Energia nucleare: cos’è, fissione, reattori, sicurezza
L’energia nucleare è una fonte ad elevatissima densità energetica, per la quale è facile prevedere l’assenza di problematiche d’ingombro relative allo stoccaggio. Infatti, l’energia specifica sprigionata in reazioni nucleari, ovvero che coinvolgono il nucleo, può essere fino a dieci milioni di volte più grande di quella sprigionata in convenzionali reazioni di combustione che non interessano il nucleo dell’atomo. In questo articolo parleremo, nello specifico, della fissione nucleare e del suo utilizzo per la produzione di energia.
Rilascio di energia termica
Il rilascio di energia termica da parte di reazioni chimiche che coinvolgono combustibili fossili avviene attraverso un processo esotermico al quale, solitamente, partecipa il solo guscio elettronico esterno, senza coinvolgere il nucleo. Una reazione che coinvolga il nucleo comporterebbe quantità energetiche superiori poiché più intense sono le forze che vincolano i costituenti del nucleo stesso – protoni e neutroni – rispetto a quelle che agiscono tra il nucleo e gli elettroni.
Einstein ed il nucleare
Nel 1906 Einstein dimostrò la relazione tra massa ed energia, in base alla quale in tutte le reazioni esotermiche deve esserci una diminuzione di massa tra reagenti e prodotti, sintetizzabile nella famosa identità E=mc2. Si osservi a questo punto che la quasi totalità della massa di un qualunque atomo è contenuta nel nucleo, in quanto le particelle extranucleari – gli elettroni – hanno una massa quasi duemila volte minore rispetto alle particelle nucleari.
Ciò conferma che le reazioni che interessano il nucleo possono indurre significative riduzioni di massa e quindi sviluppare enormi quantità di energia rispetto alle reazioni di combustione, per le quali il difetto di massa è parecchi ordini di grandezza più piccolo. Da qui l’idea dell’energia nucleare.
Radioattività naturale
La radioattività naturale è il fenomeno in base al quale alcuni nuclei, solitamente quelli più complessi e pesanti, decadono, si trasformano cioè in elementi più leggeri. La massa che scompare in tale processo si trasforma in radiazioni emesse dal nucleo radioattivo, cui è ovviamente associata energia raggiante.
Tali nuclei sono detti instabili, a differenza di quelli stabili, che non danno luogo ad alcun processo di decadimento. Il decadimento comporta dunque la cessione di energia termica dovuta all’assorbimento delle radiazioni rilasciate dal nucleo radioattivo da parte dei corpi circostanti. Tale energia nucleare può poi essere utilmente sfruttata, ad esempio per la conversione in energia meccanica.
Decadimento e radiazioni ionizzanti
La tendenza ad emettere radiazioni durante il processo di decadimento è misurata dal tempo di dimezzamento, cioè dal tempo necessario perché si disintegri la metà della massa unitaria di una sostanza radioattiva a seguito della sua consunzione radioattiva. I nuclei che sono naturalmente radioattivi hanno un tempo di dimezzamento estremamente lento – dai 2,8 giorni del molibdeno ai 700 milioni di anni dell’uranio – dunque il decadimento radioattivo naturale non può essere usato a fini energetici, in quanto darebbe luogo a potenze termiche per unità di massa di combustibile radioattivo troppo limitate.
Radioattività indotta come processo alla base della fissione nucleare
Si sfrutta dunque un secondo tipo di radioattività – indotta – che consiste nel bombardare con dei neutroni il nucleo di determinati atomi. Per effetto dell’assorbimento di uno o più neutroni, aumenta il peso dell’atomo e si genera una sostanza instabile che decade emettendo radiazioni. Questo è il processo alla base della fissione nucleare, in cui un nucleo atomico, in seguito all’urto con un neutrone, si scinde in due nuclei più leggeri.
La riduzione di massa tra reagenti e prodotti che ne deriva comporta lo sprigionamento di una certa quantità di energia. Il processo determina inoltre l’emissione di neutroni. Per quanto riguarda l’urto tra nucleo e neutrone, aumenta la probabilità di collisione se si rallenta la velocità del neutrone – si parla in questo caso di neutrone lento o termico; tale rallentamento avviene per mezzo di una sostanza detta moderatore, che assorbendo energia dal neutrone, lo rallenta.
