Nucleare

Il Giappone non verserà un milione di tonnellate di acqua radioattiva in mare

L’opposizione allo scarico di acqua “radioattiva” dalla centrale nucleare di Fukushima nell’oceano Pacifico sta crescendo. Sono passati 12 anni dall’incidente, considerato la contaminazione radioattiva più grave nella storia umana. Oggi la Tokyo Electric Power Company (TEPCO), l’operatore della centrale, sta preparando il rilascio di oltre un milione di tonnellate di acque reflue nell’oceano. Le acque reflue, che contengono l’isotopo radioattivo trizio, sono state diluite con acqua di mare nel tentativo di ridurre la loro pericolosità. Il governo giapponese, in collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), sta supervisionando il processo per garantire la sicurezza del rilascio.

La questione dell’acqua radioattiva di Fukushima

Dopo il disastro, enormi quantità di acqua sono state utilizzate per raffreddare i reattori danneggiati, ma questa acqua si è contaminata con materiali radioattivi. La Tokyo Electric Power Company (TEPCO) ha lavorato per trattare le acque reflue radioattive. La maggior parte delle sostanze radioattive non sono più presenti, ma rimane un residuo di trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Il governo giapponese, sostenuto dalla TEPCO, sostiene che il rilascio graduale delle acque trattate nel corso di diversi decenni è necessario per la disattivazione sicura dell’impianto. Dopo l’incidente nucleare, l’acqua utilizzata per raffreddare i reattori di Fukushima è stata contaminata da isotopi radioattivi, come il cesio-137 e il trizio. Questa acqua è accumulata in enormi serbatoi presso il sito della centrale nucleare.

Nel corso degli anni, il volume di acqua contaminata è aumentato considerevolmente, creando una sfida in termini di spazio di stoccaggio e di gestione a lungo termine. Questa acqua radioattiva, trattata e diluita con acqua di mare, è contenuta in circa 1.000 serbatoi. In totale, arriviamo alla capacità di 1,37 milioni di tonnellate.

La contaminazione dell’acqua di Fukushima

Un sistema chiamato ALPS (Advanced Liquid Processing System) è stato utilizzato per eliminare la maggior parte dei 64 elementi radioattivi assorbiti dall’acqua. ALPS è composto da una sequenza di filtri chimici che trattenengono efficacemente le diverse sostanze. Tuttavia, l’acqua che viene trattata non è completamente priva di contaminazioni. Infatti, alcuni elementi non possono essere rimossi né da ALPS né da altre tecnologie disponibili, almeno non a determinate concentrazioni. Il principale di questi elementi è il trizio. Si tratta di un isotopo radioattivo dell’idrogeno che è naturalmente presente sia nell’acqua di mare che nell’atmosfera. La separazione del trizio dall’acqua è estremamente difficile dal momento che è chimicamente simile all’idrogeno, uno dei suoi componenti.

Secondo il piano del governo giapponese, l’acqua di Fukushima sarà diluita con acqua di mare fino a raggiungere una concentrazione di trizio inferiore a 1.500 becquerel per litro prima di essere scaricata nell’oceano. Si tratta di una concentrazione molto bassa rispetto ai 60.000 che per legge sono il limite consentito in Giappone. Una volta nell’oceano, l’acqua sarà ulteriormente diluita fino a raggiungere una concentrazione che non influenzi in modo apprezzabile la concentrazione naturale di trizio nell’oceano. L’altro elemento radioattivo che non può essere completamente rimosso è il carbonio-14. Secondo TEPCO, l’acqua di Fukushima ha una concentrazione pari al 2% del limite stabilito dalle regole internazionali e sarà ridotta ulteriormente mediante diluizione con l’acqua di mare.

Le preoccupazioni internazionali sul rilascio di acqua radioattiva

Il piano di scarico dell’acqua radioattiva ha suscitato forti preoccupazioni a livello internazionale. La Cina, la Corea del Sud e altre nazioni delle isole del Pacifico si oppongono fermamente a questa decisione per motivi di sicurezza e ragioni politiche. In particolare, la Cina ha definito il piano “estremamente irresponsabile”. Per questo, ha esortato il Giappone a prendere sul serio le preoccupazioni sia a livello internazionale che nazionale. Anche i gruppi di pescatori locali, i balneari e le organizzazioni turistiche sono preoccupati per il potenziale danno alla reputazione e all’industria ittica. La Corea del Sud si è opposta al rilascio delle acque e ha mantenuto le restrizioni sull’importazione di prodotti ittici provenienti da Fukushima e da altre prefetture giapponesi.

