Sultan al-Jaber, il capo dell’industria petrolifera degli Emirati Arabi Uniti e leader dei colloqui sulla COP28, è una figura che suscita dibattiti contrastanti. Da una parte, la sua posizione come leader del colosso energetico statale ADNOC ha sollevato preoccupazioni ambientali riguardo al suo impegno nel mantenere un ruolo per i combustibili fossili nella transizione energetica. Dall’altra, i suoi sostenitori evidenziano la sua capacità di ottenere risultati e colmare divisioni, essenziale per l’azione climatica.
Nato nel 1973 a Umm al Quwain, Sultan al-Jaber si è distinto negli EAU per il numero di alte posizioni che ha ricoperto. Con un dottorato in economia e affari dalla Coventry University nel Regno Unito, ha anche studiato negli Stati Uniti. Dal 2006, ha guidato Masdar, l’iniziativa per le energie rinnovabili degli EAU, incontrando leader mondiali e promuovendo la visione di Abu Dhabi come centro per la trasformazione delle energie rinnovabili.
Durante le deliberazioni ad Aswan, Egitto, in Ottobre, al-Jaber si è distinto per la sua intervento virtuale diretto ai delegati dell’ONU, sottolineando l’importanza di raggiungere un accordo sul fondo per aiutare i paesi colpiti dai cambiamenti climatici. Avinash Persaud, negoziatore per Barbados, ha riconosciuto in al-Jaber un utilizzatore efficace delle scadenze per facilitare accordi.
La posizione di Sultan al-Jaber come leader del gigante energetico statale ADNOC è al centro di un acceso dibattito. Da un lato, i critici ambientali esprimono preoccupazione per il suo impegno nel mantenere un ruolo per i combustibili fossili nel processo di transizione energetica, temendo che ciò possa compromettere gli sforzi globali verso un futuro più sostenibile.
Dall’altro lato, i suoi sostenitori lodano la sua abilità nell’ottenere risultati concreti e nella sua capacità di mediare tra le diverse parti, convincendo che tali qualità saranno cruciali per guidare e attuare azioni effettive contro il cambiamento climatico. Questo equilibrio tra critiche e sostegno riflette il complesso ruolo di al-Jaber nel panorama energetico mondiale, dove la necessità di innovazione si scontra con le realtà economiche e politiche esistenti.
Come presidente della COP28, al-Jaber sostiene un approccio inclusivo, coinvolgendo i rappresentanti del petrolio e del gas nelle conversazioni sul clima. Come accennato, questa posizione ha suscitato le critiche di attivisti climatici, inclusa Greta Thunberg, ma al-Jaber sostiene che senza l’inclusione dei leader dei combustibili fossili, non può esserci una transizione ordinata verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Al-Jaber è descritto come un realista che si affida a dati scientifici e prove fattuali per guidare le sue decisioni. Ha sottolineato l’importanza del controllo delle emissioni nel settore dei combustibili fossili e ha lavorato per ottenere impegni da oltre 20 aziende nei settori del petrolio, del gas e dell’industria pesante per ridurre le emissioni.
Il successo della COP28 dipenderà dalla collaborazione tra i maggiori emettitori di carbonio, come Cina e Stati Uniti. Al-Jaber si è dedicato alla diplomazia tra queste nazioni, sforzandosi di allineare impegni significativi sulla riduzione delle emissioni di metano. La questione più grande, tuttavia, rimane irrisolta: il ruolo continuato degli idrocarburi.
Al-Jaber sostiene che una graduale eliminazione dei combustibili fossili è inevitabile ed essenziale, ma deve essere parte di un piano di transizione energetica ben ponderato che tenga conto delle circostanze di ogni paese e regione. “Non esiste una soluzione unica,” ha detto, sottolineando la necessità di flessibilità e agilità nell’approccio.
Sultan al-Jaber rappresenta un punto di incontro tra il mondo dell’energia tradizionale e le esigenze di un futuro sostenibile. La sua leadership alla COP28 sarà cruciale nel determinare come le nazioni del mondo affrontano la sfida del cambiamento climatico, cercando un equilibrio tra realismo economico e ambizione ambientale.
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