Combustibili e reazioni nucleari
Il combustibile nucleare più utilizzato è l’uranio-235 (U-235), per il quale può ritenersi statisticamente valida la seguente reazione di fissione:
Effettuando un bilancio di massa tra reagenti e prodotti è possibile calcolare il ∆m che, introdotto nella legge di Einstein, fornisce l’energia nucleare liberata da ogni fissione, che si calcola essere pari a 3,33e-11 J. I neutroni, ovviamente non moderati (altresì detti veloci), che si generano dalla reazione di fissione, possono essere utilizzati per dar luogo ad una reazione a catena.
In altre parole, i neutroni generati dalla fissione dell’ U-235 vengono utilizzati per fissionare l’U-238 che, a sua volta decade formando il plutonio-239 (Pu-239), anch’esso fissile. I nuclei radioattivi si possono dunque suddividere in due categorie: nuclei fissili, come U-235 e Pu-239, che assorbendo neutroni lenti danno luogo a reazioni di fissione; nuclei fertili, che assorbendo neutroni veloci, come l’U-238, danno luogo a nuovi nuclei fissili.
Per quanto riguarda la reazione a catena cui si accennava in precedenza, essa deve essere evidentemente innescata con un apporto iniziale di neutroni, fornito, ad esempio, da una sorgente radio-berillio. Perché la reazione si autosostenga è necessario che i neutroni prodotti (P) siano uguali a quelli consumati (A) più quelli persi (F) perché catturati da atomi non fissili (catture parassite) o perché non urtano con sufficiente energia il nucleo di un atomo fissile (catture parassite nel fissile).
Fattore di moltiplicazione effettiva
Deve dunque risultare P=A+F. Si definisce fattore di moltiplicazione effettiva Keff=P/(A+F).
- Se Keff=1 si parla di reazione critica: essa si autosostiene ed il sistema in cui la reazione stessa avviene si dice reattore nucleare;
- Se Keff<1 il numero di neutroni si riduce nel tempo e la reazione si dice sottocritica;
- se Keff>1 il numero di neutroni aumenta nel tempo e la reazione di dice sovracritica.
La condizione di criticità è quella di regime del reattore mentre le ultime due sono le condizioni tipiche delle fasi di regolazione (rispettivamente riduzione e aumento della potenza del reattore). Nel novero delle catture parassite ricadono anche quelle da parte delle cosiddette barre di controllo, che sono delle barre, tipicamente di Cadmio, che hanno un’elevata sezione di cattura neutronica e che vengono movimentate all’interno del reattore, al fine di controllare il termine F del bilancio.
In particolare, quando si vuole ridurre la potenza del reattore, le barre vengono calate tra gli elementi di combustibile (F aumenta e Keff si riduce), quando si vuole aumentare la potenza le barre estratte dalla massa di combustibile (F si riduce e Keff aumenta).
Fuga dei neutroni
Si è già visto che una tecnica per ridurre la probabilità che i neutroni non urtino la massa di sostanza fissile è il rallentamento del flusso dei neutroni. Ciò si realizza miscelando il materiale fissile con un adatto materiale moderatore. Molto importante è anche il rapporto superficie/volume del reattore. Solo se tale rapporto è inferiore ad un determinato valore, si avrà un numero contenuto di neutroni che sono catturati dalle pareti del reattore, e dunque risulta possibile una reazione a catena in regime permanente.
Infine, per ridurre la probabilità che i neutroni si disperdano all’esterno del reattore, attraversandone i confini, si circonda la massa di combustibile fissile con idonei riflettori; ovviamente non è possibile eliminare del tutto tale dispersione (fuga) perché non esiste in natura un materiale completamente impermeabile ai neutroni.
Energia nucleare: i materiali moderatori
Un discorso più ampio va fatto per i moderatori: essi infatti devono rallentare i neutroni senza catturarli. Inoltre sarebbe positivo utilizzare il moderatore anche come fluido termovettore che asporta l’energia termica rilasciata dalla fissione. I materiali moderatori utilizzati sono essenzialmente tre:
- grafite
- acqua pesante
- acqua leggera
La grafite ha una bassa probabilità di cattura neutronica ma è facilmente infiammabile, quindi, non può essere usata per asportare l’energia termica rilasciata dalla reazione nucleare (si usa anidride carbonica). L’acqua pesante (gli atomi di idrogeno sono sostituiti da atomi di deuterio) è caratterizzata da scarsa probabilità di cattura neutronica e dal poter essere utilizzata come fluido termovettore, ma costosa da produrre. L’acqua leggera (in questo caso la molecola convenzionalmente conosciuta), infine, ha una maggiore probabilità di cattura neutronica ma può essere utilizzata come fluido termovettore ed ha un costo molto minore dell’acqua pesante (caratteristica che lo rende il moderatore più diffuso).
