale italiano.

Alcuni Paesi europei, ad esempio, hanno optato per soluzioni come trincee (landfill) per i rifiuti a molto bassa attività, mentre altri hanno esteso i loro depositi a livelli sub-superficiali per ospitare rifiuti di media attività. Quest’ultima categoria di rifiuti verrà stoccata nel Complesso di Stoccaggio Alta attività (CSA) nel Deposito Nazionale italiano.

In Francia, il Deposito di superficie di La Manche, dopo decenni di operatività, è giunto alla fase di chiusura nel 1994, avendo raggiunto la sua capacità massima di circa 500 mila metri cubi di rifiuti a bassa attività. Accanto a questo sito, il deposito CIRES è dedicato ai rifiuti a molto bassa attività. Dal 1992, la Francia ha aggiunto il Deposito de L’Aube, progettato per contenere fino a 1 milione di metri cubi di rifiuti della stessa categoria. Quindi no, la Fr4ancia non invierà i suoi rifiuti radioattivi in Italia poiché è capace di gestire i propri rifiuti nel proprio territorio da decenni.

In Spagna, il Deposito di El Cabril è in funzione dal 1992, inizialmente autorizzato a ospitare 42.000 metri cubi di rifiuti a bassa attività, con piani per un’eventuale espansione futura. Una sezione specifica di questo deposito è riservata per 17.000 metri cubi di rifiuti a molto bassa attività. Anche Belgio e Slovenia hanno avviato progetti per depositi nazionali di rifiuti a bassa e molto bassa attività, situati rispettivamente a Dessel e Vrbina, attualmente in fase autorizzativa.

Un aspetto unico del progetto italiano è l’integrazione di un Parco Tecnologico con il Deposito Nazionale, finalizzato alla ricerca e allo sviluppo. Questo elemento non è ancora presente in altri depositi europei, sebbene in Spagna sia prevista la realizzazione di un Parque Tecnologico associato al deposito centralizzato di Villas de Cañas. Questo approccio innovativo mira a rafforzare l’integrazione del Deposito Nazionale con il territorio che lo ospita, contribuendo allo sviluppo tecnologico e alla sostenibilità ambientale.