Home » Mediterraneo, emergenza rifiuti: è un mare di plastica

Mediterraneo, emergenza rifiuti: è un mare di plastica

mediterraneo, plastica, rifiuti, inquinamento, mare, oceano, ecosistema, impatto, ambiente, riciclo, riduzione, microplastica, pericolo, risultati, progetto, dati, sostenibilità, Energy Close-up Engineering

Depositphotos

Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati per quanto riguarda i rifiuti di plastica. Anche se il nostro mare rappresenta meno dell’1% delle acque di superficie globali e nonostante la plastica dei fiumi europei sia inferiore allo 0,4% della quantità globale, si stima che nel Mediterraneo ci sia il 7% delle microplastiche globali. La concentrazione dei rifiuti di plastica è particolarmente alta tra la Liguria e l’isola d’Elba, soprattutto nei fondali. Nel Mediterraneo la concentrazione di plastica è in aumento anche a causa del cambiamento climatico, che sta facendo registrare un cambiamento dei flussi di entrata e uscita dallo stretto di Gibilterra. Per questo motivo attualmente il Mediterraneo accoglie flussi dall’oceano Atlantico che prima non erano presenti.

Il problema dell’inquinamento della plastica

Uno dei problemi ambientali globali che oggi è più difficile e urgente da affrontare è l’inquinamento da plastica. Il problema diventa particolarmente delicato quando si parla di microplastiche, tema a cui abbiamo dedicato in approfondimento qui. Il consumo di oggetti e imballaggi di plastica è in continuo aumento e per questo la non corretta gestione dei rifiuti produce inquinamento sia sulla terraferma che in mare, soprattutto nel continente asiatico e in quello africano, dove i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti sono poco efficaci. Ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono negli oceani e 700 specie sono danneggiate dall’inquinamento da plastiche. La plastica in superficie è solo una piccola parte dello strato di plastica nei mari e negli oceani, che può arrivare anche a 20-30 metri di profondità. I rifiuti di plastica, colonizzati dagli organismi marini, tendono a precipitare verso il basso.

La plastica nei mari e negli oceani

I rifiuti di plastica finiscono nei mari e negli oceani, trasportati dai fiumi di tutto il mondo. A questi rifiuti si aggiungono quelli prodotti durante la navigazione o in occasione di incidenti di navi mercantili. La plastica negli oceani è per l’80% di provenienza terrestre. Tutta questa spazzatura di plastica galleggia sulla superficie delle acque ed è catturata dalle correnti oceaniche, finendo in cinque principali zone di accumulo. Due di queste si trovano nell’Oceano Atlantico, due nell’Oceano Pacifico e una nell’Oceano Indiano. Queste zone sono spesso indicate come isole della plastica per indicare l’elevata concentrazione di plastica per chilometro quadrato.

Com’è la situazione nel Mediterraneo?

Il mar Mediterraneo oggi è considerato una delle regioni più colpite per quanto riguarda le microplastiche, ovvero pezzi di plastica con dimensione inferiore ai 5 mm che galleggiano sulle sue acque. Tra le tipologie di plastiche più diffuse ci sono i polimeri a bassa densità, come polietilene e polipropilene, seguiti da polimeri come poliammidi, polivinilcloruro e polistirene. Un report del 2020 dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) dal titolo “The Mediterranean: Mare Plasticum” stima che nel Mediterraneo si trovi più di un milione di tonnellate di plastica. Sempre secondo lo stesso report, ogni anno finiscono nelle acque del mar Mediterraneo 230mila tonnellate di rifiuti di plastica. La percentuale maggiore, pari al 94%, è costituita dalle macroplastiche, mentre il restante 6% da microplastiche.

I risultati più recenti

Di recente sono arrivati i risultati di un progetto chiamato Floating Litter a cui hanno partecipato Mediterranea e ISPRA. L’obiettivo era quello di monitorare la quantità dei rifiuti nel mar Mediterraneo nel 2022. Con il progetto Mediterranea, una spedizione nautica per l’osservazione del nostro mare, sono stati classificati gli oggetti galleggianti visibili a occhio nudo. Tutti i materiali osservati sono stati classificati in base alla composizione: plastica, metallo, carta, gomma, legno o tessuto. Quando possibile si è annotata anche la possibile origine dei materiali osservati, terrestre o marina, ma anche la galleggiabilità, le dimensioni e l’eventuale presenza di organismi marini all’interno dell’area di osservazione. Ne è emerso che il 65% degli oggetti individuati è costituito da plastica. Si tratta di imballaggi, buste, bottiglie e attrezzatura da pesca, con una densità maggiore nelle aree costiere e minore in alto mare.

Microplastiche nel Mediterraneo

Le microplastiche primarie derivano dal lavaggio dei tessuti, dal consumo di pneumatici, dai cosmetici o dalla produzione e trasporto di pellet in plastica. L’Italia, insieme a Egitto e Turchia, è tra i Paesi maggiormente responsabili dell’inquinamento da plastica per il Mediterraneo. Se consideriamo solo le microplastiche l’Italia è al primo posto tra i Paesi responsabili del rilascio di queste particelle nel mare. La plastica in mare infatti tende a degradarsi in particelle più piccole, che costituiscono le microplastiche secondarie. Queste sono ingerite dagli organismi presenti nel mare e attraverso la catena alimentare anche dall’uomo. Le microplastiche sono più insidiose e difficili da quantificare rispetto alle macroplastiche perché affondano più facilmente a causa della colonizzazione da parte di organismi marini. Tendono quindi a precipitare e ad accumularsi sui fondali, costituendo un inquinamento spesso più grave di quello superficiale.

Le conseguenze dell’inquinamento della plastica

La plastica presente nel Mediterraneo è un pericolo per l’ecosistema marino ma anche per la salute umana. L’inquinamento da plastica perciò è una questione che riguarda tutti. Per questo occorrono non solo azioni politiche ma anche una sensibilizzazione collettiva per la riduzione dei rifiuti di plastica. La plastica marina ha un impatto di tipo ecologico, economico e sociale. L’impatto ecologico riguarda le conseguenze su animali e piante marini, che possono ingerirla e quindi accumulare nei propri tessuti organici le sostanze nocive presenti nelle plastiche. L’impatto economico invece si riferisce alla perdita di valore dell’ambiente marino, che ha un importante ruolo paesaggistico e turistico. Inoltre le plastiche possono causare danni alle attrezzature da pesca e compromettere la qualità delle acque con effetti negativi per la pesca. Infine, l’impatto sociale riguarda la perdita di valore estetico dell’ambiente.

Possibili soluzioni

Un importante passo in avanti a livello europeo è rappresentato dalla direttiva SUP (Single Use Plastics). Questo provveddimento ha vietato l’utilizzo di alcuni oggetti di plastica monouso, per esempio le posate usa e getta. Anche la strategia europea per l’economia circolare punta a creare iniziative per la prevenzione dell’inquinamento da plastica. Occorre poi prestare attenzione al ciclo di vita dei prodotti di plastica, favorendo il riuso e il riciclo. Ci sono anche diversi progetti per la raccolta della plastica nei mari e negli oceani. È stato poi introdotto il concetto di responsabilità estesa del produttore (EPR), per rafforzare l’attenzione sull’intero ciclo di vita del loro prodotto, fino alla gestione del rifiuto. E infine è importante il contributo dei singoli cittadini, che devono essere sensibilizzati sul proprio impatto ambientale a cui devono prestare attenzione nelle scelte di tutti i giorni.