Si osservi che l’U-235 costituisce solo lo 0,7% dell’uranio naturale, dunque per incrementare la quantità di energia rilasciata da una massa unitaria di uranio naturale, esso viene tipicamente arricchito fino al punto che l’U-235 ne costituisca circa il 3%. Ciò è particolarmente necessario nel caso in cui si usi l’acqua come moderatore, per compensare il maggior numero di catture neutroniche che questa produce rispetto agli altri moderatori.
Fissione nucleare ed energia elettrica: tipologie di reattori
Esistono molte tipologie di impianti che producono energia elettrica sfruttando la fissione nucleare. I più diffusi sono i reattori Light Water Reactor (LWR) moderati ad acqua leggera. Essi si dividono in due categorie: Boiling Water Reactor (BWR) e Pressurized Water Reactor (PWR).
Pressurized Water Reactor (PWR)
Nei reattori PWR il fluido termovettore è acqua leggera, compressa fino ad una pressione tale da rimanere sempre in fase liquida. Essa attraversa il nocciolo del reattore (regione del reattore in cui avviene la fissione del combustibile nucleare) in cui si riscalda, e cede l’energia termica così assorbita ad un secondo flusso d’acqua all’interno di uno scambiatore, che funge da generatore di vapore per un ciclo Rankine del fluido secondario. Si realizza dunque un ciclo indiretto in quanto il fluido che asporta l’energia termica dal reattore non è poi quello che espande nella turbina del ciclo Rankine.
Boiling Water Reactor (BWR)
Il contrario avviene nei reattori BWR, in cui si realizza un ciclo diretto in quanto il fluido termovettore, acqua anche in questo caso, lambisce le barre di combustibile, sotto forma di pellets di biossido di uranio arricchito contenuto in cilindri di zirconio, asportando l’energia termica sviluppata dalla fissione. L’acqua, divenuta dunque radioattiva, funge da fluido termovettore anche per il ciclo Rankine seguente.
In altre parole l’unico flusso d’acqua presente funge sia da moderatore che da fluido termovettore: esso esce in fase vapore dal reattore nucleare ed espande poi nella turbina del ciclo Rankine. In questo caso tutti i componenti dell’impianto (turbine, pompe, scambiatori) sono attraversati da un fluido radioattivo, e quindi devono essere a perfetta tenuta. Tale esigenza si verifica nel reattore PWR solo relativamente allo scambiatore di calore intermedio tra i due flussi d’acqua e alla pompa che fornisce all’acqua primaria la prevalenza necessaria per attraversare il reattore.
Vantaggi e svantaggi
Occorre evidenziare che questi due tipi di impianti fanno espandere in turbina vapori leggermente surriscaldati, in quanto si cerca di non spingere al limite superiore, in termini di temperature e pressioni, il funzionamento dei materiali costituenti i vari componenti, al fine di garantire migliori tenute e, in definitiva, un maggior grado di sicurezza.
Essi hanno dunque un rendimento più basso degli impianti termoelettrici tradizionali, circostanza che diventa però secondaria rispetto alla sicurezza, anche se si pensa che il combustibile nucleare è diffusissimo e di costo minore rispetto ai combustibili fossili come gasolio e gas naturale; dunque la riduzione del rendimento in definitiva incide in maniera poco sensibile sul costo del kWh elettrico prodotto.
Negli impianti BWR, però, venendo a mancare lo scambiatore intermedio presente negli impianti PWR e la conseguente differenza di temperatura tra fluido caldo e fluido freddo, è possibile alimentare la turbina con vapore a T e p più elevate, ottenendo un rendimento leggermente più elevato degli impianti PWR.
Le pressioni di esercizio non elevate e l’assenza del surriscaldamento portano inoltre, a titoli piuttosto bassi del vapore allo scarico della turbina, circostanza che determina problematiche di natura meccanica e un valore piuttosto modesto del rendimento della turbina. Per ovviare a tali inconvenienti l’espansione viene solitamente realizzata in due corpi turbina, tra i quali vengono collocati appositi separatori di umidità.
