Greenwashing: cos’è e cosa è stato fatto ai mondiali in Qatar?
È iniziato il campionato mondiale di calcio Qatar 2022, quello che sembra essere il più controverso di sempre. Tra polemiche calcistiche e dibattiti sociali, hanno trovato posto anche critiche dal punto di vista della sostenibilità. Qatar 2022 è il mondiale che era stato annunciato come carbon neutral. Ma è veramente così? La risposta è no: ecco tutte le accuse di greenwashing rivolte al campionato.
Quando si parla di greenwashing?
In un mondo dove in tanti parlano di sostenibilità, non mancano situazioni in cui, nelle questioni ecologiste, molte iniziative si rivelano meno ambientaliste di quanto atteso. Quando le imprese, organizzazioni o istituzioni sostengono messaggi pubblicitari o iniziative di responsabilità sociale per “mascherare” un forte impatto ambientale dei propri servizi o prodotti, si parla comunemente di greenwashing. Questo neologismo in italiano può essere tradotto come “ecologismo di facciata”. Quello che succede è che si tende a trasmettere un’immagine positiva e green di sé attraverso tecniche di comunicazione e marketing, per distogliere l’attenzione dalla realtà dei fatti, che è tutt’altro che sostenibile. Si tratta di una pratica ingannevole che nasce dal fatto che oggi i temi green sono diventati quasi come una moda. La strategia di marketing allora punta a dimostrare un impegno, in realtà falso, nei confronti del pianeta per attirare l’attenzione dei media e dei consumatori.
La Coppa del Mondo Qatar 2022
Il Qatar, che nel 2010 si è aggiudicato l’organizzazione dell’edizione dei mondiali di calcio 2022, aveva dichiarato che il campionato sarebbe stato a zero emissioni nette di CO2. Una dichiarazione del genere è un vero e proprio rischio. Per un evento sportivo infatti c’è la necessità di gestire costi elevati e costruire nuove infrastrutture. Inoltre, il Qatar è un paese estremamente dipendente dai combustibili fossili. Le dichiarazioni degli organizzatori parlavano di un impatto sul clima trascurabile. Ma secondo le stime il torneo produrrà 3,6 milioni di tonnellate di CO2, equivalente alle emissioni prodotte in Italia nel corso di un mese per l’utilizzo del riscaldamento invernale.
Le dichiarazioni sulle scelte sostenibili
Secondo la Fifa, il mondiale Qatar 2022 sarebbe stato il primo ad essere carbon neutral grazie alle soluzioni tecnologiche adottate nel paese. Gli otto impianti della competizione sono posizionati tra di loro fino a un massimo di 75 chilometri, quindi i tifosi possono raggiungere gli stadi usando la metropolitana o bus elettrici, evitando di utilizzare l’aereo, un mezzo fortemente inquinante. Per l’occasione inoltre è stato progettato un impianto fotovoltaico di 10 chilometri quadrati, che resterà attivo anche quando la competizione sarà conclusa, continuando a fornire energia pulita al paese. Inoltre, uno degli stadi realizzati, il Stadium 974, è stato progettato per essere smontato in modo da riutilizzare i componenti per applicazioni successive.
I dubbi sulla sostenibilità
La strategia del Qatar per minimizzare le emissioni ha suscitato un forte dibattito. Un’indagine dell’organizzazione Carbon Market Watch ha stimato la carbon footprint dei sette stadi costruiti per questi mondiali Qatar 2022. Oltre ad avere dubbi sull’utilizzo futuro di stadi concentrati in uno spazio limitato, la modalità di calcolo delle emissioni è accusata di essere scorretta e fuorviante. Infatti, la valutazione ambientale corretta in termini di emissioni di CO2 potrà avvenire solo al termine dell’evento. Secondo il report, l’impatto reale della Coppa del Mondo è otto volte maggiore a quella che la Fifa aveva dichiarato. Essendo uno stato di piccole dimensioni, il Qatar ha dovuto sostenere investimenti in nuovi stadi e alloggi. Inoltre sono state necessarie forti importazioni, causando di conseguenza un impatto ambientale tutt’altro che trascurabile.
Il greenwashing di Qatar 2022
Il rischio maggiore, secondo il report di Carbon Market Watch, è che i nuovi impianti costruiti, che sono sette su otto dedicati alla competizione, al termine del campionato risulteranno inutilizzati. Il paese infatti, per le sue dimensioni, possedeva inizialmente soltanto uno stadio. Un’altra polemica riguarda il consumo di acqua. Infatti, per l’occasione è stato realizzato un vivaio di 425 mila metri quadri che si trova accanto a un impianto di trattamento delle acque reflue. Il fatto che in una regione desertica ci sia questo consumo eccessivo della risorsa idrica fa pensare a possibili effetti negativi per la popolazione locale. A questo si aggiunge il fatto che, in teoria, l’area verde dovrebbe servire per catturare le emissioni. Ma in realtà le piante hanno bisogno di diverse centinaia di anni per assorbire l’eccesso di CO2, ed è difficile pensare che le tipologie e l’ubicazione delle piante possa garantire una vita così lunga.
L’impatto ambientale di Qatar 2022
Il punto fondamentale di cui si deve tenere conto è che il Qatar è un paese desertico. Proprio per le elevate temperature del periodo estivo, la Fifa per la prima volta ha deciso di organizzare il torneo mondiale di calcio tra novembre e dicembre. Nel deserto c’è anche il problema della scarsità dell’acqua. Per irrigare i prati degli stadi e dei campi di allenamento saranno necessari 80 mila litri di acqua al giorno, una quantità eccessiva rispetto alla disponibilità idrica del paese. In Qatar le riserve di acqua dolce sono praticamente nulle, e per questo stanno aumentando le opere di desalinizzazione, che hanno un forte impatto ambientale perché l’energia richiesta, che è in grande quantità, proviene dai combustibili fossili.
Il sistema di climatizzazione
Un altro problema è che anche in questo periodo autunnale le temperature in Qatar sono alte, e possono sfiorare i 30 °C. Per questo gli organizzatori, per assicurare condizioni di comfort ai tifosi e ai calciatori, hanno deciso di progettare un sistema di raffreddamento. Questo impianto filtra l’aria presente nello stadio e la invia a tubi pieni di acqua fredda per poi rimandarla all’interno dello stadio. L’impianto di climatizzazione è alimentato dalla centrale fotovoltaica installata nel deserto e quindi richiede il 40% di energia in meno rispetto ai sistemi di climatizzazione tradizionali. Il problema però è che, rispetto alle emissioni totali della competizione, l’aspetto meno rilevante è quello del funzionamento di questi sistemi. Il contributo principale è dato dai voli necessari per raggiungere il Qatar, che rappresenta il 44% delle emissioni totali.
Una sostenibilità discutibile
Per compensare le emissioni, il Qatar dovrà acquistare 3,6 milioni di crediti di carbonio. Per farlo gli organizzatori hanno creato un sistema, il Global Carbon Council, che tuttavia è accusato dal punto di vista della legittiimità. Pochi giorni prima dell’inizio del torneo, erano stati assegnati 550 mila crediti, ovvero solo il 15% di quanto richiesto per ottenere la neutralità carbonica. Inoltre, non verranno acquistati crediti verificati da standard internazionali, quinndi non sarà possibile avere una terza parte neutrale, ma lo standard è legato direttamente agli organizzatori. In generale, anche se le stime saranno aggiornate al termine del torneo, non sembra che un evento di questa portata possa avere un impatto ridotto e l’accusa di greenwashing è destinata a rimanere. ,