L’uranio impoverito, abbreviato come DU (dall’inglese Depleted Uranium), è una sostanza che deriva dalla lavorazione dell’uranio naturale. Questa sostanza suscita spesso preoccupazione e dibattito, a causa delle sue implicazioni per la salute e l’ambiente. L’uranio è un elemento chimico presente in natura ed è noto principalmente per il suo impiego nei reattori nucleari e nelle armi nucleari. Ma cosa intendiamo esattamente con “uranio impoverito” e quali sono i suoi effetti sulla salute e sull’ambiente?
Per ottenere il combustibile necessario per alimentare specifici tipi di reattori nucleari o per fabbricare armi nucleari, l’uranio deve subire un processo di “arricchimento”. Questo processo permette di aumentare la percentuale dell’isotopo U-235, poiché è questo il responsabile della fissione nucleare. L’uranio naturale ha una concentrazione di U-235 dello 0,72% in massa. Durante l’arricchimento, questa percentuale può aumentare fino a raggiungere valori compresi tra il 2% e il 94% in massa.
Dopo aver estratto l’uranio arricchito dal processo, ciò che rimane è una miscela di uranio con concentrazioni notevolmente ridotte di U-235 e U-234. Questa sostanza residua è conosciuta appunto come “uranio impoverito”. La Nuclear Regulatory Commission (NRC) lo definisce come uranio in cui la frazione percentuale in peso di U-235 è inferiore allo 0,711%. In generale, nelle applicazioni a scopo militare, la concentrazione percentuale in peso degli isotopi di uranio è la seguente: 99,8% U-238; 0,2% U-235; 0,001% U-234.
L’uranio impoverito è utilizzato in diverse applicazioni, principalmente nel settore militare e in quello aerospaziale. Una delle applicazioni più note è per le munizioni perforanti. La sua densità elevata lo rende ideale per la produzione di proiettili e missili in grado di penetrare corazze spesse, come i carri armati. Tuttavia, questo utilizzo ha suscitato preoccupazioni a causa delle possibili conseguenze ambientali e sanitarie dovute all’esposizione all’uranio dopo l’esplosione di queste munizioni. Questa sostanza è impiegata anche in alcuni dispositivi medici come schermature contro le radiazioni, ad esempio per i raggi X. In questo contesto, l’uranio impoverito può contribuire a proteggere i pazienti e gli operatori medici dalla radiazione ionizzante.
L’uranio impoverito presenta un livello di radioattività significativamente inferiore rispetto all’uranio naturale. Questa ridotta radioattività è dovuta a diversi fattori. Innanzitutto, l’uranio impoverito contiene meno isotopi U-234 e U-235 per unità di massa rispetto all’uranio naturale. Inoltre, gran parte dei prodotti di decadimento radioattivo che si trovano oltre l’U-234 e il Th-231 sono eliminati durante il processo di estrazione e di trattamento chimico dell’uranio, che avviene prima dell’arricchimento.
Per dare un’idea più chiara della differenza, l’attività specifica dell’uranio nell’uranio impoverito è di soli 14,8 becquerel per milligrammo, mentre nell’uranio naturale è di 25,4 becquerel per milligrammo. Questo significa che l’uranio impoverito emette meno radiazioni per unità di massa rispetto all’uranio naturale. È importante però notare che i prodotti di decadimento dell’uranio richiedono un lungo periodo di tempo prima di raggiungere un equilibrio radioattivo con gli isotopi dell’uranio. A titolo di esempio, sono necessari quasi 1 milione di anni affinché il Th-230 raggiunga l’equilibrio con l’U-234. Ciò contribuisce ulteriormente alla minore radioattività rispetto all’uranio naturale, rendendo questa sostanza una scelta meno pericolosa dal punto di vista radiologico.
L’esposizione all’uranio impoverito può comportare diversi rischi per la salute umana. Particelle microscopiche di polvere di uranio impoverito possono essere inalate o ingerite, causando potenziali danni ai polmoni e ai reni. In presenza di un’assunzione elevata, l’uranio è soprattutto una preoccupazione dal punto di vista della tossicologia chimica piuttosto che della prospettiva radiologica. Nonostante la sua radioattività, una volta all’interno del corpo l’impatto principale sulla salute è associato alle sue azioni chimiche sul funzionamento del corpo.
In molti paesi, i limiti di esposizione per i composti solubili di uranio sono definiti in modo da mantenere una concentrazione massima di 3 microgrammi di uranio per grammo di tessuto renale. Qualsiasi effetto derivante dall’esposizione a tali livelli è generalmente considerato lieve e temporaneo. Le attuali pratiche di regolamentazione, basate su questi limiti, offrono una protezione adeguata ai lavoratori dell’industria dell’uranio. Come con qualsiasi materiale radioattivo, esiste un rischio associato allo sviluppo di tumori causati dall’esposizione alle radiazioni emesse dall’uranio. Questo rischio è direttamente proporzionale alla quantità di radiazioni ricevute.
Quando si utilizzano munizioni contenenti uranio impoverito, possono verificarsi impatti ambientali localizzati. Durante l’esplosione, le particelle di uranio impoverito possono disperdersi nell’ambiente circostante, contaminando il suolo e l’acqua. Questa contaminazione può avere conseguenze a lungo termine sull’ecosistema e sulla salute ambientale della zona. Gli organismi che vivono nell’ambiente contaminato possono essere esposti alla radioattività, con possibili effetti negativi sulla loro salute e sulle popolazioni locali.
La contaminazione può arrivare anche nella catena alimentare. Piante e animali possono assorbire uranio impoverito dal suolo o dall’acqua, e ciò può essere trasmesso agli animali che si nutrono di essi. Si determina quindi una potenziale esposizione umana se queste specie entrano nella catena alimentare umana. Per questo, è fondamentale la gestione sicura e a lungo termine dell’uranio impoverito. Il materiale radioattivo deve essere adeguatamente smaltito per evitare futuri e gravi impatti ambientali.
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