Fast Breeder Reactor (FBR)
Una terza tipologia di reattori è quella dei reattori autofertilizzanti, FBR (Fast Breeder Reactor), anche detti reattori veloci. In questi impianti il nocciolo è costituito da una parte interna detta seme contenente U-235 e Pu-239, in cui viene prodotta la quasi totalità dell’energia da fissione, ed un mantello esterno di materiale fertile, costituito cioè da U-239 che, assorbendo reattori veloci, rifornisce il seme di materiale fissile (si è già visto che l’U-239 decade producendo Pu-239).
Energia nucleare: reattori di terza generazione, vantaggi e svantaggi
In questo tipo di impianti non si usano moderatori ed il fluido termovettore non può essere acqua per evitare rallentamenti e catture dei neutroni. Come fluidi termovettori vengono dunque utilizzati principalmente sodio e piombo.
Nel caso in cui si usi il sodio, poiché esso a contatto con l’acqua può provocare esplosioni, il sodio che fluisce nel reattore, dunque radioattivo viene isolato dall’acqua che evolve nel ciclo a vapore mediante un circuito intermedio in cui circola sodio non radioattivo che scambia energia termica da un lato col sodio proveniente dal reattore, dall’altro con l’acqua. In questo caso si parla di circuito indiretto doppio.
Per evitare le problematiche legate alle reazioni sodio-acqua viene in alcuni casi utilizzato il piombo, che è però un fluido termovettore meno favorevole in termini di parametri termodinamici a cui sono associati elevati rischi di corrosione.
I reattori FBR permettono di ottenere vapore surriscaldato a temperatura e pressione confrontabili con gli impianti termoelettrici convenzionali, e dunque hanno un rendimento maggiore dei reattori LWR, anche perché necessitano di un minor quantitativo di combustibile in quanto esso viene in parte prodotto dal reattore stesso. Com’è noto, un aspetto molto importante, che ha condizionato e condiziona tuttora la diffusione delle centrali nucleari per la produzione centralizzata di energia elettrica, è quello della sicurezza.
Energia nucleare: sicurezza e differenze costruttive
Nei reattori LWR, la reazione a catena si arresta automaticamente nel caso più grave di guasto, ovvero nel caso di riduzione della capacità refrigerante del fluido termovettore, dovuta ad una perdita o ad un guasto delle pompe di circolazione. Infatti, poiché l’acqua funge anche da moderatore, se diminuisce la quantità di fluido termovettore che circola nel reattore, diminuisce anche la capacità di rallentamento dei neutroni veloci e quindi il numero di fissioni.
Per garantire comunque l’asportazione dell’energia termica rilasciata dalle fissioni che ugualmente si verificano, seppur in numero minore, ed evitare la fusione del nocciolo, vi sono sistemi di raffreddamento ausiliari, consistenti per lo più in iniezioni d’acqua nel reattore. In particolare sono presenti diversi sistemi di refrigerazione con funzione d’emergenza, ridondanti ed alimentati da sistemi elettrici anch’essi ridondanti, per assicurare che almeno uno funzioni. Anche in caso di fusione del nocciolo, il materiale radioattivo viene contenuto all’interno di un recipiente metallico, a sua volta ubicato all’interno di una struttura in calcestruzzo armato ad elevatissima resistenza meccanica.
I reattori di ultima generazione fondano la propria sicurezza sui concetti della sicurezza intrinseca, ovvero affidata a trasformazioni spontanee, e quindi certe, dei sistemi preposti alla protezione. Il principio ispiratore è il ricorso a sistemi e componenti di sicurezza di tipo passivo, cioè non energizzati o preenergizzati, piuttosto che a componenti attivi, meno affidabili perché caratterizzati da un maggior tasso di guasto.
Un esempio di tale tipo di sicurezza è il sistema di spegnimento della reazione a catena denominato Additional Temperature actuated Scram System; esso è basato su un sensore costituito da due barre cilindriche coassiali di materiale di diverso coefficiente di dilatazione termica, inserito nel nocciolo. Al variare della temperatura le due barre si allungano in maniera differente e quando la temperatura supera un certo valore critico l’allungamento relativo delle due barre causa lo sgancio e la conseguente caduta, per gravità, di barre di spegnimento all’interno del nocciolo stesso.