Alcuni paesi vicini al Giappone e gli esperti biologi hanno espresso dubbi sulla sicurezza del rilascio dell’acqua radioattiva. Si temono possibili conseguenze dell’accumulo di sostanze radioattive negli organismi marini attraverso la catena alimentare. Anche se si afferma che le acque trattate sono innocue per la vita marina e per le persone, la comunità scientifica non conosce ancora con esattezza le conseguenze dell’accumulo di sostanze radioattive negli organismi marini. Molti si preoccupano dell’accumulo nel lungo termine e dell’effetto che potrebbe avere sugli animali.

Le misure di sicurezza proposte

La TEPCO ha condotto analisi di laboratorio per valutare la sicurezza delle acque trattate. Infatti, ha dichiarato che le concentrazioni di trizio non superano le soglie di sicurezza. Inoltre, la TEPCO e il governo giapponese hanno sottolineato che molte centrali nucleari in tutto il mondo disperdono acqua contenente trizio in mare, anche in concentrazioni maggiori. L’operazione di scarico delle acque reflue radioattive dovrebbe avvenire gradualmente nel corso di diversi decenni per minimizzare gli effetti negativi sull’ambiente. Per affrontare le preoccupazioni internazionali, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) svolgerà un ruolo di supervisione nel processo di dispersione delle acque radioattive. La presenza dell’IAEA è accolta positivamente da molte nazioni, perché fornirà un controllo indipendente e una valutazione obiettiva del piano di scarico.

Il dibattito sull’acqua radioattiva di Fukushima

La decisione dello sversamento dell’acqua radioattiva ha suscitato diverse polemiche. Secondo Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace, il trattamento dell’acqua radioattiva di Fukushima ha utilizzato una tecnologia non adeguata per affrontare tutti i radionuclidi presenti. Questo significa che nell’acqua accumulata ci sono anche isotopi come il carbonio-14, lo iodio-129 e lo stronzio-90, che possono entrare nella catena alimentare. L’adozione di una tecnologia efficace per rimuovere tutti i radionuclidi è fondamentale per garantire la sicurezza e la protezione dell’ambiente marino. In ogni caso, il governo giapponese e l’AIEA hanno appurato che l’acqua radioattiva di Fukushima può essere considerata sicura.

Il rilascio previsto di 1,3 milioni di metri cubi di acqua contaminata potrebbe avere effetti negativi sull’immagine di Tokyo. Dopo l’incidente nucleare del 2011, diversi paesi e territori hanno imposto restrizioni all’importazione di alcuni prodotti alimentari dal Giappone. Ora, il rilascio dell’acqua radioattiva potrebbe innescare preoccupazioni simili riguardo alla sicurezza dei prodotti ittici e di altri prodotti provenienti dalla regione. Questo potrebbe danneggiare l’economia e l’immagine del Giappone a livello internazionale. Si tratta infatti di un’idea provocata dalla percezione negativa che si ha sul nucleare e in particolare sulle scorie radioattive. Nel caso di Fukushima stiamo comunque parlando di quantità minime e di un rilascio controllato che avverrà nel corso di decenni.

La gestione dell’acqua radioattiva di Fukushima rappresenta una sfida di proporzioni enormi, che richiede una valutazione completa e accurata. È fondamentale che il Giappone agisca in conformità con le norme internazionali e coinvolga attivamente esperti e organizzazioni ambientali per affrontare questa situazione. Solo attraverso un approccio rigoroso e coordinato sarà possibile affrontare e superare le complessità legate all’acqua radioattiva di Fukushima e lavorare verso una soluzione sostenibile.

Maria Chiara Cavuoto

Dottoressa Magistrale in Ingegneria Energetica, da sempre curiosa di capire il perché dei fenomeni scientifici e appassionata di divulgazione. Sono autrice per CuE dal 2020, quando ho iniziato ad occuparmi degli articoli sulla pagina Energy, ma in questi anni ho avuto la possibilità di incontrare nuovi mondi e scoprire nuovi interessi. Oggi collaboro e scrivo per l'intero network.

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