La foresta amazzonica si sta modificando: le attività umane hanno contribuito al degrado di circa un terzo di ciò che oggi rimane della foresta pluviale. È quanto emerge da due studi pubblicati di recente sulla rivista Science. I risultati sono emersi dal confronto dei dati scientifici pubblicati in precedenza, che si basano sulle osservazioni satellitari avvenute tra il 2001 e il 2018.
La foresta amazzonica è la foresta pluviale più grande del mondo, un vero e proprio “polmone verde” del nostro pianeta. Sono migliaia le specie di animali e piante che ospita, che la rendono un tesoro della biodiversità. L’ecosistema della foresta amazzonica è il più grande del mondo e si sviluppa intorno al Rio delle Amazzoni, il cui corso copre migliaia di chilometri. Questo ecosistema svolge un ruolo importante per il pianeta: si stima che il bacino amazzonico contenga più di dieci volte le emissioni annuali a base di carbonio. Inoltre, la presenza di una foresta così vasta stabilizza il suolo, limita il rischio di inondazioni, regola il ciclo dell’acqua e contribuisce a mantenere elevati livelli di umidità.
Le attività umane negli ultimi anni hanno distrutto parte della foresta amazzonica, per motivi legati alla disponibilità di spazi per l’insediamento e per la coltivazione agricola. Infatti i suoli dei bacini fluviali si prestano particolarmente all’agricoltura, a causa dell’elevato contenuto di nutrienti e della ritenzione dell’acqua senza rischio di erosione. La deforestazione e gli incendi proseguono a un ritmo senza precedenti, verso un punto di non ritorno. Secondo le stime, nel 2050 la deforestazione e gli incendi saranno la prima causa di emissioni di anidride carbonica in Amazzonia. Due recenti studi hanno analizzato i dati disponibili per la foresta amazzonica, mostrando che le attività umane la stanno degradando: un vero e proprio allarme per il suo ecosistema ma anche per l’intero pianeta.
Gli autori dello studio hanno sottolineato la differenza tra degrado e deforestazione. La distinzione si basa sui diversi effetti prodotti. Il degrado comporta una riduzione delle specie che costituiscono l’habitat della foresta amazzonica, senza alterazioni dell’uso del suolo. Al contrario, la deforestazione implica una modifica sostanziale dell’uso del suolo. Tra le ragioni principali vi è la necessità di utilizzo del terreno per le coltivazioni agricole. Le cause del degrado sono quattro: incendi, siccità, effetti marginali (ovvero cambiamenti in aree forestali adiacenti), disboscamento selettivo o illegale.
La deforestazione e gli incendi sono la causa delle crescenti emissioni di CO2. La superficie della foresta amazzonica interessata dal degrado prodotto da deforestazione, incendi e siccità è il 38% di ciò che oggi è rimasto della foresta. Il degrado ha causato la riduzione del 34% dell’acqua che passa nel suolo per effetto della traspirazione delle piante e dell’evapotraspirazione del terreno. Il degrado inoltre impoverisce la biodiversità dell’ecosistema e modifica il paesaggio. Tutto questo ha degli effetti negatvi anche per la popolazione, perché genera un’ evidente disomogeneità dal punto di vista economico e sociale. Anche se la deforestazione si interrompesse, secondo gli esperti, il degrado continuerebbe a essere la principale fonte delle emissioni nocive.
Secondo le ipotesi degli esperti, l’effetto cumulativo di tutti i disturbi umani e di tutte le cause di degrado è paragonabile a quello della deforestazione. I quattro fattori di degrado, per i prossimi decenni, continueranno ad essere la principale fonte delle emissioni di carbonio. Gli effetti del cambiamento climatico saranno inevitabili e contribuiranno a produrre ulteriori emissioni di CO2. I cambiamenti sono troppi rapidi e gli ecosistemi non riescono ad adattarsi in breve tempo. Bisogna quindi prevenire la deforestazione, per compensare le inevitabili conseguenze della crisi climatica. Scrivono gli autori dello studio:
“Mentre ci avviciniamo a un punto di svolta irreversibile per l’Amazzonia, la comunità globale deve agire adesso. Le politiche per prevenire le conseguenze peggiori sono state identificate e realizzarle è solo una questione di volontà politica”.
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