Un secondo esempio di sistema di sicurezza passiva è il Safety Core Cooling System. Si tratta di un sistema che affianca il normale circuito di refrigerazione, totalmente passivo e che entra in funzione automaticamente se si verificano malfunzionamenti nel nocciolo garantendone il raffreddamento. Nel sistema non è presente alcun componente attivo, come le pompe, e l’energia termica rilasciata nel nocciolo viene smaltita all’esterno attraverso tre circuiti posti in serie, tutti con circolazione naturale.
Energia nucleare: rischio critico dei reattori a fissione nucleare e sicurezza intrinseca
Uno degli incidenti più temuti negli impianti nucleari è il cosiddetto LOCA (LOss of Coolant Accident), che consiste nella perdita, causa rottura del circuito, del refrigerante del nocciolo. In tal caso il sistema di sicurezza intrinseca è detto CPP (pressurized Containment for Primary loop Protection); esso elimina ogni possibilità di fuoriuscita del refrigerante, racchiudendo il circuito primario in un secondo circuito alla stessa pressione ma a più bassa temperatura. L’annullamento del gradiente di pressione, e delle conseguenti sollecitazioni meccaniche, permette inoltre di utilizzare collegamenti flangiati, più semplici ed economici di quelli saldati utilizzati convenzionalmente.
L’assorbimento di radiazioni da parte di un essere vivente è sempre una fonte di pericoli per la salute umana e l’avvento dei reattori nucleari induce un rischio specifico, legato alle radiazioni emesse dai prodotti della fissione non contenute all’interno del reattore. Tali radiazioni possono provocare alterazioni direttamente sul soggetto colpito, immediatamente o in maniera differita nel tempo per effetto cumulativo, o sui suoi discendenti per trasferimento genetico.
Il potenziale danno biologico delle radiazioni viene misurato in Sievert (Sv) o con un suo sottomultiplo, il rem (1 Sv = 100 rem). Gli effetti immediati dell’esposizione alle radiazioni possono insorgere solo in caso di gravi incidenti, cui è associato un danno biologico dell’ordine di 10 Sv, in corrispondenza dei quali si possono avere sintomi che vanno dal senso di nausea fino alla morte praticamente certa. Gli effetti tardivi sono dovuti all’esposizione prolungata degli organismi alle radiazioni e possono provocare tumori a vari organi del corpo umano. La dose normale viene considerata pari a 150 mrem/anno, considerando che a tale valore contribuiscono anche le sorgenti artificiali, come le apparecchiature radiologiche.
Energia nucleare: gestione delle scorie nucleari
Le scorie nucleari, che rappresentano la principale problematica di questi impianti, sono nuclei radioattivi non più utili al processo, generati nelle fasi di estrazione, arricchimento e fissione del combustibile. Ulteriori scorie sono dovute al prolungato irraggiamento dei materiali strutturali e di processo durante il normale funzionamento del reattore. La gestione di tali scorie ha come obiettivo quello di evitare che esse raggiungano la biosfera in quantità tali da conferire dosi pericolose alla popolazione.
Una prima tecnica di gestione delle scorie è il condizionamento delle scorie: esse vengono inglobate all’interno di una matrice realizzata con un agente solidificante, solitamente una sostanza a base di cemento o di vetro. Il manufatto così realizzato viene confinato all’interno di un contenitore di acciaio di volume quanto minore possibile; tali contenitori sono poi conservati in depositi artificiali temporanei, per periodi di tempo che sono limitati sia dalla longevità della struttura stessa che dall’affidabilità del sistema di sorveglianza ininterrotto richiesto. Analoghe tecniche di condizionamento e confinamento sono utilizzate per il trasporto delle scorie.
Per scorie caratterizzate da lunghissimi tempi di dimezzamento, l’unica soluzione accettabile è l’immissione in depositi permanenti, ovvero in formazioni geologiche profonde aventi caratteristiche di plasticità, bassa permeabilità, limitata possibilità di perforazioni accidentali e mancanza di risorse di interesse odierno e futuro.
Recentemente molta attenzione è posta sulla tecnica della trasmutazione, cioè sulla trasformazione delle scorie prodotte dal reattore in nuclei radioattivi aventi vita media più breve; l’obiettivo è quindi quello di abbattere il tempo di dimezzamento delle scorie da milioni di anni fino a poche centinaia di anni. Ciò può essere ottenuto attraverso un intenso bombardamento neutronico. Allo stato attuale i principali problemi sono i costi proibitivi e le difficoltà di effettuare una cernita lungo il processo delle scorie che possono essere sottoposte a tale tecnica.
A cura di Rossella Miele